Rapporto Assinform 2007. L’Italia corre, anzi cammina

Stefano Uberti Foppa (nella foto), direttore di ZeroUno, prende spunto dai dati recentemente presentati nel Rapporto Assinform, per alcune riflessioni che, pur con la soddisfazione per il consolidamento della ripresa dell’IT, sottolineano aspetti quali la diffusione nelle imprese ancora  troppo squilibrata, e, guardando fuori dall’Italia, evidenziano come il nostro glorioso +1,6%, non sia sufficiente a ridurre il gap con gli altri paesi… 

Pubblicato il 05 Lug 2007

Cominciamo a toglierci subito il pensiero. Per fotografare lo stato della diffusione dell’informatica in Italia, oltre ad una buona dose di realismo che accanto ai numeri interpreti al meglio l’effettivo “polso” della situazione economica italiana, andiamo ad alcuni macro dati del Rapporto Assinform 2007 (che censiscono il fenomeno rispetto allo scorso anno), recentemente presentato.
AITech-Assinform, attraverso i dati, come di solito raccolti ed elaborati da NetConsulting, ci dice che l’informatica italiana, per il terzo anno consecutivo è in crescita e sta anzi accelerando il suo ritmo. Vale oggi 19,8 miliardi di euro e cresce dell’1,6% sull’anno precedente (quando pure era cresciuta dello 0.9%, mentre ci sono previsioni per un incremento del 2% per il 2007). Con le Tlc, l’Ict italiano vale 63,8 miliardi di euro (+2%) e comincia a segnare un passo costante nelle sue dinamiche di sviluppo e di crescita. All’interno di queste macro cifre, molto differenti sono le tendenze per i diversi settori, ma tutto sommato, il quadro dipinto tende ad essere interessante per il futuro prossimo: ci dice che le piccole imprese sono meno refrattarie che in passato all’acquisto di tecnologia; ci dice che le banche assorbono oltre il 44% del mercato informatico, con circa 8 miliardi di euro di volume di spesa IT; che i servizi hanno raggiunto la performance più significativa, con una spesa IT salita del 3,6% (contro il +1,7% dell’anno prima); che le medie imprese sono tra le protagoniste della crescita della domanda di IT perché vedono nelle tecnologie informatiche le piattaforme indispensabili (anche nella loro funzione di introdurre practice che razionalizzino l’ambito organizzativo) per supportare il percorso di internazionalizzazione del proprio business nonché di ricerca di qualità e di innovazione continua.
Tutto questo se guardiamo al fenomeno del rapporto impresa-tecnologie con gli occhiali dei numeri. Naturalmente la realtà è parecchio più sfaccettata e complessa e soprattutto, come ha peraltro sottolineato durante la presentazione Giancarlo Capitani, amministratore delegato di NetConsulting, la diffusione di tecnologie IT in impresa avviene ancora in modo troppo squilibrato, con un digital divide legato a regioni, dimensioni aziendali, scelte individuali e culture troppo differenti tra loro in termini di “passo” di innovazione.
Se poi gettiamo lo sguardo sul mercato dell’IT nei principali paesi, ci rendiamo conto di due cose: primo, dobbiamo recuperare ancora molto terreno e forse l’attuale “passo”, con il nostro glorioso +1,6%, non è sufficiente a ridurre il gap, anzi, questo si sta forse ampliando; secondo: l’andamento positivo generale di tutti i paesi europei ci dice che quando il vento dell’economia gira riprendono gli investimenti in tecnologia, e non viceversa.
Nel primo caso la risposta viene, impietosa, da alcuni veloci numeri riassuntivi: Europa (+3,9%), Regno Unito (+3,7%), Germania (+2,8%), Francia (+3,2%), Spagna (+6,8%), valori che indicano la spesa IT 2006 sul 2005. Fuori dall’Europa? Usa +5,7% e Giappone +2,2%. Dal che si deduce che siamo ancora abbondantemente ultimi. In merito al secondo punto è invece indubbio che per far sì che la tecnologia IT possa diventare traino decisivo di uno sviluppo economico, serva una visione di sistema, un progetto strategico di livello nazionale che ponga al centro una serie di azioni focalizzate sull’innovazione informatica, che in qualche modo rappresenti un elemento di aggregazione e di indirizzo di iniziative verso la diffusione delle tecnologie Ict nelle imprese e nella società. E’ un punto sul quale AITech Assinform gioca da anni la sua battaglia politica ma che, fino ad oggi, ben pochi frutti ha portato; per insensibilità della classe politica, scarsità di risorse economiche, impreparazione nel confronto internazionale sulle reali linee guida da portare avanti, e questo al di là delle grandi direttrici di sviluppo definite a livello europeo e spesso disattese a livello nazionale, vedi ad esempio l’Agenda di Lisbona.
Le aziende si muovono, giustamente, sulla base delle opportunità che il mercato offre. Capitani ha avuto modo di sostenere, ad un altro recente convegno, che “Finalmente sembra che le imprese italiane abbiano rotto il muro dell’IT come semplice strumento di efficienza, sposando una visione della tecnologia informatica molto più incorporata nei processi e nelle strategie”. Ma il tutto, aggiungiamo noi, è frutto di una maturazione lenta e difficile delle singole entità aziendali (nelle persone che le compongono); non esiste un “brodo di coltura” che veda nell’innovazione tecnologica la propria principale fonte di riferimento evolutivo e strategico. Oggi più che mai, alla luce delle grandi sfide economiche e sociali che la crescita del gruppo Bric – Brasile, Russia, India, Cina – pone al ruolo dell’Italia sullo scacchiere economico internazionale, servirebbe alle imprese una reale acquisizione culturale del ruolo propulsivo dell’innovazione tecnologica rispetto al business. Su questo punto riportiamo una interessante considerazione di Augusto Abbarchi, country manager di Sap, ad un recente incontro: “Oggi il business non si muove più per grandi cambiamenti a cui seguono periodi di stasi. L’evoluzione è piuttosto continua, per piccoli passi incrementali. Lo stesso modello deve essere adottato per la diffusione dell’IT nelle imprese”. Proprio per questo l’IT, al di là dei numeri AITech-Assinform rassicuranti che abbiamo visto, deve diventare il riferimento primario al quale le imprese guardano per portare avanti un’evoluzione organizzativa e una sfida competitiva sempre più complessa.
Certo, come abbiamo visto in questi anni, ognuno deve fare la propria parte. Pubblica amministrazione, imprese, banche, associazioni, ogni attore di mercato può rapportarsi all’adozione di tecnologia secondo proprie modalità e obiettivi. Ma per fare il grande salto servirebbe un quadro normativo, un respiro finanziario, un’iniziativa politica che desse la misura del livello di strategicità che chi governa il Paese vuole attribuire all’informatica come leva primaria del cambiamento e dell’innovazione sociale ed economica dell’Italia. E in questo, non per essere facilmente populisti ma attenendoci ai fatti (leggi Finanziarie varie oppure le scelte in ambito di ricerca scientifico-tecnologica, o ancora la nostra partecipazione ai grandi progetti internazionali sulle nuove frontiere della scienza e della tecnologia), la nostra classe politica mostra un’indifferenza e un’ignoranza che continua a lasciarci ultimi all’interno dei paesi industrializzati. Con un fiero +1,6%.

Scarica la presentazione Rapporto Aitech-Assinform 2007 – Presentazione di Giancarlo Capitani

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