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IBM: il CEO Ginni Rometty lascia…a metà dell’opera

Considerata tra le persone più influenti al mondo, il CEO rassegna le dimissioni. In una fase che vede IBM alle prese con contrazioni nelle vendite e negli utili e un riposizionamento che, nonostante gli investimenti miliardari, è ancora lungo e complesso da realizzare. Saprà tornare technology leader in un’arena dove i competitor si chiamano Amazon, Google…?

Pubblicato il 31 Gen 2020

foto Ginni Rometty IBM con Trump

Le dimissioni di Ginni Rometty (62 anni) da CEO di IBM, dopo sette anni dalla sua nomina e dopo 40 anni di ininterrotta attività in seno a Big Blue, si prestano a diverse interpretazioni.

Entrata nel 1981 come system engineering nell’allora più importante azienda IT del mondo, l’italo-americana Rometty (Virgina Nicosia in Rometty) ha scalato le gerarchie, entrando in alcune tra le maggiori operazioni svolte dall’azienda, come l’acquisizione, nel 2002 e nella posizione di General Manager della divisione Global Services di IBM, della PricewaterhouseCoopers, spendendosi moltissimo per l’integrazione delle due aziende. Un’operazione, questa, che ha marcato la svolta IBM verso i servizi e verso quella strategia di accompagnamento alla trasformazione digitale delle aziende utenti che sta connotando il business IBM da molti anni. Per la sua posizione di CEO e la determinazione della propria leadership, Fortune, Time, Forbes, Bloomberg l’hanno inserita tra le 50 persone più influenti al mondo. Tuttavia…ci sono stati dei problemi.

foto Ginni Rometty IBM con Trump
Da sinistra: Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d’America; Johnny C. Taylor, Jr.,Jr SHRM; Ginni Rometty, Ceo IBM; Craig Menear, AD Home Depot

Rometty verrà sostituita a partire dal prossimo aprile da un manager interno, il senior vp Arvind Krishna (57 anni), attualmente alla guida del business Cloud e Cognitive Software di IBM, mentre James Whitehurst, attuale CEO dell’acquisita Red Hat, diventerà, sempre ad aprile, Presidente.

foto Arvind Krishna
Arvind Krishna, futuro Ceo di IBM

Al netto dei reciproci elogi per quanto fatto da Rometty e per quanto riuscirà a fare Krishna, la situazione IBM registra la necessità di un nuovo cambio di passo. Sotto la guida Rometty, IBM ha sperimentato 22 trimestri consecutivi di vendite in calo, sottolineano gli analisti, interrottisi nel 2018. E sebbene, contrariamente alle previsioni degli analisti che prevedevano un calo dell’1%, il Q4 2019 si sia chiuso con un piccolo segno positivo (0,1%), la chiusura del 2019 è risultata ancora insoddisfacente con ricavi per 77,14 miliardi contro i 79,59 del 2018 (-3,2%). Ed ecco che a una settimana dalla presentazione dei dati 2019 arrivano le dimissioni di Rometty.

Una spinta non sufficiente

Dietro queste cifre c’è il tentativo, non semplice, di riposizionare il gigante IBM nel business cloud nell’era dei vari Amazon, Google e anche Microsoft. L’enfasi data negli anni scorsi ai servizi consulenziali come elemento di strategia centrale di IBM, ha forse rallentato troppo la corsa sul versante tecnologico cloud e del paradigma as-a-service, dove i giganti Amazon e Google, senza troppo legacy da far evolvere, hanno dettato ritmi e indirizzi strategici tecnologici. Certamente Rometty, che ben conosceva e lavorava alla ridefinizione del modello competitivo di IBM su queste nuove direttrici, ha portato a termine, tra le innumerevoli acquisizioni (ben 65 nei suoi 7 anni di regno), sia quella in area cloud di SoftLayer technologies per 2 miliardi di dollari, sia quella, in ambito open software e open cloud, di Red Hat, per 34 miliardi di dollari, la più costosa acquisizione nella storia della società. Ha riposizionato circa il 50% del portfolio di offerta, sviluppato un business cloud comunque del valore di circa 21 miliardi di dollari e soprattutto connotato Big Blue tra i soggetti guida della rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale, continuando a investire, come da tradizione, ai confini dell’evoluzione tecnologica, nelle aree della futura informatica quantistica e definendo modelli di riferimento nel segmento della blockchain. Ma il boost che queste operazioni hanno dato ad una società che si è certamente reinventata negli anni, partendo però dal proprio “legacy”, rappresentato da vendita di licenze software, dalle innumerevoli famiglie di server, superserver e mainframe hardware, ai servizi di consulenza che ha rallentato la trasformazione, non è stato sufficiente, per il momento, né per diventare un big cloud competitor né per soddisfare gli azionisti. Come dimostrano impietosamente le vendite, il business IBM, soprattutto in area cloud, sembra oggi essere sempre più quello di un inseguitore che non di un technology leader. Dopo l’annuncio del cambio di guida, nel trading after-hour, le azioni IBM sono salite del 4,7%, certificando di fatto un ok da parte degli azionisti all’avvicendamento al vertice.

Ginni Rometty, Ceo IBM

Ma IBM ci ha abituato alle rinascite, anche perché, sostengono alcuni analisti, il background tecnico di Krishna (che il board ha preferito in una logica di continuità – è da 30 anni in IBM – mentre per alcuni analisti la nomina di Whitehurst a Ceo avrebbe dato un taglio e un’accelerazione più netta) è quello che è mancato alla guida di IBM da troppo tempo, e potrebbe supportare meglio l’azione di IBM nella trasformazione architetturale e di modello di business di molti clienti. Vedremo. Intanto goditela, Ginni!

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