È tempo di abbandonare una visione tradizionale dell’innovazione

Pubblicato il 25 Giu 2008

Il ricambio avvenuto quasi contemporaneamente dei vertici di Confindustria e del Governo rappresenta un’occasione da non perdere per ripensare in modo strutturale una politica per l’innovazione che consenta di avviare e realizzare in modo accelerato quel processo di modernizzazione di cui l’Italia ha una vitale necessità, processo che tutti auspicano a parole e in documenti ben scritti ma che, nei fatti, si è realizzato con grande lentezza negli scorsi anni.
Due dovrebbero essere i principi ispiratori di queste politiche. Il primo, l’abbandono di un modello che interpreti l’innovazione unicamente come il risultato di un’attività di Ricerca & sviluppo svolta tipicamente da una grande impresa con l’obiettivo di lanciare un prodotto innovativo sul mercato.
Questo modello risulta sempre più parziale e in parte obsoleto per 3 ragioni fondamentali: è di tipo gerarchico, poiché si basa sul principio che sia tendenzialmente la grande organizzazione ad introdurre innovazioni che vengono successivamente diffuse ed adottate da imprese di dimensioni minori; è ispirato al principio “make & sell”, in base al quale l’impresa disegna e progetta in modo autonomo un prodotto / servizio che immette sul mercato, imponendolo ai consumatori; considera in modo separato e non sistemico le differenti tipologie di innovazione (di prodotto, di processo, organizzative e di mercato).
Questa visione è alla base di politiche pubbliche che tendono a incentivare e a finanziare la ricerca in modo separato dallo sviluppo e dalla sua industrializzazione e, in generale, a premiare le fasi a monte dell’innovazione e non i risultati che ne derivano e il loro successo sul mercato.
In realtà i percorsi e le modalità con cui oggi si produce innovazione e se ne utilizzano i risultati sono molto diversi.

Figura 1: People power – Le principali fonti di idee innovative. Fonte: IBM “The Global CEO study 2006” (cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)

L’innovazione nasce dal basso, dal personale interno, dai business partners, dai clienti e dall’evoluzione nei profili di utilizzo dei prodotti e di fruizione dei servizi da parte dei consumatori e non più soltanto nei laboratori di Ricerca & sviluppo delle grandi aziende. O meglio, poiché il baricentro della creatività innovativa si è spostato sui partner, sui consumatori e sui clienti, conviene all’impresa ascoltare queste comunità, interpretarne le esigenze e trarne ispirazione per lanciare nuovi prodotti e servizi. Dunque l’innovazione da gerarchica diventa cooperativa e il vero laboratorio di R&S diventa l’ecosistema dell’impresa, inclusivo di clienti e fornitori partners e personale interno (figura 1). Le soluzioni Web 2.0 rappresentano l’infrastruttura tecnologica che abilita questo principio. Questa visione cooperativa deve includere anche Università, Centri di Ricerca, Parchi Scientifici e Tecnologici. In Italia le imprese producono innovazione tendenzialmente al loro interno, sopportandone, di conseguenza, anche maggiori costi, al contrario di quanto avviene in altri Paesi (figura 2).

Figura 2: Imprese innovatrici e modalità di creazione dell’innovazione nei principali Paesi. Fonte: EUROSTAT, Fourth Community Innovation Survey (cliccare sull’immagine per visualizzarla correttamente)

Per le ragioni sopra citate, l’innovazione è sempre più il risultato dell’azione sinergica e cooperativa di soggetti innovativi, pubblici e privati che operano all’interno di uno stesso territorio. È il territorio il vero soggetto che produce innovazione e non più l’impresa nel suo isolamento. Le politiche per l’innovazione vanno, dunque, declinate anche in chiave territoriale. È questo il senso delle politiche francesi per i Pôles de Competitivitè o dei tanti Piani strategici per l’Innovazione a scala metropolitana adottati nelle città europee, tra i quali esemplare è il caso di Barcellona (BInnova).
Questo nuovo scenario ci introduce al secondo principio, che riguarda, in particolare, l’impianto e la struttura che il Governo Centrale e i Governi Locali dovrebbero adottare per impostare le loro politiche a sostegno dell’innovazione. Se l’innovazione non deriva più dall’azione di una singola impresa, ma da quella di una filiera o di un ecosistema, le politiche a supporto devono intervenire su tutte le componenti della filiera, soprattutto quelle di contesto (es. il sistema della formazione e quello dei finanziamenti) secondo una logica sistemica che incentivi e premi il risultato.
È altrettanto evidente che ciò richiede da parte dei soggetti pubblici, sia a livello centrale che locale, una capacità di visione strategica, di creazione di sinergie, di regia e di misurazione dei risultati, di cui raramente il personale politico è dotato. Va da sé che in questo scenario il ruolo dell’ICT è più che mai fondamentale in quanto strumento che abilita e consente di effettuare innovazioni strutturali sia a livello di impresa che di sistema Paese.
Il nuovo Governo ha, dunque, di fronte a sé una sfida importante se vuole dare un significativo impulso alla modernizzazione del Paese e stupisce che non sia stato creato un Ministero o un Ministro dell’Innovazione e che alla sua guida non sia stato posto un uomo di esperienza come Lucio Stanca.
In ogni caso, indipendentemente da chi ne avrà la delega, il nuovo Governo dovrà affrontare quattro grandi temi: la prosecuzione del Progetto Industria 2015 lasciato in eredità dall’ex Ministro Bersani, con l’attivazione del 3° bando per il finanziamento delle Tecnologie per il Made in Italy e l’auspicabile inclusione tra i settori da sostenere anche quello dell’ICT; il superamento del Digital Divide negli accessi a larga banda che è ancora molto grave nel nostro Paese; la digitalizzazione in chiave sistemica (interoperabilità, archivi e banche dati condivisi tra Enti, dematerializzazione) della Pubblica Amministrazione a livello Centrale e Locale; l’avviamento di grandi Progetti Paese (infomobilità, salute, beni culturali, ambiente e lavoro), peraltro indicati come azioni trasversali e federate per l’innovazione nelle Linee strategiche per la predisposizione del Piano Triennale per l’ICT 2009-2011 redatte dal Cnipa.
L’augurio è che il nuovo Governo ed anche Confindustria considerino l’innovazione e la modernizzazione del Paese uno dei loro obiettivi principali e che nell’orizzonte di questa legislatura l’Italia e le sue imprese riescano a ritrovare la chiave per crescere ed essere competitive.

* Giancarlo Capitani è amministratore delegato della società di ricerche NetConsulting, tel. 02-4392901, capitani@netconsulting.it

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