E se Monti fosse un Cio?

Pubblicato il 03 Set 2012

Cominciamo con un parallelismo ardito che ci viene dall’ultimo intervento del premier Mario Monti alla tradizionale “Festa dell’Amicizia” di Cl che ogni anno apre di fatto a Rimini la nuova stagione politica italiana. “Chiamiamo le cose con il loro nome” ha in sintesi detto il Presidente del Consiglio. “Non usiamo più il termine ‘furbi’ per definire chi evade le tasse…” e qualcun altro ha subito suggerito una serie di aggettivi tutti attorno al concetto di ladro.  Cominciamo quindi – questa è la strategia del governo dei tecnici –  a chiamare le cose con il loro nome, cercando di uscire da un senso comune errato, tutto italiano, in base al quale chi evade è più furbo di altri, per invertire una tendenza al lassismo morale e all’accettazione passiva dell’illegalità diffusa. Dare una svolta è anche questo, decidere di intervenire sul piano culturale curando anche i dettagli.

Immaginiamoci allora il nostro Monti alle prese con i sistemi informativi. Come si porrebbe, secondo voi, il premier e il suo governo in questo momento di profonda trasformazione delle aziende, alle prese con criticità competitive e alla ricerca di risposte e proposte? Crediamo che possa agire su due livelli. Un primo piano, a lui tanto caro, che va sotto il nome di spending review, che non significa, ricordiamolo, i famigerati “tagli lineari” alla Tremonti ma la messa a punto di nuovi criteri di spesa secondo parametri di risparmio ma anche di efficacia. Allora per concretizzare la spending review, il Cio Monti chiama al tavolo i principali vendor It e fa loro un discorso molto semplice: “Se fallisco io in questa sfida fallite anche voi. Se non riusciamo a incidere sul business di questa impresa siamo ai margini. Se invece entriamo stabilmente nei modelli di business e diventiamo sempre più visibili, indispensabili, se saremo in grado di ripensare un sistema informativo davvero in grado di soddisfare i requisiti di servizi e applicazioni che gli utenti ci richiedono, allora nei prossimi anni potremo fare un percorso insieme, con soddisfazioni per tutti”. Questo concetto di spending review deve ormai passare sia nell’It sia, soprattutto, nel top management aziendale: è centrale ormai la qualità e l’efficacia della spesa It. La capacità di incidere sui principali processi di business, essere riconosciuti come indispensabili allo sviluppo. La sfida è difficile? Certamente si tratta di razionalizzare disegni architetturali tecnologici ormai “barocchi” per riportarli ad una linearità gotica, ad una essenzialità romanica mentre si guadagna (si recupera, dopo anni di scollamento) terreno nella capacità di supportare concretamente il business.

Il Cio Monti, poi, agirebbe sulla sua seconda leva preferita: quella della capacità di incidere sui luoghi comuni che sembrano immutabili (riprendendo l’esempio dell’evasore fiscale, parassita della comunità). Come facciamo a far capire al nostro top management il valore dell’Ict? Perché dobbiamo relegarci ad una dimensione tecnologica aspettando che da un lato la consumerizzazione dell’It e dall’altro il cloud ci costringano, noi Cio agli occhi del management, ad essere una figura soprattutto “implementativa” di progetti decisi da altri, al di fuori del cuore decisionale e strategico del business? Secondo recenti analisi di Forrester, che ha peraltro approfondito con ZeroUno questo tema poco tempo fa attraverso Alex Peters, principal analyst di Forrester Usa (l’intervista è disponibile qui), non è più oggi un problema di allineamento business-It. Questo è un punto che dovrebbe essere ormai superato. Il punto centrale, portato sotto i riflettori soprattutto dalla crisi, è il vecchio concetto della centralità del cliente, per cui tutte le funzioni aziendali, approvvigionamento, amministrazione, Hr, marketing, sistemi informativi devono riallinearsi rapidamente in modo collaborativo e orchestrato. Tutte le scelte applicative, architetturali/tecnologiche, organizzative dell’It devono avere sempre in mente questa sintonia con le linee di business per porre al centro dell’azione (nuove proposte di prodotti e servizi) la conoscenza, la fidelizzazione, la partecipazione del cliente.  Ecco allora il Cio Monti intervenire con il consueto pragmatismo: “Diamo un nuovo valore alle parole – direbbe. – Non è più logica una separazione organizzativa tra It e business; non è più logica una diversa semantica tra questi due mondi; non è più logica la frammentazione tecnologica a silos. Il risultato di business è il fine ultimo e per questo si richiede una trasversalità di applicazioni, competenze, processi che la tecnologia potrebbe garantire in una dimensione collaborativa maggiore ma che, invece, trova ancora oggi più facile proporsi secondo criteri di separazione. È giunto il momento di cambiare. Spendendo meglio e proponendoci, come Cio, tra le figure alla guida del cambiamento”.
Avete sentito, in questi mesi, tra le numerose critiche al governo Monti per una certa rigidità e non ascolto a giuste rivendicazioni, anche le lamentazioni pretestuose di chi, nel non cambiamento, ha trovato il proprio equilibrio ed “ecosistema” a scapito dell’evoluzione di un paese che, ormai, non può più permettersi luoghi comuni? Siamo una nazione che ha illegalmente depositato nelle banche svizzere circa 180 miliardi di euro. La cosa non può più reggere e soprattutto non ci si può più nascondere dietro le parole. Stesso approccio, il Cio-Monti, lo vede oggi nei sistemi informativi. Basta parole per mantenere lo status quo. Serve una razionalizzazione, una semplificazione, un passo diverso nella capacità di gestire un cambiamento architetturale ma anche di funzione, quella del Cio, che non può restare ai margini di un processo di cambiamento importante come questo. Bisogna essere in grado di incidere sul senso comune quando questo non è più sostenibile. Serve un cambiamento efficace, misurabile, di innovazione. E nel gruppo trainante deve esserci per forza il Cio. Tra l’altro a partire dal prossimo aprile, se non cambierà idea,  dopo le elezioni Monti…“sarà a spasso”. E se decidesse di fare il Cio?

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