Sempre più spesso si sente parlare di New Space Economy, ovvero di quella economia che, partendo dalla raccolta dei dati attraverso le tecnologie in orbita, come sonde o satelliti, arriva alla produzione di servizi e applicazioni che sfruttano i dati sulla Terra. Un’economia che dagli attuali 350 milioni di dollari potrebbe arrivare a 1.000 miliardi in pochi anni, con forti impatti sulla trasformazione digitale delle imprese e lo sviluppo sostenibile.
La New Space Economy è un settore che chiama in causa soprattutto le PMI, che potranno avvicinarsi per beneficiare delle opportunità offerte dai dati geospaziali e dai programmi di osservazione terreste.
Cos’è la New Space Economy
La New Space Economy è questa: integrare dati che arrivano dallo spazio con quelli terrestri per dar vita a nuove applicazioni – o svilupparne di esistenti – che siano utili nella vita di tutti i giorni. Per dirla con altre parole, dai satelliti che si muovono “nello spazio” giungono possibilità perché le aziende “spazino”, con le loro idee, verso orizzonti più ampi di attività. In tal modo, la “new economy” sposa la “old economy” favorendo una crescita, economica ma non solo, che ha numerose direzioni di sviluppo.
L’economia dello spazio la conosciamo da almeno 20 anni. Chiunque abbia una parabola sulla finestra e prende i canali satellitari, la sfrutta in maniera più o meno consapevole. Alla fine degli anni ’90 era esplosa la New Economy intesa come una economia basata sul web, sui personal computer a basso costo, sui dati scambiati in quantità crescente e a costi decrescenti: in pochi anni è successo di tutto, con grande crescita di valore e ripetute esplosioni di bolle economiche. Se guardiamo in prospettiva, vediamo quanto il mondo sia cambiato: oggi abbiamo alla ribalta i giganti del gruppo GAFA (ovvero Google, Amazon, Facebook, Apple), molte cose una volta impossibili ora sono diventate normali, le società sono sempre più globali, abbiamo enormemente più opportunità ma anche più problemi da risolvere, come sempre accade quando bussa alla porta la forza dello sviluppo e del progresso.
Bene, qualcosa del genere sta accadendo con la New Space Economy: satelliti sempre più piccoli e meno costosi vanno a formare ‘costellazioni’ che possono raggiungere migliaia di elementi, una quantità mai vista prima di informazioni proviene dallo spazio, trasformandosi in ‘app’ utilizzate da miliardi di persone. Le opportunità dello spazio si stanno presentando a una velocità esponenziale e molte di queste tecnologie le abbiamo in tasca da anni senza neanche accorgercene e molto di quello che ci attende non lo sappiamo nemmeno immaginare.
Le applicazioni basate sui big data spaziali
Le applicazioni costruite sulla base dei big data geospaziali vanno, attualmente, dal monitoraggio delle condizioni meteorologiche all’accertamento della stabilità degli edifici, coprendo un range di possibilità molto vasto, consentendo un concreto riscontro anche in molti settori dell’artigianato e delle piccole imprese, che devono capire come meglio sfruttare queste possibilità. Lo spazio si sta facendo piccolo, nel senso di raggiungibile con investimenti molto ridotti rispetto al passato e ciò offre alle PMI nuove possibilità di business.
Per favorire lo sviluppo di idee con dati provenienti dallo spazio a favore dei cittadini esistono alcuni programmi, uno dei quali si chiama Copernicus. Si tratta di un programma finanziato e voluto dall’UE che mette a disposizione gratuitamente 12 TB di dati al giorno per creazione di modelli di business innovativi attraverso il loro utilizzo. Copernicus non è fatto per i fanatici dello spazio, ma nasce per poter generare delle capacità che possono generare business, facendo interagire lo spazio con le competenze digitali e la capacità di metterle in relazione con l’intelligenza artificiale, i computer quantistici, e l’high performance computing. Alcuni soggetti del nostro paese, come il Digital Innovation Hub di Vicenza o Planetek hanno dimostrato attraverso l’organizzazione di hackathon come l’uso dei dati Copernicus sia a portata di tutti.
Cosa sta facendo l’Italia nel settore della space economy
Se i dati sono una ricchezza, ancora di più lo sono i dati provenienti dallo spazio. Pochi conoscono le missioni CosmoSkyMEd e Prisma. Sebbene non sia possibile stabilire a priori quali tecnologie siano migliori, quel che è certo è che queste enormi quantità di dati prodotte quotidianamente, combinate insieme, rappresentano una mole preziosa da sfruttare.
CosmoSkymed è il più grande investimento italiano nell’ambito dell’osservazione della Terra. Finanziato dal ministero della Difesa e dall’Agenzia Spaziale Italiana, è un sistema duale, in grado attraverso 4 satelliti (il primo dei quali è stato lanciato nel 2007 e l’ultimo nel 2010) di recuperare immagini attraverso un sensore radar ad apertura sintetica. Per mezzo di esso siamo in grado di avere immagini della superficie terrestre anche molto spinte e ben al di sotto del metro. I satelliti di CosmoSkymed sono funzionanti ormai da circa 10 anni e, per garantire continuità, è stato lanciato il 18 dicembre 2019 il primo di due satelliti della costellazione CosmoSkymed di seconda generazione. Le immagini radar, per quanto non belle come le immagini “normali”, presentano l’indubbio vantaggio di farci vedere la superficie terrestre sia di notte che di giorno, in presenza o assenza di nuvole. Con queste immagini possiamo monitorare strade, pali della luce, edifici in qualunque condizione meterorologica. Questo ci consente di monitorare i danni post terremoti, le frane e le alluvioni. È stato possibile, ad esempio, monitorare la stabilità della Basilica di San Pietro o analizzare aspetti delle frane che a occhio nudo o con immagini normali non sarebbero visibili (spostamenti di 20 millimetri per anno). I dati CosmoSkyMed, diversamente da quelli forniti da Copernicus, sono per la maggior parte a pagamento ma in alcuni casi sono disponibili gratuitamente per le Pmi, previa stipula di un contratto con ASI.
La missione Prisma è un’altra eccellenza del nostro Paese. Grazie alle capacità dell’industria italiana utilizza tecnologie rivoluzionarie: per ogni immagine acquisita siamo in grado di utilizzare un sensore ottico iperspettrale innovativo, in grado di acquisire immagini della superficie terrestre contenenti informazioni sulla composizione chimico-fisica degli oggetti presenti nella scena osservata e quindi di fornire un contributo informativo unico per diverse applicazioni. Tutto questo ci permette di capire di cosa è fatto quel terreno, quel palazzo ecc. La maggior parte delle applicazioni potenziali della missione Prisma sono tutte da esplorare. Per capire il grado di precisione basti pensare che riusciremmo a capire se un campo da calcio è fatto di erbetta sintetica o naturale, se c’è amianto, qual è il livello di salinità dei mari nei vari punti analizzati. È possibile monitorare l’umidità del terreno con innumerevoli possibilità di applicazioni in ambito agricolo.
In conclusione si può dire che la crescita, quantitativa e qualitativa, delle Pmi starà proprio nella loro capacità di cogliere le ricadute della New Space Economy, trasformazione digitale e intelligenza artificiale.