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Data Literacy: perché è una sfida per molte aziende. E come vincerla

Superare le complessità tecniche relative al governo e alla valorizzazione dei dati non è sufficiente se mancano consapevolezza del valore, fiducia e capacità di indirizzarli a concreti scopi di business. Occorre dunque intraprendere un percorso finalizzato alla Data Literacy. Ecco come

Pubblicato il 04 Nov 2022

Data Literacy

Oggi, buona parte delle imprese si professa data-driven, ma la realtà ci racconta una storia diversa. Serve la Data literacy. Non è sufficiente farsi assistere dai dati nelle più importanti decisioni strategiche per essere guidati dai dati. Occorre un profondo iter di ammodernamento culturale, organizzativo, di processo e tecnologico. L’orientamento al dato deve riguardare ogni decisione. Soprattutto deve essere esteso orizzontalmente all’interno dell’organizzazione e non riguardare solo le divisioni più mature sotto il profilo digitale.

Data Literacy informazione e cultura orientate alla data-driven company

Nell’iter di cui sopra, il principale problema avvertito dalle aziende è l’assenza di cultura e di alfabetizzazione del dato. Se superficialmente l’attenzione va sempre ai tool di gestione e di analisi, nonché alla necessità di implementare complesse architetture sottostanti per alimentare e democratizzare il consumo dei dati, la realtà è che esistono ancora molti limiti a livello di fiducia, di comprensione, di capacità gestionale e di valorizzazione del dato.

Prendendo in considerazione l’autorevole Data and AI Leadership Executive Survey 2022 di NVP, nonostante il 97% del mercato enterprise (tra cui 94 aziende Fortune 1000) investa in Data Initiative e il 91% in Intelligenza Artificiale, solo 1 azienda su 4 (26.5%) ha creato un’organizzazione data driven e il 19,3% è riuscito a introdurre una cultura orientata al dato. Addirittura, la cultura del dato – di cui la literacy è un pilastro – è considerata come il principale ostacolo dal 91,9% degli intervistati.

Data Literacy, la traduzione di Gartner

Cos’è dunque la data literacy e, soprattutto, che tipo di approccio deve adottare l’impresa per raggiungerla? Secondo la definizione di Gartner essa è “la capacità di interpretare, scrivere e comunicare i dati in modo contestualizzato, inclusa una conoscenza delle sorgenti, dei metodi di analisi e delle tecnologie applicate. Inoltre, è l’abilità di descrivere gli use case, le applicazioni e il valore risultante”.

Come si può notare, gli analisti danno una definizione volutamente molto ampia del fenomeno, poiché la literacy è un requisito modulabile in funzione delle esigenze della singola figura aziendale, della sua attività, della divisione e dei processi in cui è coinvolta. A differenza della fiducia e del mindset, che sono alla base della data culture e devono essere comuni a tutta l’organizzazione, le skill relative all’interpretazione dei dati, all’integrazione delle sorgenti, allo sviluppo di modelli di analisi e di comunicazione vanno modulate con un approccio ad hoc. Da ciò, risulta palese l’ampiezza del tema e la complessità nell’affrontarlo in maniera corretta, cosa peraltro necessaria (anche) per valorizzare il lavoro dei professionisti del dato, ovvero dei Data Scientist e dei Data Analyst, che sotto la supervisione del Chief Data Officer (CDO) iniziano a popolare le organizzazioni più strutturate.

Il percorso vero la Data Literacy: assessment

Tutto il percorso evolutivo delle aziende verso il modello data-driven è finalizzato ad accorciare il time-to-insight e ad avvicinare la produzione al consumo del dato: temi quali Data Mesh, Data Fabric, DataOps e tutte le nuove frontiere di gestione e valorizzazione del dato sono finalizzate a questo obiettivo, ma senza un’alfabetizzazione diffusa, rischiano di non creare valore a livello di business.

Come si è visto, data literacy comporta un fenomeno di trasformazione profonda e ben architettata, che va a toccare elementi organizzativi e culturali. In altri termini, non è un tema che si possa esaurire con della formazione, per quanto ciò rappresenti un elemento cardine del percorso evolutivo.

Il primo passo, sottolinea Gartner, è un assessment approfondito, sotto la responsabilità dei Data & Analytics Leader. A titolo d’esempio, ci si può domandare “Quanti manager sono in grado di costruire un business case basato su dati concreti, accurati e rilevanti?”, oppure “Quanti dipendenti possono interpretare statistiche e correlazioni?”. Curiosamente, l’indagine dovrebbe riguardare anche i professionisti del dato: mentre la capacità di sviluppare modelli analitici per risolvere problemi di dominio è scontata in un Data Scientist, lo è forse meno la sua capacità di comunicare i risultati a diversi interlocutori, ognuno con skill ed esigenze proprie.

Persone, organizzazione e infrastruttura

Trattandosi di change management in piena regola, le organizzazioni dovrebbero affidarsi a framework di riconosciuta efficacia, che identifichino i pillar della trasformazione, gli interventi da effettuare e il percorso evolutivo da intraprendere.

Tra i pillar, persone, organizzazione e infrastruttura sono gli elementi fondanti, con una particolare attenzione per i primi Gli Upskilling Program più efficaci sono quelli che attuano percorsi di sviluppo personalizzati in funzione del ruolo e della maturità digitale di partenza, ovviamente adottando un approccio sistemico per far sì che tutta l’organizzazione parli un linguaggio, utilizzi una terminologia e sfrutti strumenti comuni. Per quanto Data Engineering e Data Science siano i topic più rappresentativi, scopi fondamentali sono anche il rafforzamento della fiducia nel dato, il superamento di eventuali resistenze e l’adozione del dato come metodologia di base per risolvere problemi di business. Su questi punti, che non afferiscono soltanto alla sfera tecnica, alle piattaforme e dei tool di analisi dei dati, si gioca buona parte della partita della data literacy e, quindi, del percorso verso la data-driven company.

Le implicazioni organizzative di questa evoluzione non sono meno complesse rispetto a quelle che riguardano direttamente persone, skill e mindset. In questo caso, la domanda cui molte aziende cercano di dare risposta è la collocazione corretta dei data team all’interno dell’organizzazione. Vista la complessità esistente nell’acquisire professionalità di Data Engineering e, soprattutto, di Data Science, parte delle imprese risponde attraverso la creazione di una divisione ad hoc sotto la guida del CDO che, di fatto, supporta le altre linee di business. La fortissime competenze di dominio dei Data Scientist, però, stanno suggerendo la loro integrazione all’interno delle varie funzioni di business, alimentando di fatto un modello decentralizzato ad altissima specializzazione.

Le sfide tecniche connesse alla data literacy

Infine, ma non per importanza, data literacy presuppone semplicità di accesso e di condivisione del dato attraverso tutta l’organizzazione. Ciò pone sfide tecniche non indifferenti, soprattutto per le organizzazioni che hanno stratificato nel tempo le proprie architetture di dati alimentando silos e frammentazione. Questo suggerisce alle imprese di adottare paradigmi moderni come il Data Mesh e il Data Fabric, che però presuppongono un percorso evolutivo non da poco.

La sfida deriva (anche) dalla moltiplicazione delle sorgenti dati, che ormai si trovano nell’IoT e in complessi modelli ibridi e multicloud, nonché dalla quantità, dalla varietà di dati e dalle esigenze differenziate dei vari data consumer. Per questo i temi del management, della governance e della sicurezza del dato vanno indirizzati prima di ragionare in termini di business intelligence, di visualizzazione e distribuzione. Occorre poi fare il passo finale, ma non meno importante: democratizzare il dato, rendendolo accessibile a tutti attraverso data platform, strumenti self e integrazione con le applicazioni di business.

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