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Come uscire dalla trappola dei prototipi AI



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La Volpe (IBM): «AI agentica e Quantum Computing, le strategie efficaci per trasformare i dati in vantaggio competitivo solido». Facendo leva su architetture di cloud ibrido e modelli open source. L’acquisizione di Confluent e le success story Unipol, Sparkle e Cynar (Campari Group) 

Pubblicato il 15 dic 2025



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Alessandro La Volpe, amministratore delegato di IBM Italia

«Questo è il momento più bello per fare il nostro lavoro, un momento dinamico e ricco di opportunità che fanno il pari con le complessità». Inizia con questa frase l’incontro con la stampa organizzato negli IBM Studios di Milano da Alessandro La Volpe, Amministratore Delegato di IBM Italia. Il manager descrive un mercato caratterizzato da volatilità, incertezza economica e geopolitica, ma ricco di possibilità concrete per far evolvere il business in chiave digitale, offerte soprattutto dall’AI agentica.

Il punto di vista di IBM Italia sull’intelligenza artificiale è chiaro e si basa su una metafora illuminante: «Rispetto all’AI, ci troviamo esattamente nella fase di introduzione della lampadina elettrica, nell’Ottocento. Questa innovazione non ha portato a una trasformazione radicale del mondo del lavoro ma a un miglioramento del lavoro. La trasformazione, quella vera, è avvenuta con la sostituzione dell’elettricità al vapore, che ha dato avvio alla Seconda Rivoluzione Industriale», spiega il manager. In altre parole, siamo ancora agli albori della storia dell’IA, ma l’evoluzione verso un impatto trasformativo dell’intelligenza artificiale – che in molti analisti identificano nella diffusione pervasiva dell’Agentic AI – è certa e inevitabile.

La “trappola dei prototipi”: perché l’80% delle implementazioni AI fallisce

Per il manager al vertice di IBM Italia, una delle sfide più insidiose dell’attuale corsa all’intelligenza artificiale risiede nell’entusiasmo diffuso, che spesso in passato ha generato una proliferazione di sperimentazioni scollegate dal business, trasformando l’AI in una collezione di prototipi promettenti ma incapaci di generare valore reale e misurabile.

I numeri sono eloquenti e preoccupanti al tempo stesso. «Una ricerca McKinsey rivela che l’80% delle aziende che hanno implementato l’AI al proprio interno non ha avuto alcun beneficio bottom line. Un dato confermato anche dall’esperienza diretta di alcuni nostri clienti globali. Il CFO di un grande realtà multinazionale, giusto per far capire la dimensione del fenomeno, ha avviato circa 1.900 PoC con un impatto praticamente nullo sul risultato economico», racconta La Volpe.

I motivi del fallimento 

Il motivo principale di questi fallimenti risiederebbe in due fattori critici. Il primo riguarda i dati: «La quasi totalità dei record utilizzati per addestrare i grandi modelli linguistici, gli LLM, è rappresentata da informazioni che transitano sul web e solo meno dell’1% dei dati aziendali è utilizzato per allenare gli algoritmi AI, perché quasi tutti hanno sperimentato e testato quasi esclusivamente con modelli pubblici».

Il secondo fattore è «l’assenza di modelli pensati specificamente per le aziende, con la conseguenza che le organizzazioni si sono trovate letteralmente imprigionate in un ciclo improduttivo – osserva l’AD di IBM Italia –. Siamo finiti in quella che io chiamo la trappola dei prototipi, che chiamano altri prototipi, che chiamano altri prototipi, attivati con il solo scopo di far vedere che si sta facendo qualcosa. Mancavano i dati giusti e mancavano modelli pensati per le aziende, perché si utilizzavano quelli progettati per il consumer. Il periodo trascorso, tuttavia, non è andato completamente sprecato, perché ha permesso alle organizzazioni di aumentare la conoscenza e la consapevolezza sulle potenzialità dell’intelligenza artificiale».

Le 3 fasi dell’AI aziendale

La Volpe identifica tre fasi distinte nell’evoluzione dell’AI in ambito aziendale e, in particolare, di quella generativa. «La prima è stata caratterizzata dal panico. Le aziende cercavano qualsiasi soluzione per dimostrare di essere all’avanguardia, senza una strategia chiara. La seconda, quella in cui ci troviamo attualmente, vede l’IA utilizzata principalmente per accedere alle informazioni, recuperare e sintetizzare dati esistenti». 

La terza fase rappresenta, a detta del manager, il vero salto quantico perché «l’AI riuscirà a trasformare completamente e concretamente i processi. Il raggiungimento di questa tappa richiede, però, scelte strategiche che prevedono anzitutto un cambio culturale, un aggiornamento delle competenze dell’organizzazione e una riscrittura completa dei processi», spiega La Volpe.  

Una fase, questa, che presenta sfide significative, perché «banalmente l’AI distrugge i silos organizzativi e questa è una delle principali barriere aziendali alla sua diffusione». Per questo motivo, IBM investe costantemente nell’upskilling con iniziative come la watsonX Challenge, che punta a sviluppare progetti innovativi attraverso l’AI generativa e il Machine Learning della piattaforma watsonX. La challenge, realizzata attraverso un formato interattivo e pratico, mira a risolvere problemi di business reali e quest’anno ha visto la partecipazione di circa 178.000 dipendenti sui 400mila totali di Big Blue.

La strategia di IBM Italia per cloud ibrido e sovranità dei dati

La visione tecnologica di IBM sull’intelligenza artificiale enterprise nasce dall’esigenza di rendere l’AI un fattore strutturale dei processi aziendali e non più un insieme di sperimentazioni isolate. Una visione che combina piattaforme aperte, modelli specializzati, capacità di analisi dati in tempo reale (si pensi all’acquisizione di Confluent) e un’architettura di cloud ibrido progettata «per garantire che l’inferenza sia vicina a dove si producono i dati e assicurare minor latenza, mentre i dati chiave dell’azienda possono essere mantenuti in un cloud privato per migliorare il controllo dei costi, ma anche per salvaguardare la sovranità». Questo approccio risponde a una delle cinque tendenze chiave identificate nello studio IBM “Five Trends 2026”, che evidenzia come l’AI Sovereignty sia percepita come un aspetto critico nello sviluppo dell’AI e come il 93% dei dirigenti ammetta di doverla considerare nella propria strategia aziendale per il 2026.

Big Blue, tiene a rimarcare l’AD di IBM Italia, sostiene modelli AI open source e fit for purpose. Si fa, quindi, portavoce di un approccio AI aperto, che considera l’innovazione in un’ottica di ecosistema, e che vede l’impiego diffuso di modelli linguistici più leggeri, Small Language Model pensati per essere applicati a domini specifici. «Nel mondo enterprise abbiamo visto che modelli linguistici di piccole dimensioni, ma più performanti, possono risolvere meglio tematiche di business particolari», osserva il manager, citando l’esempio di IBM Granite.

Client Zero: l’impatto dell’AI generativa sull’automazione dei processi interni 

Una visione strategica che non resta confinata al modo di proporsi sul mercato ma che, al contrario, si traduce nelle modalità con cui IBM stessa sperimenta e adotta l’intelligenza artificiale al proprio interno, facendo della propria organizzazione e dei propri processi il primo banco di prova delle tecnologie che propone ai clienti.

L’approccio Client Zero ha visto tutti i processi HR, Finance, Marketing e sviluppo codice di IBM trasformati dall’AI Generativa «con risparmi annuali a livello globale di 4,5 milioni di dollari», evidenzia il manager.

Esempi concreti di applicazioni di automazione smart ormai utilizzate quotidianamente in azienda includono AskHR, un agente HR che permette ai dipendenti di gestire in autonomia moltissimi aspetti del rapporto di lavoro interagendo con la piattaforma in linguaggio naturale, AskIT per il supporto IT automatizzato e AskPlatform, uno strumento di AI conversazionale per creare rapidamente agenti virtuali da impiegare in vari ambiti, dal servizio clienti alla modernizzazione delle applicazioni.

L’esperienza maturata attraverso l’approccio Client Zero diventa un patrimonio concreto di competenze, metodologie e best practice che IBM Italia mette a disposizione delle aziende, traducendo l’innovazione sperimentata internamente in soluzioni operative applicabili a contesti e settori molto diversi tra loro.

Un percorso che trova riscontro in numerosi progetti reali, in cui cloud ibrido e AI generativa vengono declinati in funzione di esigenze specifiche, dalla governance dell’infrastruttura IT fino alla Customer Experience.

Unipol: cloud ibrido e AI generativa per la control room 

Unipol Assicurazioni ha sviluppato NAMI (che in giapponese significa “onda”), una piattaforma basata su IBM watsonx per automatizzare in modo smart la gestione delle operazioni IT, che ha permesso di ridurre fino al 90% il tempo di presa in carico degli eventi. Un’infrastruttura ibrida che, in prospettiva, consentirà al colosso dell’insurance di creare un vero e proprio ecosistema AI a disposizione di tutte le funzioni.

Sparkle: AI per trasformare la gestione della rete 

Sparkle, fornitore di servizi di connettività internazionale, è un’altra success story citata dal manager. L’azienda ha rilasciato un’architettura IT innovativa a supporto dei servizi di Network Assurance nell’ambito del progetto AISNA (Artificial Intelligence Sparkle Network Assurance). L’automazione delle attività di monitoraggio ha consentito una riduzione dei tempi di gestione operativa degli alert del 30%, un risparmio di circa 3.000 ore all’anno nel tempo dedicato alla reportistica clienti e una riduzione di circa 700 ore l’anno per i report sulle interruzioni operative.

Cynar: il sito dinamico che strizza l’occhio alle nuove generazioni 

La Volpe cita con orgoglio anche il progetto nato dalla collaborazione tra IBM Italia e Campari Group per modernizzare la presenza online di Cynar trasformandola in una destinazione digitale capace di riflettere il gusto unico dell’iconico liquore al carciofo ma anche di attrarre le nuove generazioni di consumatori. Il sito assicura un alto livello di personalizzazione, animazioni complesse e uno storytelling coinvolgente con una landing page dinamica che eleva il posizionamento di Cynar a icona vintage di tendenza.

Quantum Computing: l’Europa in prima linea 

Secondo La Volpe, mentre «l’ondata AI, dal punto di vista tecnologico, si è ormai esaurita in Europa, la partita per il Vecchio Continente si può giocare ancora sul Quantum Computing, campo in cui l’UE ha un vantaggio competitivo unico in questo momento».

IBM ha due datacenter europei per il computing quantistico, uno in Germania e uno nei Paesi Bassi. «Per noi l’approccio vincente è quello dell’ecosistema in cui si fondono competenze specialistiche e tecnologia all’avanguardia, ma in cui soprattutto l’attenzione è rivolta alla capacità di collegare quando emerge dai centri di ricerca negli scenari di produzione reali», spiega l’AD.

Il Quantum Network di IBM conta oltre 300 membri tra enti pubblici, tech company e centri di ricerca, che accedono a risorse quantum per simulazioni finanziarie, ricerche in ambito chimico-farmaceutico e altre applicazioni avanzate.

«Questo trend – conclude La Volpe – avrà sicuramente un’accelerazione importante nel 2026 che, secondo diversi analisti, sarà l’anno in cui si raggiungerà il cosiddetto Quantum Advantage, il vantaggio quantistico, per cui questa tecnologia permetterà finalmente di risolvere problemi di business pratici più velocemente, in modo più efficiente e accurato rispetto al più potente computer classico».

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