Finance: business intelligence, cuore della strategia

In un momento così particolare per la finanza globale, le società che operano in questi settori hanno ancor più necessità di soddisfare le esigenze strategiche ed operative nelle aree più cruciali del business: dal credit scoring alla segmentazione ed al profiling dei clienti; dalla customer retention al cross selling ed all’up selling; dalla gestione del rischio al performance management; dalla gestione delle risorse umane all’It management. Ecco allora cosa significa fare business intelligence secondo Akhela, l’azienda It del gruppo Saras (uno dei principali operatori nel settore della raffinazione in Europa, di proprietà della famiglia Moratti).

Pubblicato il 18 Ago 2009

Il mondo bancario/finanziario è cambiato; una volta era l’istituto a scegliere il cliente, oggi è esattamente il contrario. Nel tentativo di colmare la lacuna esistente tra la massimizzazione del profitto e la customer satisfaction sono nati sistemi di customer relationship management (Crm) che hanno sempre avuto come obiettivo primario quello di sfruttare l’enorme mole di informazioni per fidelizzare il cliente. Oggi gli istituti di credito hanno però un’esigenza in più, ossia valorizzare queste enormi risorse informative e non solo per fidelizzare il cliente ma anche per rispondere a normative sempre più stringenti, per controllare e gestire il rischio, per verificare le performances, ecc. Queste problematiche sono ancor più sentite se si pensa al fatto che il mondo bancario non è più costituito da piccole realtà locali ma da grandi gruppi internazionali che però continuano ad avere i migliori risultati di business soprattutto grazie al comparto Retail. L’evoluzione dei rapporti tra clientela e banca ha quindi spinto gli istituti a plasmare il proprio modello di business sempre più orientato verso concetti di business intelligence.

ZeroUno ha intervistato Alberto Cibocchi (nella foto), responsabile dell’Area Organizzativa Grandi Clienti di Akhela e, all’interno della suddetta area, responsabile dell’Unità Organizzativa Finanza, Banche e Assicurazioni il quale esordisce sottolineando, prima di tutto, come nella loro visione parlare di business intelligence significhi adottare una strategia, una filosofia di business che solo in un secondo momento trova la propria declinazione tecnologica. Akhela (www.akhela.com) ha un’offerta mirata nell’ambito del knowledge management che, così come concepito nella vision della società, permette di integrare, migliorare e valorizzare la gestione del capitale di conoscenze e di esperienze di ogni organizzazione ed è il presupposto fondamentale della business intelligence. Rafforza quest’ambito di offerta un recente accordo che ha permesso ad Akhela di acquisire il 51% di Artemide, realtà romana impegnata sul mercato dei servizi ICT e sviluppo software che focalizza la propria attività sulla progettazione, produzione, installazione e manutenzione di applicazioni e architetture software di ambienti complessi, con un focus particolare sui temi della business intelligence.

ZeroUno: Utilizzando le soluzioni analitiche e di reporting, le società del settore Finance sono in grado di comprendere con maggior rapidità e accuratezza il comportamento del mercato, nonché dei clienti. Quali sono oggi le esigenze e le criticità del settore Finance?
Cibocchi: Il settore Finance ha vissuto in questi anni un forte consolidamento/cambiamento che ha comportato sia sforzi a livello organizzativo, volti alla ricerca di una maggiore efficienza operativa e ad una maggiore efficacia commerciale, sia investimenti in risorse e tecnologie Ict necessari per l’integrazione tra le diverse strutture, per mantenere e/o acquisire vantaggi competitivi e per supportare nuove funzionalità.
L’utilizzo di soluzioni analitiche e di reporting attraverso il calcolo della redditività e profittabilità dei singoli utenti, consentono di rispondere alla madre di tutte le domande: quali clienti o segmenti di clienti sono attrattivi dal punto di vista di acquisizione, conservazione e crescita? Quali non lo sono? Quanto dobbiamo spendere per essere attrattivi, per trattenerli per farli crescere?
Tra le esigenze principali, riscontriamo: riuscire a proporre sempre nuovi prodotti, anticipando quelle che possono essere esigenze inespresse delle diverse “classi” di clientela; aggredire nuovi segmenti di clientela cogliendo le sempre maggiori richieste di operatività sui canali virtuali; applicare condizioni economiche sempre più competitive, continuando ad aumentare la remunerazione del capitale.
Il tutto incontrando non poche criticità come la continua evoluzione della normativa verso regole sempre più stringenti: ad esempio le direttive MiFid, SEPA, Basilea 2, etc. Se ciò comporta però alcune criticità nel settore Finance, è pur vero che rappresenta occasioni di continui e nuovi sviluppi sia comportamentali (maggiore interesse della posizione e delle esigenze del Cliente) sia strumentali (necessità di adottare sistemi di Analisi e Reporting dei dati che siano effettivamente di supporto al processo di “decision making”.

ZeroUno: Quali sono oggi gli sviluppi della Business Intelligence applicabili in particolar modo al segmento Finance?
Cibocchi: Tra i principali obiettivi delle aziende che operano nel settore Finance si pone la maggiore conoscenza del cliente attraverso una profilazione/segmentazione che riesca in maniera dinamica a determinare le attitudini/propensioni del cliente. Ciò è reso possibile dagli strumenti della business intelligence attraverso i quali si riesce a concentrare un enorme quantità di informazioni.
Come anticipato, sono sempre più necessari strumenti di reporting e knowledge management, attraverso i quali si deve puntare sia ad avere una visibilità a 360 gradi del cliente, ma anche ad avere ritorni sulla efficacia ed efficienza dei grandi investimenti che attualmente il settore Finance sta effettuando nell’Ict, in generale e nella business intelligence, in particolare.
Attraverso questi strumenti si cerca di determinare le modalità operative migliori “doing the right thing” piuttosto che “doing things right”.
Come esempi si possono citare sia gli strumenti sempre più raffinati e precisi di Crm (che Akhela vede come parte integrante di un più ampio concetto di business intellidence, ndr), basati su DataMart specializzati, che permettono di attuare campagne di vendita dinamiche che si basino sulla conoscenza puntuale dei dati e delle diverse operatività dei propri clienti, sia tentare di fidelizzare il mercato “prospect” (individui/enti conosciuti dall’organizzazione finanziaria che non hanno ancora acquistato prodotti).
Relativamente all’efficienza interna sono invece da prendere in considerazione ancora strumenti di reporting, e soprattutto l’utilizzo di questionari ed analisi delle risposte fornite (DataMart, strumenti di knowledge management, etc.)

ZeroUno: Uno degli aspetti più importanti per il mondo Finance è dato dalla gestione del rischio e dal controllo delle performances aziendali. In che modo la Business Intelligence può rispondere a queste esigenze?
Cibocchi: La storia recente ha mostrato chiaramente che le istituzioni finanziarie se vogliono sopravvivere, hanno bisogno di valutare i propri rischi e capire come ogni singolo rischio, che si ha la necessità di assumere, possa arrecare danni al proprio assetto. Come esempio si possono citare i prodotti “derivati” che sono aggregati di altri contratti finanziari basati sul valore di ulteriori “asset” finanziari come interessi da fidi, prestiti etc. L’analisi necessaria per percepire a pieno la complessità di tali prodotti e minimizzare i rischi è possibile solo se basata su una robusta e completa struttura aziendale composta dall’integrazione tra l’ Enterprise Data Warehouse (EDW) e la Bi.
La gestione del Risk Management, ad esempio, è valutare il rischio e contenerlo entro certi limiti stabiliti, soprattutto dopo l’accordo di Basilea 2, che prevede il completo ridisegno dei criteri correnti per la valutazione dei requisiti patrimoniali minimi, da calcolare in funzione non solo del rischio di mercato, ma anche dei rischi operativi e di credito. Con l’entrata in vigore di Basilea 2, il risk management, in un certo qual modo, ha cambiato fisionomia: da vincolo a supporto alla strategia commerciale. Da qui l’importanza per il risk management di dotarsi di strumenti capaci di elaborare dati, precisi e puntuali, utili al business. Strumenti che, a nostro modo di vedere, sono l’essenza della business intelligence.

ZeroUno: Le soluzioni di Bi permettono anche di rendere automatico il rispetto delle normative e degli standard di reporting. Cosa significa questo per una banca o un istituto di credito?
Cibocchi: L’adozione di un Enterprise Data Warehouse, oltre ai vantaggi intrinseci per cui è stato creato (minimizzare i rischi e massimizzare il ROI) porta sicuramente anche vantaggi “derivati”.
E’ infatti una cosa ormai accettata universalmente che ogni Enterprise Data Warehouse per essere utilizzato correttamente deve sottostare a determinate regole metodologiche, di standardizzazione, di naming-convention etc. Se tali regole sono basate, oltre che sulle necessità interne dell’organizzazione, anche sugli standard nazionali ed internazionali (ad esempio gli standard CBI, Corporate Banking Interbancario: è un servizio bancario telematico che consente ad una azienda di qualsiasi dimensione di lavorare direttamente, tramite i propri computer, con tutte le banche con le quali intrattiene rapporti, ndr) la complessità che finora ogni istituto finanziario doveva sostenere per far fronte all’enorme mole di dati interscambiati, viene abbattuta drasticamente.

ZeroUno: Governare e migliorare i processi di pianificazione, budgeting, reporting direzionale e costing, organizzare al meglio le risorse umane, mappare le competenze presenti in azienda e individuare le aree di criticità… Sono solo alcune delle sfide dei dipartimenti It delle aziende del settore Finance. Come e in che modo la tecnologia può rispondere?
Cibocchi: E’ ormai una verità globalmente riconosciuta che un’organizzazione che ha un robusto substrato di dati, e che possiede quindi un importante Enterprise Data Warehouse, ha una visione unitaria dell’intera struttura (uffici centralizzati, periferia, rete di vendita, etc.), permettendo la realizzazione di uno strato di business intelligence usufruibile nelle diverse strutture aziendali ed ai diversi livelli decisionali. E’ molto importante però, a nostro avviso, tener sempre presente che parlare di business intelligence significa adottare un approccio di business, una filosofia che può e deve necessariamente essere supportata dalla tecnologia ma che deve partire da una visione molto più ampia. A livello metodologico è fondamentale che la banca, o l’istituto finanziario, consideri i dati come unico oggetto di business definendone ownership, regole di estrazione, di trasformazione, regole di qualità formale e funzionale, di integrità, di pubblicazione e di ritenzione. Oggi la tecnologia offre soluzioni capaci ormai di gestire quantità di dati praticamente illimitate a costi relativamente bassi; ciò che però spesso viene sottovalutata è l’importanza del presidio necessario al funzionamento di queste infrastrutture che, a volte, impone una profonda riqualificazione delle risorse umane. Non solo, l’impatto organizzativo generato dai sistemi di business intelligence è direttamente proporzionale alla verticalità dei sistemi stessi presenti in azienda: l’inconfutabile valore aggiunto espresso da sistemi trasversali sconta il costo di dover rivedere assetti organizzativi che, a volte, celano “isole di potere” o più semplicemente si basano sulle competenze storiche delle risorse dedicate.

ZeroUno: Qual è a suo avviso il futuro dell’Intelligence nel segmento Finance?
Cibocchi: L’attuale situazione congiunturale spinge le organizzazioni a concentrarsi sulla propria situazione finanziaria: migliorare le performance finanziarie è diventato cruciale in ogni settore di mercato. Le aziende sono pressate sia sul versante dei costi sia su quello dei ricavi, e devono adeguarsi ai nuovi standard (Basilea 2, International Financial Reporting Standards etc.)
Secondo la definizione di Idc (www.idc.com), le applicazioni di Fiancial performance e di strategy management (Fpsm) hanno lo scopo principale di misurare, analizzare ed ottimizzare le performance finanziarie, di business e i processi analitici a supporto delle iniziative aziendali determinate tipicamente dalla finanza. Di conseguenza, il futuro tecnologico in termini di applicazioni sarà dato da soluzioni come: budgeting e planning, financial consolidation, strategy management e profitability management, area quest’ultima che include l’activity-based costing.
Una delle componenti critiche per il successo di una applicazione di Fpsm è, ovviamente, la sottostante applicazione di Bi e le correlate soluzioni di reporting e di dashboard.
Inoltre, le applicazioni di Fpsm devono essere in grado di interfacciarsi con le problematiche di una gamma di processi di business e di funzioni, quali la contabilità, le risorse umane, le operations, e il Crm, traducendo i processi chiave e le informazioni in impatti sulla finanza.
Altresì, nell’ottica di passaggio da Bi a Cpm (Corporate Performance Management) si tende a demandare sempre di più all’utente finale la definizione delle necessità di reporting e “data analysis”, affinché i vari cruscotti, report aziendali, etc. non siano solamente strumenti calati dall’alto. Ciò comporta che l’utente finale conosca approfonditamente i dati trattati e le aggregazioni/analisi di cui ha bisogno e che sia dotato di strumenti attraverso i quali possa comunicare all’infrastruttura dell’It un’analisi delle esigenze e dei dati sulla quale l’It possa basare un progetto di Data Warehouse, Data Mart. Quanto più gli strumenti di colloquio tra gli utenti e l’It saranno efficienti ed esaustivi nella capacità di descrivere esigenze e stato dell’arte, tanto più sarà tempestivo e corretto il progetto realizzato dall’It.

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