recruiting

Quando la selezione del CIO diventa un problema di rischio (non di recruiting)



Indirizzo copiato

La scelta di un direttore IT continua a essere guidata da job description ipertecniche e criteri poco realistici. Un approccio che oggi non funziona più: il costo di una selezione sbagliata non coincide più con quello del recruiting, ma con il costo del rischio

Pubblicato il 19 dic 2025

Roberto Zanna

Fractional & Temporary Manager, IT Advisor



Shutterstock_2459344743

Negli ultimi anni mi capita sempre più spesso di affiancare aziende alle prese con una delle sfide più delicate – e al tempo stesso più sottovalutate – della governance IT: la selezione di un IT Manager o di un CIO.

Una complessità che nasce da un paradosso ricorrente. Le competenze necessarie per valutare correttamente un candidato sono spesso le stesse che mancano all’interno dell’organizzazione.

In assenza di una reale capacità di lettura del profilo, il processo di selezione finisce per appoggiarsi a criteri formali, elenchi di tecnologie e requisiti generici, più che a una valutazione sostanziale dell’aderenza al contesto aziendale.

Il risultato? Job description lunghissime, tecnologie da “spuntare” e richieste che sommano aspetti infrastrutturali, applicativi, di cybersecurity, project management ed ERP, come se un singolo professionista dovesse incarnare l’intero perimetro dell’IT aziendale.

Il vero nodo: non sapere cosa serve davvero

Il problema non è tanto la difficoltà di trovare profili validi, quanto la scarsa chiarezza su ciò che serve veramente. Nelle aziende di medie dimensioni, in particolare, si ripetono spesso alcune dinamiche:

  • manca una figura interna senior in grado di valutare in profondità i CV;
  • i candidati vengono giudicati prevalentemente sulla base di parole chiave tecniche;
  • vengono trascurati aspetti strategici come governance, priorità e capacità di guidare il cambiamento;
  • i processi di selezione risultano sproporzionati rispetto alla reale maturità digitale dell’organizzazione.

Il rischio di tutto ciò? Assumere la persona “più tecnica”, ma non quella più adatta a quell’azienda, in quello specifico momento della sua evoluzione.

Quando una selezione sbagliata diventa un problema di rischio

Se in passato una scelta errata in ambito IT poteva essere considerata un “inconveniente” gestibile, oggi non è più così. L’impatto di una selezione non allineata è cresciuto in modo significativo, sia per la pervasività dell’IT nei processi di business, sia per l’aumento delle responsabilità normative e di sicurezza.

Le conseguenze possono essere rilevanti:

  • rischi di cybersecurity, con vulnerabilità non gestite, incidenti evitabili e possibili esposizioni a ransomware o data breach, con impatti economici e reputazionali;
  • non conformità normative, in un contesto che include NIS2, GDPR, ACN e audit sempre più frequenti;
  • progetti critici compromessi, dall’ERP al cloud, fino alle infrastrutture, con errori di visione che possono tradursi in costi molto elevati;
  • turnover anticipato, che costringe a ripetere il processo di selezione dopo pochi mesi, moltiplicando costi diretti e indiretti;
  • perdita di competitività, perché un IT che rallenta finisce per rallentare l’intero business.

La verità è che oggi il costo di una selezione sbagliata non coincide più con quello del recruiting, ma con il costo del rischio. Un rischio che molte aziende continuano a sottovalutare perché prive degli strumenti per misurarlo in modo concreto.

Un approccio più strutturato alla selezione dei ruoli IT

Negli ultimi anni, alcuni head hunter hanno iniziato a riconoscere questa criticità e a rivedere i propri modelli operativi. L’obiettivo è costruire processi di selezione più realistici, sostenibili e coerenti con il contesto tecnologico e organizzativo delle aziende.

Un primo passo è rappresentato da un assessment tecnico iniziale, condotto da una figura ICT senior indipendente. Questa fase consente di chiarire quali competenze servano realmente, quali priorità tecnologiche siano realistiche e quali capacità siano necessarie nell’immediato rispetto a quelle sviluppabili nel tempo.

A questo segue spesso un periodo di transizione di tre-quattro mesi, durante il quale l’azienda lavora per mettere ordine ai processi IT, chiarire obiettivi e responsabilità del ruolo, definire indicatori di valutazione più coerenti e acquisire maggiore consapevolezza dei propri vincoli tecnici e organizzativi. Un passaggio che riduce in modo significativo il rischio di assumere la persona sbagliata per il ruolo giusto.

Solo a questo punto prende avvio una selezione più concreta, basata su una job description essenziale e comprensibile, criteri di valutazione chiari e un supporto tecnico nella lettura dei CV e nella conduzione dei colloqui. Il processo risulta più rapido, mirato e, soprattutto, più tutelante per l’azienda.

La selezione non finisce con la firma del contratto

Un ulteriore elemento spesso trascurato riguarda la fase successiva all’assunzione. È nei primi 90 giorni che si gioca gran parte del successo – o del fallimento – di un nuovo IT Manager.

Per questo motivo, alcune aziende scelgono di estendere la collaborazione includendo un periodo di affiancamento e onboarding operativo. Un supporto che aiuta il nuovo responsabile IT a orientarsi nel contesto aziendale, chiarire priorità e perimetro del ruolo, evitare fraintendimenti iniziali e garantire continuità rispetto al lavoro svolto nella fase di transizione.

Un onboarding qualificato riduce in modo significativo il rischio di turnover precoce e contribuisce a creare le condizioni per una produzione di valore più rapida e sostenibile, a beneficio sia dell’azienda sia del professionista inserito.

guest
0 Commenti
Più recenti Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati