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Le 3 sfide del CIO moderno



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Gestione tecnologica, partnership di business, gestione del team: lungo queste direttrici si dipana il lavoro del direttore IT “equilibrista” che deve cambiare pelle e passare da un approccio “solution driven” a “business driven” 

Pubblicato il 13 mag 2025



CIO moderno

Ormai è ovvio, con la tecnologia bisogna fare i conti sia che la si subisca sia che la consideri un’opportunità. 

La tecnologia è uno dei motori che guida l’innovazione e la crescita aziendale e il Chief Information Officer (CIO) sta diventando una figura chiave nella definizione delle strategie aziendali, contribuendo direttamente alla trasformazione digitale e alla competitività sul mercato.

CIO: una parola per molti significati

Il ruolo del CIO non ha la stessa fisionomia in tutti i contesti ma si declina in mille modi in relazione alle caratteristiche dell’azienda in cui opera, le dimensioni, il settore di appartenenza, la maturità tecnologica, l’area geografica e anche l’interpretazione data dalla persona che lo ricopre.

Nelle grandi aziende ha spesso un ruolo più di orientamento strategico rispetto alle medio-piccole dove è forzatamente più assorbito da attività più tattiche e quotidiane.

Il CIO di una grande banca (probabilmente “ossessionato” dalla cybersecurity) ha un’agenda molto diversa da quella di una realtà industriale/logistica (focalizzata sull’efficienza ed efficacia dei processi). Anche l’area geografica (mondo latino vs. anglosassone) e la cultura aziendale danno al ruolo caratteristiche profondamente diverse. E poi naturalmente come ciascuno interpreta il ruolo ha una significativa rilevanza sulle caratteristiche del ruolo stesso: una manager orientato al business, per esempio, darà al ruolo un’impronta molto diversa rispetto a chi ha un background più infrastrutturale. E di esempi se ne potrebbero fare molti altri. 

Qualche cenno storico

Il CIO ha tradizionalmente avuto un ruolo principalmente tecnico e fortemente orientato alla gestione dell’infrastruttura. Se si esclude il settore Tech, raramente in passato era considerato parte della strategia aziendale quasi mai partecipando e alla determinazione del destino dell’azienda.

Quando il “cloud” era ancora qualcosa di bianco con forme bizzarre da ammirare nel cielo azzurro il CIO era responsabile del corretto funzionamento dell’infrastruttura (es. reti, PC, server, stampanti ecc.) e della sua “availability”. In sintesi, la sua missione era essere “trasparente” e creare meno interruzioni possibili al business.

Tante cose sono cambiate a volte in modo più lento a volte più disruptive (dalla rivoluzione dot-com alla ormai arcinota AI) che hanno cambiato profondamente le persone e le aziende.

Forse per la prima volta con la rivoluzione dot-com degli anni ’90 ci si è resi conto che la tecnologia è essenziale per la sopravvivenza e crescita dell’azienda. Il CIO ha quindi cominciato a partecipare delle decisioni strategiche. L’IT non solo come “funzione di staff” ma come opportunità e abilitatore di business. Il tecnico gradualmente si sta trasformando in manager corresponsabile dei risultati aziendali.

Le 3 responsabilità del CIO

Oggi il CIO manager ha tre responsabilità principali: gestione tecnologica, partner di business, gestione dei team.

Tecnologia: da gestione infrastrutturale a evoluzione continua

Le tecnologie presenti in azienda sono numerose, non sempre “state of the art”. E vanno gestite e fatte evolvere scontrandosi spesso anche con la scarsità di risorse e budget.

Il viaggio verso il “cloud only” è irto di insidie e difficoltà (ammesso e non concesso che abbia sempre senso) e le tecnologie vanno necessariamente anche fatte convivere senza mai dimenticare che, belle o brutte, sono al servizio dell’operatività che deve essere sempre garantita.

Inoltre i team di sistemisti e programmatori spesso non sono più solo interni, il che induce decisioni di “make or buy”.

Nell’agenda di un CIO c’è sempre una voce “migrazione”, che sia applicative o infrastrutturale, che non è più un evento one off ma parte dell’evoluzione costante.

Infine, la cybersecurity. I rischi legati di attacchi informatici sono ogni giorno più rilevanti. Bisogna proteggersi sia dal punto di vista tecnologico ma soprattutto bisogna proteggersi da phishing e ransomware e da comportamenti poco accorti.

Business: l’automazione come motore di crescita

La vera sfida che abbiamo davanti, quella che davvero può cambiare il lavoro e le aziende dal profondo, è quella di automatizzare i processi attraverso la tecnologia.

L’obiettivo è demandare alla tecnologia (“agentica”) la gestione della parte ripetitiva dei processi, automatizzare e rendere intelligente i “copia e incolla” (quante volte lo facciamo al giorno…) e automatizzare il controllo dei flussi di lavoro attraverso una forte integrazione tra sistemi. Demandare invece alle persone la sola gestione delle eccezioni allontanandole il più possibile da “Fordismi” che creano alienazione e frustrazione.

L’unico modo di trasformare i processi è passare attraverso la loro conoscenza e alla capacità di innovazione attraverso la tecnologia. Nelle aziende, specialmente in quelle di grandi dimensioni, esistono molti processi decisi in passato che non è chiaro se hanno ancora la lore ragion d’essere (“si è fatto sempre così”).

Il CIO è un ruolo centrale in questa rivoluzione.

Al CIO oggi non può mancare una profonda conoscenza dei processi aziendali, sia operativi che amministrativi che finanziari perché ogni area aziendale è impattata da una profonda trasformazione tecnologica. Da un lato bisogna migliorare i processi rendendoli più efficienti e dall’altro bisogna abilitarne di nuovi per crescere.

La conoscenza del business deve essere

  • Dettagliata, perché la tecnologia ha bisogno di regole precise e dettagliate,  
  • Completa, per evitare di rendere efficiente un’area e peggiore un’altra,  
  • Manageriale, per valutare la priorità e gli impatti economici delle scelte,  
  • Commerciale, perché le innovazioni hanno bisogno di essere “comprate” all’interno e all’esterno dell’azienda,  
  • Innovativa, perché a volte bisogna rompere lo status quo con cambiamenti disruptive. 

Perché tutto ciò avvenga è essenziale anche che il CIO cambi pelle e passi da essere “solution driven” a “business driven”. Deve passare da chi rilascia soluzioni tecnologiche software e hardware a chi disegna e implementa soluzioni che migliorano l’azienda. Un cambio di pelle non da poco che richiede capacità di innovazione non indifferente ma che è essenziale fare.

È destinato a finire il CIO “general purpose” che andava bene per tutte le aziende e per tutti i business verso una figura che si specializza per uno specifico settore e/o dimensione aziendale.

Management: nuove sfide gestionali

Il CIO manager non è più una scelta.

Il team di lavoro è sempre più distribuito e spesso appartenente a organizzazioni diverse. La gestione è complessa e richiede un cambio radicale di paradigma di gestione delle risorse, dell’organizzazione del lavoro, degli orari di lavoro e della flessibilità a cui specialmente i Millennials e la generazione Z non sono disposti a rinunciare. Spesso le risorse appartengono a fornitori esterni che possono essere gestite solo attraverso la definizione di obiettivi e SLA. Il micro management sta lasciato il posto ad un macro management strutturato.

L’organizzazione a matrice delle grandi aziende introduce un ulteriore elemento di complessità. Team locali sono spesso dedicati alla gestione operativa e team corporate alla gestione strategica e di prodotto. Questo crea sicuramente parcellizzazione della gestione a volte in conflitto con la parte operativa che, per definizione, deve essere veloce e reattiva.

Il CIO alla fine è un “equilibrista” tra esigenze di varie parti dell’organizzazione tenute insieme dalla tecnologia, tra spinte all’innovazione ed esigenze di stabilità e solidità, tra esigenze di marketing e gestione operativa, tra pubblicità tecnologica e gestione dei suoi rischi.

Siamo quindi di fronte ad un cambio di paradigma culturale sia dentro che fuori dalle aziende. Una rivoluzione che presuppone un’evoluzione di approccio nei confronti della tecnologia non da subire ma, come tutti gli strumenti, da usare bene. La tecnologia non è né buona né cattiva, dipende solo da noi come decidiamo di servircene.

Il CIO ha ancora una volta un ruolo centrale in questo cambio culturale perché assume il ruolo di “evangelizzatore” della cultura tecnologica, un ruolo di demolitore degli scenari apocalittici che appaiono sui giornali, un ruolo di chi ha in mano l’onere e l’onore di governare un fenomeno (e.g. come l’AI).

Ma alla fine sta a ciascuno di noi decidere come affrontare questa rivoluzione: se accogliendola come un’opportunità o farcela scoppiare tra le dita.

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