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Ecco le figure professionali IT necessarie per la ripartenza

PageGroup ha indagato quali sono le figure professionali su cui le aziende stanno puntando e dove stanno investendo per il post Covid

Pubblicato il 03 Mag 2021

PageGroup

A un anno dall’inizio della pandemia PageGroup ha intervistato 1.160 aziende europee al fine di indagare come abbiano reagito alla crisi causata dall’emergenza Covid-19 e le figure professionali che risultano per loro più interessanti. Le aziende italiane coinvolte nell’indagine sono state 250 C-level di piccole, medie e grandi dimensioni in Italia e dalla survey emerge che a causa della crisi sanitaria, la trasformazione digitale è diventata la chiave per la funzionalità e la sopravvivenza delle aziende, che hanno esplorato altri modi di lavorare e di relazionarsi con i loro clienti.

Quanto è prioritaria la tecnologia?

La velocità con cui affrontano le esigenze del mercato è direttamente legata alla dimensione dell’organizzazione. Secondo l’indagine, prima della pandemia l’innovazione e la tecnologia erano una priorità per il 43% delle piccole imprese (fino a 50 dipendenti), il 47% di quelle medie (dai 50 ai 250 dipendenti) e il 57% di quelle di grandi dimensioni (oltre i 250 dipendenti). In seguito all’emergenza sono diventati una top priority per il 63% di piccole e grandi imprese e per il 67% di quelle di medie dimensioni. La media nazionale delle aziende che vedono gli investimenti tech come una priorità si attesta quindi al 64%, contro quella europea ferma al 58%.

Investimenti che hanno portato anche a ripensare alla struttura dell’organizzazione aziendale, in cui dovranno essere inserite giocoforza sempre più figure tecnologiche alla guida del cambiamento.

Quali figure professionali interessano oggi alle aziende?

PageGroup ha quindi indagato quali sono le figure su cui le aziende stanno puntando maggiormente per affrontare queste sfide e quali di queste, ad oggi, sono già presenti all’interno dei team di lavoro.

La figura del CTO (Chief Technology Officer), già arruolato dal 63% delle nostre aziende, in linea anche con la media europea (62%).

Crescente importanza viene invece riconosciuta alla gestione dei dati: il 40% delle aziende italiani ha un Data Analyst nell’organico (45% in Europa) e il 44% un IT Business Analyst (stessa percentuale a livello europeo). Data e BI si confermano un trend strategico per le aziende.

“Oggi la creazione di valore non può non passare attraverso un uso sempre più strategico dei dati, i quali vanno prima protetti e poi soprattutto monetizzati al fine di conseguire un reale vantaggio economico e competitivo”, ha affermato Fabrizio Travaglini Senior Executive Director di PageGroup.

Quali sono le maggiori aree su cui investiranno le aziende italiane nel prossimo futuro?

La relazione con i propri clienti sembra essere la prima necessità delle nostre imprese, che per il 44% investirà infatti nella digitalizzazione dei servizi di customer relation e CRM/ERP. Una tendenza dovuta anche al fatto che il 30% delle aziende italiane ha riscontrato difficoltà su questo fronte nell’ultimo periodo e la ragione potrebbe risiedere nel fatto che solo il 33% delle nostre aziende ha un CRM Manager all’interno del proprio team, figura chiave per la definizione delle strategie di relazione con i clienti sempre più omni-channel, in modo da aumentarne la fedeltà.

Secondo i dati del sondaggio, anche l’investimento nel talento è quindi stato aggiunto alla lista delle priorità, che segue di pari passo le principali aree di investimento.

Un ulteriore punto emerso dall’indagine di PageGroup riguarda il tema della cybersecurity. Infatti, nonostante il numero di attacchi informatici sia in forte incremento, gli investimenti sulla sicurezza non sono ancora percepiti come una priorità da parte di molte aziende: solo il 17% per quelle di piccole dimensioni e il 29% di quelle medie. Più consapevoli invece le aziende maggiormente strutturate, per le quali gli investimenti in cybersecurity sono pianificati nel 46% dei casi.

Per quanto riguarda le maggiori difficoltà rilevate nell’ultimo periodo, la maggiore è stata quella di conquistare nuove fette di mercato, riscontrata dalle aziende di tutte le dimensioni. Quasi la metà delle realtà intervistate (47%) ha infatti rimarcato la grande sfida di creare occasioni di new business durante l’ultimo periodo. Quelle a soffrire di più sono state le imprese di medie dimensioni (51%), seguite dalle piccole (46%) e infine dalle grandi realtà (43%).

Ma come si sono adattate le aziende italiane alla nuova situazione? Quelle di piccole dimensioni sono quelle che hanno dovuto affrontare maggiormente una rivoluzione per far fronte all’emergenza: infatti, il 43% ha diversificato il proprio business model, contro il 37% delle medie e il 30% di quelle di grandi dimensioni. Situazione ribaltata se parliamo di remote working, adottato dal 54% delle grandi aziende, dal 40% delle medie e dal 37% delle piccole.

“Il settore IT e Digital – secondo Fabrizio Travaglini, Director della divisione Technology di PageGroup – sta definendo una svolta nelle strategie di business delle aziende di tutte le dimensioni. L’investimento nella trasformazione digitale e nei talenti sarà vitale per le organizzazioni, poiché questo definirà in larga misura la loro capacità di adattarsi alle esigenze del mercato, e quindi il loro successo. I leader devono avere il partner giusto per questo, qualcuno che comprenda le richieste del settore e che possa aiutarli a trovare i profili di cui ogni azienda ha bisogno”.

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