ZeroUno: Che ruolo ha Linux nella strategia Ibm?
Wasko: Premetto che Linux è un sistema straordinario, molto adattabile: gira su ambienti e macchine diverse, dai dispositivi di regolazione del traffico ai mainframe delle grandi banche, dalle applicazioni per mobile ai super-computer, dalle applicazioni business per la gestione dei database fino ai prodotti basati su tecnologie web. Abbiamo iniziato a collaborare, in una logica sperimentale, con le comunità di sviluppo dal 1999, quando Linux era già un sistema operativo completo, ma poco diffuso in ambito business. Con il laboratorio Ltc (Linux Technology Center) abbiamo lavorato per rafforzare il potenziale di Linux come alternativa efficace, dal punto di vista dei costi, per le applicazioni strategiche per il business nelle imprese di tutte le dimensioni. Quando abbiamo valutato che la tecnologia fosse matura abbiamo inserito Linux nei prodotti Ibm, ampliandone la portata e coinvolgendo i nostri clienti.
Oggi Linux è una tecnologia chiave in ogni area di elaborazione; come Ibm siamo stati coinvolti in 150 progetti e contribuito a più di 500 brevetti, con oltre 600 ricercatori impegnati. Oggi tutta la nostra offerta monta Linux, dalla fascia alta, rappresentata dai System Z, fino ai server di fascia intermedia [come anche i System X ceduti recentemente a Lenovo nrd]
La scelta Linux è fondamentale per rispondere alle sfide che le più recenti evoluzioni, come la crescita delle applicazioni digitali, il mobile, i big data, i social network, pongono alle aziende. Per affrontarle proponiamo una chiave open (open standard, open architecture e open source) che consente di accelerare l’innovazione, l’integrazione e le possibilità di scelta per i clienti.
Zerouno: Linux rappresenta per Ibm un componente chiave anche nel passaggio al cloud? Può parlarci anche della partecipazione di Ibm nell’iniziativa OpenStack?
Wasko: Il 57% delle imprese usa qualche forma di cloud per aumentare l’efficienza delle infrastrutture e aumentare la competitività; ma visto che nei data center ci sono ancora vecchi server, se ne devono aggiungere nuovi in una rincorsa di investimenti senza fine, con il rischio di frenare l’evoluzione al cloud. L’opzione Linux consente invece un nuovo approccio aperto e personalizzabile, che può sostenere i carichi di lavoro crescenti che il cloud computing impone, con investimenti contenuti e un basso Tco. Un caso esemplare, è quello della banca di credito cooperativo brasiliana Sicoob, che ha risparmiato 1,5 miliardi di dollari, supportando una crescita molto rapida, grazie all’impiego di tecnologia mainframe Ibm basata su Linux, un sistema intrinsecamente energy saving, caratterizzato da un nucleo estremamente semplice.
Con l’obiettivo di accelerare l’adozione del cloud ci siamo guardati attorno e abbiamo trovato un sistema open source come OpenStack già dotato dei componenti chiave necessari. [OpenStack è una comunità formata da quasi 13mila persone, fra tecnologi, ricercatori, sviluppatori ed esperti di cloud computing a cui aderiscono importanti aziende del mondo It, sia hardware che software, oltre ai principali distributori Linux come Suse e Red Hat nrd]. Abbiamo così deciso di aderire e contribuire.