Rfid: l’efficienza aumenta purchè…

L’Rfid vanta oggi alcune applicazioni consolidate, molte sperimentali e tantissime "futuribili". Ma qual è l’approccio più efficace a questa tematica? Quali i problemi e quali gli sviluppi? ZeroUno lo ha chiesto a un panel di aziende operanti in questo ambito e che, su questa tecnologia, puntano molto

Pubblicato il 02 Giu 2005

Moda, efficienza, contenimento dei risparmi, dinamicità, flussi più snelli, sicurezza. Cosa c’è dietro al “successo” delle tecnologie a radiofrequenza tra le aziende? È innegabile che le tecnologie a radiofrequenza per l’identificazione automatica delle merci generino efficienza, informazioni in tempo reale, flessibilità e sicurezza, però, è anche vero che il mercato non è ancora decollato, nel senso stretto dei grandi numeri. Molti sono i progetti pilota in corso, ma a fare da freno continuano a essere temi non di secondaria importanza come la definizione di standard, le questioni legate alla privacy, alla standardizzazione, all’analisi costi – benefici e i prezzi ancora elevati per tag e affini.
Insomma, sembra di essere davanti a un bambino prodigio che non ha ancora espresso tutte le sue potenzialità. Allora cerchiamo di capire, attraverso i risultati del lavoro dell’Osservatorio Rfid School of management Politecnico di Milano (2004-2005), qual è la realtà attuale e quali sono le attese innescate dalle tecnologie basate su radio frequenza.

Diversi livelli di maturità
L’Osservatorio ha esaminato un centinaio di organizzazioni italiane (sia imprese private sia pubblica amministrazione) coinvolte in progetti Rfid, con applicazioni esecutive, progetti pilota, sperimentazioni tecniche o studi di fattibilità, per un totale di 180 tra applicazioni e progetti.
Dall’analisi emerge che vi sono almeno tre diversi gradi di maturità: “Ambiti applicativi consolidati, sperimentali e futuribili”, spiega Alessandro Perego, professore di logistica e supply chain. “Nel primo caso troviamo il controllo dell’avanzamento di produzione negli stabilimenti, la bigliettazione elettronica nel trasporto pubblico locale, il controllo accessi e il ticketing, il sistema telepass sulle autostrade, e ancora l’identificazione e il controllo degli animali di allevamento. Quando si parla di sperimentali s’intendono poche applicazioni già in fase esecutiva, spesso implementate a scopo di apprendimento e molti progetti pilota o sperimentazioni tecniche: la logistica di magazzino e il trasporto merci, la gestione di asset, l’identificazione dei pazienti in ambito ospedaliero. In questi ambiti sperimentali le tecnologie Rfid hanno già dimostrato la loro validità in contesti specifici e la sperimentazione è volta a comprendere meglio le possibili estensioni. Gli ambiti applicativi che abbiamo definito futuribili, lo sono in quanto il valore delle tecnologie Rfid è già stato, almeno in parte, immaginato per progettare le soluzioni tecnologiche o gestionali che diano concretezza al concept stesso. Appartengono a questa tipologia le applicazioni di supporto alla gestione dei punti di vendita, la tracciabilità delle merci nei beni di largo consumo e nella filiera del farmaco, le applicazioni volte a potenziare le funzionalità di un prodotto. In quest’ambito ci sono prototipi non ancora ingegnerizzati”.
Per quanto riguarda il grado di pervasività lungo la catena del valore, finora, secondo lo studio dell’Osservatorio, ben poche applicazioni impattano più aree funzionali all’interno della stessa organizzazione e ancora di meno su più imprese/attori all’interno di una filiera: “Dunque, è ragionevole attendersi in futuro una maggiore consapevolezza delle opportunità che derivano da un approccio sistemico. In molti ambiti applicativi le potenzialità si potranno dispiegare soltanto con scelte collettive da parte di un insieme di organizzazioni, di un’intera filiera, di una nazione o della comunità internazionale. Per arrivare a questo punto sono importanti la tempestività e il contenuto delle decisioni delle imprese e delle istituzioni collegiali, come associazioni di categoria, legislatore, authority e altro ancora”, conclude Perego.
Nei prossimi due o tre anni, sempre secondo l’analisi dell’Osservatorio, si evidenzieranno più chiaramente le opportunità che possono derivare dalla convergenza e dall’integrazione di tecnologie Rfid con le potenzialità del mobile e wireless e della sensoristica distribuita.

Quale approccio
E per aggiungere dinamicità e flessibilità a una catena logistica, quali sono i passaggi necessari? ZeroUno lo ha chiesto ad alcuni protagonisti del mercato Rfid.
“Tante volte il non considerare appieno un progetto o concentrarsi su ‘gadget’ tecnologici ha portato ad approcciare l’Rfid in maniera sbagliata

– dice Enrico Polacco Rfid manager Deloitte –
gli utenti prima devono capire se per le loro esigenze l’Rfid è una strada perseguibile, oppure no. Occorre quindi avviare un vero progetto pilota, ma non come solitamente è proposto: in un contesto piccolo e limitato. Per ottenere lo snellimento delle procedure logistiche e definirne il loro valore, bisogna arrivare a una elaborazione e gestione dei dati generati dall’Rfid in real time”.

Fabio Della Lena, Rfid manager Ssa Global Italia ritiene che l’Rfid renda “più dinamica la catena logistica, poiché rende disponibili informazioni maggiori in tutti i punti della catena stessa, così come permette di individuare un oggetto in qualsiasi punto. Ma la rende anche più sicura, perché le informazioni possono essere criptate all’interno del tag”.
Sicurezza e dinamicità all’interno della supply chain sono elementi importanti anche per

Maria Paola Lovesio, solutions business unit manager Sap Italia, la quale sottolinea che “la sicurezza è un elemento critico per molte imprese, basti pensare alle possibilità di difesa che l’Rfid introduce in azienda nei confronti dei prodotti contraffatti, o ancora alla possibilità di tracciare un prodotto in tutte le sue fasi di movimentazione. La dinamicità è implicita, in quanto la catena logistica diventa sempre più un elemento centrale per il business, che genera valore e informazioni che possono aiutare le aziende a gestire meglio la loro attività e la loro organizzazione”.
Recuperare efficienza e affidabilità è una delle finalità dei sistemi Rfid, come spiega

Gaetano Sodo, partner Ibm Italia Business Consulting Services, “in quanto si controlla l’avanzamento della merce lungo tutta la catena del valore in tempo reale, senza movimentare più manualmente. A tendere, l’Rfid porterà maggior controllo ed efficienza, ma anche sicurezza, in quanto è in grado di aiutare a risolvere quelle problematiche (contraffazione, mercati paralleli) che, finora, le aziende non sono riuscite a debellare”.
Controllo in tutte le parti della catena e informazioni in tempo reale lungo l’intera supply chain sono alcuni dei punti di forza che

Oscar Gridavilla, responsabile business development soluzioni mobili Oracle Italia, sottolinea quando si parla di maggiore dinamicità e sicurezza della supply chain in presenza di sistemi Rfid: “Se le informazioni vengono fornite in tempo reale si possono introdurre in tempo reale anche decisioni correttive o azioni di business, in modo che si possa far fronte a qualsiasi evento incida sulla catena del valore aziendale”.
Un nuovo modello di catena del valore è quello che esce dalle parole di

Giuseppe Marengon, manufacturing marketing manager di Hp Italia: “È quello che Hp definisce con il termine ‘adattivo’, che esprime i concetti di sicurezza, stabilità e dinamicità. Elementi che rendono la supply chain più sicura e dinamica perché si conosce meglio l’evolversi dei processi interni a un’azienda, inoltre l’Rfid consente di equilibrare l’ultilizzo delle risorse all’interno della supply chain”.
“Esiste una serie di processi che sono Rfid enabled – commenta

Nello Pepe, supply chain & customer management director of development Txt e-solutions – ma i vantaggi rischiano di non essere immediati se non si introducono cambiamenti organizzativi all’interno delle aziende”, Pepe afferma quindi che l’Rfid è sicuramente una tecnologia abilitante per la supply chain, ma i vantaggi sono difficili da acquisire se l’azienda non ha fatto proprie quell’agilità e quella flessibilità indispensabili per saper cogliere un’opportunità come quella fornita dall’Rfid, reagendo rapidamente ai cambiamenti organizzativi che essa richiede.
“Un fattore abilitante nella riduzione dei costi, in quegli ambiti dove la sicurezza è un elemento fondante”,

Massimo Vapori, direttore core solutions consultant Gruppo Pro descrive così i benefici che l’Rfid può apportare alla supply chain, ma specifica: “Bisogna però anche abbracciare il modello collaborativo di condivisione del dato, un processo che può aiutare tutti gli attori di una catena logistica a migliorare la loro capacità di business”.
“L’automazione dei processi con l’Rfid garantisce un controllo costante sui diversi passaggi della merce – afferma

Sabrina Corti, industrial manager Rfid Microsoft Italia – che sono fissi e quindi consentono una tracciabilità costante. L’Rfid è sicuramente ritenuta dalle aziende un forte elemento di competitività che introduce un nuovo concetto di dinamicità, sicurezza e tracciabilità lungo tutta la catena del valore logistico”.

Rischio boomerang
È innegabile però che la mole di dati generati dai sistemi Rfid possa trasformarsi in un boomerang, se non si gestisce adeguatamente il loro impatto e trasformazione in informazione.
“La gestione del dato generato da sistemi a radiofrequenza – continua Polacco – è spesso sottovalutata, poiché si pensa che possano essere gestiti come gli altri dati presenti in azienda. Per quanto riguarda la codifica delle informazioni ci sono correnti di pensiero molto diverse: negli Usa, per esempio, si programma un tag ‘stupido’ con dati a livello di database. È un approccio che sfrutta i modelli che già esistono e ha un minor impatto, perché semplicemente sostituisce il codice a barre con l’Rfid. L’altra logica riguarda la memorizzazione del dato sul tag, consentendo di sfruttare al massimo i benefici a livello periferico, o meglio a livello del singolo oggetto che si movimenta. È un modello applicativo distribuito, dove veramente si può gestire il dato in real time”.
Non è della medesima opinione Ssa Global: “La gestione del dato acquisito è paragonabile ai progetti più tradizionali, come il codice a barre – dice Della Lena – l’unica differenza è la gestione a letture multiple. Dal punto di vista dell’integrazione del dato all’interno del flusso informativo dell’azienda non ci sono grandi problemi in quanto si utilizzano le normali piattaforme di integrazione. A livello di quantità di dati da gestire, invece, potrebbero esserci delle problematiche; è fondamentale perciò che le aziende capiscano quali informazioni sfruttare per trasformarle in valore”.
È anche opinione di Sap che le informazioni possano diventare un elemento critico, però come spiega Lovesio: “Occorre stabilire quale tipo di dati si vogliono elaborare per non immagazzinarne moli ingenti, che a loro volta possono determinare difficoltà di gestione. Individuare quali siano le informazioni utili al proprio business diventa un elemento di differenziazione e di competizione rispetto alla concorrenza. In questo modo è possibile individuare gli elementi che possono concorrere alla generazione di informazioni, di modelli e di analisi che prima non era possibile avere a disposizione”.
“Il controllo e la gestione delle informazioni generate da un sistema Rfid può essere una problematica, ma è anche è un’opportunità, in quanto si recupera efficienza all’interno della supply chain – afferma Sodo -. Un sistema di reperimento dei dati nell’Rfid si compone di diversi livelli, che generano dati grezzi da trasformare in informazioni fruibili. Si ha quindi bisogno di sistemi middleware che possano fare da collante tra i tag e i reader e le applicazioni gestionali. I sistemi transazionali, quindi, devono essere adeguati e aggiornati al ricevimento dei dati. Infine, sono necessari strumenti a supporto delle decisioni, che consentano di utilizzare dei Kpi (Key Performance Indicator) per ciascun passo della value chain”.
Gridavilla ritiene che siamo in presenza di un aspetto non critico, ma certamente non trascurabile: “Il valore dell’Rfid non è tanto insito nell’identificazione che consente, quanto nel valore dei dati che genera e cattura. Di conseguenza, si generano informazioni in punti della catena prima impensabili. In realtà, nell’Rfid si riscontra un vero valore di business, l’importante è avvalersi di una valida architettura che possa facilitare il compito della gestione delle informazioni. Come del resto è anche importante l’integrazione dei dati all’interno delle applicazioni presenti in azienda”.
“Due delle principali differenze tra l’Rfid e le tecnologie precedenti riguardano la generazione in modo automatico delle informazioni e l’utilizzo ai fini della valutazione del business grazie alla disponibilità di informazioni granulari – spiega Marengon -. È necessario disporre di un sistema di Kpi che consenta di leggere e capire, nel volume di dati, quali sono gli elementi riconducibili al business. Di conseguenza, è fondamentale definere la metodologia (come sta facendo Hp) di Kpi con cui misurare l’efficienza lungo tutta la catena, quindi in tutti i processi interni. Senza dimenticare il concetto di tempo reale: la disponibilità di informazioni che possono incidere in real time sul business, introduce la necessità di agire con azioni correttive e decisioni in continuazione e proprio nel momento in cui l’evento sta accadendo”.
Chiarire quale processo di business andare a migliorare è l’obiettivo primario che le aziende si devono porre: “Se si pensa di costruire un database dove far confluire le informazioni generate dall’Rfid – dice Pepe – e poi si pensa di individuarne l’utilizzo, è un approccio sbagliato perché con la radiofrequenza è possibile attivare processi aziendali diversi rispetto al passato. Senza dimenticare che alcune catene logistiche si prestano più di altre all’applicazione di sistemi Rfid, di conseguenza non è sufficiente un approccio standardizzato; occore avviare approcci verticali che abilitino sia i processi sia la trasformazioni in valore dei dati Rfid. Per una gestione corretta di questi dati bisogna basarsi su una architettura e su un middleware con i quali sia possibile procedere a filtrare i dati, per far passare le informazioni che realmente devono essere correlate alle informazioni di middleware e assicurare così strati di intelligenza distribuita”.
Una gestione che consideri tutti questi aspetti è più che mai auspicabile anche per Vapori: “Il focus deve essere spostato su progetti di business intelligence per gestire le informazioni e trasformarle in valore di business”.
Infine: “Per gestire in modo adeguato i dati generati dai tag bisogna realizzare due livelli di integrazione: il primo è tra gli strumenti Rfid e il secondo a livello di integrazione di back office nel sistema aziendale; fondamentale è che l’output sia standard (Xml, per esempio)”, conclude Corti.

Il marketplace per i beni di largo consumo
Le soluzioni per la gestione dei flussi informativi relativi alla supply chain e destinate alle aziende attive nel settore dei prodotti di largo consumo si arricchisce della proposta Accenture. Si tratta di una soluzione che è offerta attraverso i servizi, gli specialisti e gli asset di Cpgmarket.com, il portale acquisito da 26 società, tra cui spiccano nomi come Nestlé, Danone, L’Oréal, Henkel e Sap.
La nuova offerta va a integrarsi con i servizi in outsourcing e la consulenza Accenture ed è costruita su sofware Sap e WebMethods. In pratica, è una piattaforma per la collaborazione e la connettività tra produttori e fornitori di prodotti di largo consumo.
“Cpgmarket rappresenta un modo per Accenture di offrire servizi in maniera diversa – introduce Paolo Rangone, senion manager supply chain Accenture Italia – ma ci sono anche dei cambiamenti proprio per Cpgmarket. Infatti, in passato era una soluzione proposta direttamente dagli attori del mercato, di conseguenza la struttura era piccola. Grazie all’accordo con Accenture la situazione si è molto modificata: una società che apporta le sue capacità e la sua esperienza e viene percepita dal mercato come garanzia di neutralità. Un altro aspetto molto importante relativo al cambiamento riguarda l’integrazione di Cpgmarket in un’offerta più complessiva nell’ambito dell’approvvigionamenti degli acquisiti – continua Rangone. – Va anche detto, però, che l’accordo introduce cambiamenti anche per Accenture, la quale dispone di uno strumento che si identifica con elementi concreti e apprezzati dal mercato, ma che si differenzia dalle proposte di altre società di consulenza – .
Il target di Cpgmarket sono i produttori di beni di largo consumo: “La piattaforma è sviluppata sui maggiori standard e si suddivide in due servizi. Il primo è relativo all’e-sourcing, per svolgere le richieste di informazioni su quotazioni e aste per forniture non strategiche. Il secondo, di e-supply chain consente di gestire in maniera digitale i flussi tipici della gestione della supply chain. Il beneficio principale della standardizzazione dei processi nell’approvvigionamento porta guadagni sia sul lato efficienza sia su quello della gestione”, conclude Rangone.


Psion Teklogix: device, partnership e competenze per l’Rfid
Specializzata nello sviluppo e nella produzione di soluzioni di mobile computing, Psion Teklogix è una società fortemente impegnata nell’introduzione della tecnologia Rfid: “Le aziende vedono spesso nel Rfid semplicemente un replacement del codice a barre, ma per noi è molto di più perché offre opportunità molto maggiori. Nel contempo, non è necessariamente sostitutivo del codice a barre perché le due tecnologie possono efficacemente integrarsi”, spiega Andrea Piazza, Isg coordinator manager di Psion Teklogix Italia. Device, partnership e competenza specifica: sono questi i tre elementi sui quali punta la strategia di Psion Teklogix in ambito Rfid. Dai computer palmari Workabout e Netpad (entrambi Rfid ready) al lettore Rfid Uhf, l’azienda dispone di una serie di device pronti per operare con questa tecnologia e laddove Psion Teklogix non ha il prodotto adatto o le competenze necessarie si avvale di partnership che le consentono di offrire soluzioni integrate e complete. A questi due aspetti, si affianca una competenza specifica sul Rfid, acquisita nel tempo: “Sono anni che lavoriamo su questa tecnologia – prosegue Piazza – e abbiamo costituito in ogni country un gruppo di lavoro, chiamata Isg-Integration Services Group, che si occupa dell’integrazione dell’hardware con il software al fine di offrire ai nostri clienti delle soluzioni complete”. L’azienda ha inoltre ottenuto la certificazione Sap AutoID Reader Hardware che le consente di cooperare con i clienti Sap allo sviluppo di soluzioni di elaborazione mobile business che supportano la tecnologia Rfid, in grado di integrarsi senza problemi con Sap Mobile Infrastracture.
Numerose sono le esperienze a livello mondiale, parecchie quelle in Europa e adesso incominciamo ad avere esperienze interessanti anche in Italia, aggiunge Piazza.
Tra queste una riguarda Honda Moto dove è stata sviluppata una soluzione mista, codice a barre e Rfid, a dimostrazione che le due tecnologie non sono necessariamente alternative: nell’assemblaggio delle moto il telaio viene identificato con la tecnologia tradizionale mentre i lotti delle altre parti da assemblare sono dotati di tag; lo stesso device Psion effettua sia la lettura del codice del telaio sia quella dei tag. L’altra applicazione riguarda Milano Ristorazione, una delle più grandi società di distribuzione pasti alle mense, che utilizza tag Rfid per tracciare le materie prime in tutto il loro percorso di trasformazione, fino alla distribuzione finale del pasto.

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