Il B2b in Italia? Corre sulla supply chain. Ma di poche imprese

Le transazioni business to business in Italia sono arrivate nel 2004 a generare un volume d’affari di 94 miliardi di euro. Un incremento rispetto al 2003 di circa il 13%, ma che comunque non permette all’e-commerce B2B di andare poco oltre il 5% di tutti gli scambi fra aziende registrati lo scorso anno nel nostro paese. E’ questa una delle tante e interessanti fotografie tratte dalla quarta edizione dell’Osservatorio B2b della School of Management del Politecnico di Milano, che ha studiato oltre 300 casi aziendali con particolare attenzione ai processi di adozione delle soluzioni di e-procurement e di e-supply chain

Pubblicato il 22 Set 2005

Le transazioni business to business in Italia, frutto di operazioni effettuate tramite cataloghi elettronici e aste on line e piattaforme di e-supply chain, sono arrivate nel 2004 a generare un volume d’affari di 94 miliardi di euro. Un incremento rispetto al 2003 di circa il 13%, quindi assai positivo visti i tempi magri in cui ristagna il mercato dell’Ict nel suo complesso ma che comunque non permette all’e-commerce B2b di andare poco oltre il 5% di tutti gli scambi fra aziende registrati lo scorso anno nel nostro paese. A livello di filiere merceologiche, il B2B made in Italy premia in ordine di importanza, confermando di fatto quanto già visto nel 2003, i settori dell’automotive (stabile a 29 miliardi), del farmaceutico (salito da 14 a 15 miliardi) e del grocery (cresciuto da 9 a 12 miliardi) mentre il comparto informatico avanza solo marginalmente (da 5 a 6 miliardi). La fotografia di cui sopra è tratta dalla quarta edizione dell’Osservatorio B2B della School of Management del Politecnico di Milano, che ha studiato oltre 300 casi aziendali con particolare attenzione ai processi di adozione delle soluzioni di e-procurement e di e-supply chain.

Scarica l’estratto dello studio Politecnico di Milano, Osservatorio B2b
eProcurement, eSupply Chain: una scelta tattica o strategica?

L’Edi lascia il passo a Internet?
Prima di entrare nel merito delle dinamiche e, come li definiscono gli autori della ricerca, dei diversi archetipi comportamentali che contraddistinguono oggi l’adozione di applicazioni B2B a livello di filiera nel tessuto aziendale italiano, è utile premettere come alla voce supply chain elettronica faccia capo circa il 90% di tutto il transato globale del 2004: oltre 81 miliardi di euro, di cui 48 derivanti da applicazioni di execution (in crescita del 14% circa) e 33,5 da progetti di collaboration (in aumento del 6%). Ma c’è una domanda che va subito posta: le applicazioni di e-supply chain sono meno strategiche rispetto al recentissimo passato? Dai dati raccolti dall’Osservatorio, che ne attestano una crescita in termini di transato solo dell’11% e ne rilevano quindi una leggera perdita in termini di peso sul fatturato totale del B2B, sembrerebbe di sì ma occorre fare una serie di precisazioni in merito, che prendono anche in esame fattori direttamente riconducibili al processo decisionale delle imprese.
Una prima chiave di lettura del fenomeno suggerita dagli autori della ricerca fa riferimento alla “staticità” degli scambi supportati dalle tecnologie tradizionali nel loro complesso: i volumi di transato basati su network Edi e su altri sistemi proprietari sono cresciuti infatti nel corso del 2004 solo del 3%, a fronte di una crescita molto superiore degli scambi basati su Internet, in aumento del 31%, e gestiti tramite sistemi Edi su Internet, in salita del 44%. Da questi dati di sintesi emerge quindi una verità da tempo per certi versi auspicata, che vede in primo luogo il peso degli scambi supportati dalle tecnologie tradizionali essersi ridotto dal 70% al 64%. In parallelo si registra la maturità e il consolidamento di alcune delle più efficaci extranet per la gestione di supply chain elettroniche (quali per esempio quelle di Esprinet, Procter&Gamble, Pirelli, Indesit, Bonfiglioli e Snaidero), qualche primo progetto di scambio dati via Xml e Web Services e, per quanto riguarda le applicazioni Edi basate su rete Internet, la sempre maggiore predisposizione a lavorare con questi strumenti da parte di associazioni di filiera come Dafne, Indicod-Ecr e Metel, spesso e volentieri supportati da operatori emergenti del B2b (vengono citate Joinet, Tesi e Thesia) specializzati in servizi a valore aggiunto.

Figura 1 – I diversi mondi del B2b
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Figura 2 – Le dinamiche e la distribuzione dell’eCommerce B2b per ambito applicativo
(clicca sull’immagine per ingrandirla)

Fonte: Osservatorio B2b, Politecnico di Milano

E-supply chain: barriere allo sviluppo, benefici attesi e complessità organizzative
La scarsa penetrazione di progetti avanzati a livello di catena di fornitura in Italia, e la contenuta crescita degli scambi B2B tra il 2003 ed il 2004 non sono certo un segnale incoraggiante per l’immediato futuro, è stata “giustificata” dall’indagine del Politecnico così come segue: vi è ancora una pesante sottostima delle opportunità strategiche e dei benefici ottenibili da soluzioni di supply chain elettronica e gli ostacoli principali al loro sviluppo sono riscontrabili nelle difficoltà, in parte oggettive ed in parte soggettivamente enfatizzate, di gestione della complessità “organizzativa”. Quali sono, quindi, le best e worst practice, i vantaggi possibili e i fattori che condizionano i processi di adozione di queste “piattaforme” in seno alle aziende italiane? Partendo dalle criticità interne all’impresa, queste riguardano essenzialmente i problemi insiti al preparare l’azienda a integrarsi e collaborare con i partner di filiera, sia in termini di adeguamento dei sistemi informativi che di gestione del cambiamento organizzativo (persone e processi); esternamente, invece, i freni inibitori sono tutti dei partner di filiera e relativi alla presenza o meno di standard di comunicazione all’interno della filiera stessa. La faccia positiva della medaglia, quella relativa ai benefici attesi di un progetto di e-supply Chain, ha secondo gli autori della ricerca due volti, rappresentati da vantaggi tattici tipicamente connessi ad un aumento della produttività/efficienza o all’adeguamento alle richieste fatte da clienti o fornitori e vantaggi strategici in chiave vantaggio competitivo, perché correlati alla qualità e alla tempestività dei processi e all’ottimizzazione del capitale circolante e fisso. Rilevando infine il grado di sviluppo dei sistemi di supply chain elettronica all’interno delle aziende rispetto alle principali linee di comportamento da queste dimostrate, emergono cinque diversi approcci sintetizzati con calzanti definizioni: imprese “in stallo” che non hanno una chiara percezione delle opportunità strategiche legate a tali progetti (di fatto mai decollati o circoscritti all’interno di un limitato ambito aziendale), imprese “poco ambiziose” che hanno implementato o stanno implementando soluzioni di e-supply chain con limitati investimenti interni e limitati benefici attesi, imprese “forzate” che pur essendo scettiche sono chiamate ad adottare piattaforme di scambio avanzate per l’insistenza espressa da qualche importante partner di filiera, imprese “incipienti” che stanno consapevolmente posticipando investimenti dedicati in attesa di avere più chiaro il quadro a livello di metodologie o strumenti di filiera e imprese “convinte” che nonostante l’elevata complessità del contesto esterno credono fermamente nella strategicità dell’apporto delle nuove tecnologie.

Il fattore integrazione
Dall’indagine sul B2B italiano effettuata dal Politecnico emerge in definitiva, come del resto già evidenziato anche dall’Osservatorio sull’e-commerce B2C, una situazione poco omogenea. Da una parte si muovono poche imprese pronte a sfruttare con profitto le potenzialità dell’e-supply chain avendone gestito efficacemente (tramite figure di primo livello aziendale, vedi la direzione Logistica, degli acquisti, del commerciale o anche dell’It) l’associato cambiamento organizzativo, sia interno che esterno. Dall’altra parte, invece, vi sono la gran parte delle imprese che denotano un approccio estremamente cauto verso l’evoluzione delle proprie risorse umane e informative in direzione di processi e transazioni B2B. In linea generale, comunque, la sensazione che emerge dall’intero studio è quella di un “work in progress” sull’e-supply chain in atto, che nel medio periodo dovrebbe portare a miglioramenti qualitativi quali per esempio l’automazione (totale o parziale) del ciclo ordine-consegna- fatturazione-pagamento (ricorrendo alla “fattura elettronica”), l’estensione delle funzionalità offerte da soluzioni Extranet Web-based per coprire più diffusamente i processi operativi di relazione con clienti e fornitori, l’interazione a livello applicativo e personale (via browser) con i partner di filiera e, fattore fondamentale, l’integrazione della “piattaforma” con i sistemi informativi aziendali, che di fatto costituiscono il cuore di tutte o quasi le funzionalità erogate.

Figura 3 – La complessità organizzativa nell’eSupply chain
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Figura 4 – Gli archetipi comportamentali nell’eSupply chain
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Fonte: Osservatorio B2b, Politecnico di Milano

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