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Servitizzazione e sostenibilità: Cisco innova la filiera del caffè



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Il caso dell’Accademia del Caffè Espresso dimostra come la servitizzazione, quando applicata con visione e innovazione, può trasformare radicalmente intere filiere, apportando benefìci tangibili anche in termini di sostenibilità. Esploriamo il contributo di Cisco in questa evoluzione

Pubblicato il 22 apr 2024



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Immagine di amenic181 da Shutterstock

In un mercato caratterizzato da una concorrenza sempre più accesa e da esigenze sempre più pressanti di flessibilità, efficienza e sostenibilità, le aziende si trovano di fronte alla necessità di reinventarsi non solo per distinguersi, ma anche per poter contare su una maggiore prevedibilità dei ricavi e una maggiore redditività a lungo termine.

Il rapporto sempre più stretto tra servitizzazione e sostenibilità

Una risposta a questa esigenza arriva dal rapporto tra servitizzazione e sostenibilità. La servitization è un modello che allontana dalla tradizionale transazione di vendita, basata esclusivamente sullo scambio di beni materiali, per abbracciare un “modo di fare business” più olistico e integrato, che fa perno sul noleggio e che pone al centro dell’attenzione il valore aggiunto dei servizi anche per ottenere una gestione sempre più responsabile di tutte le risorse.

Questo approccio rappresenta un fattore di successo poiché permette alle imprese di instaurare relazioni più profonde e durature con i clienti, proponendo soluzioni che rispondono in maniera più efficace e personalizzata alle loro specifiche esigenze, anche grazie alla possibilità di raccolta e analisi dei dati di utilizzo degli asset messi a disposizione. Inoltre, apre le porte a flussi di reddito costanti e affidabili, originati da abbonamenti o dall’uso effettivo, creando così entrate ricorrenti e più prevedibili.

Un’altra dimensione legata alla servitizzazione è quella che riguarda la possibilità di intraprendere un percorso all’insegna della sostenibilità, poiché incentiva l’uso efficiente delle risorse e la riduzione degli sprechi, sia per le aziende che sono incoraggiate a progettare prodotti più durevoli e facilmente riparabili, prolungando così la loro vita utile, sia per i clienti che interessati all’accesso ai servizi, riducono la domanda di beni fisici e l’impatto ambientale associato.

Nonostante stia guadagnando una crescente rilevanza, la transizione verso un modello di business orientato alla servitizzazione e sostenibilità non è priva di sfide. Le aziende devono investire in tecnologie avanzate, come Internet of Things (IoT) e Data analytics, per sviluppare e gestire efficacemente i servizi offerti sfruttando il know how generato dagli stessi. Inoltre, occorre sostenere un cambiamento culturale all’interno dell’organizzazione, che metta in primo piano l’innovazione continua e l’attenzione al cliente.

La servitizzazione di filiera per rispondere a sfide di portata globale

Nel merito della relazione tra servitizzazione e sostenibilità, la servitizzazione di filiera porta con sé l’idea di un approccio integrato alla produzione e alla fornitura di servizi, che va ben oltre la manutenzione, la consulenza e gli aggiornamenti di singoli dispositivi o macchinari per massimizzare l’efficienza e ridurre i tempi di inattività. Implica la gestione ottimale delle risorse lungo l’intera catena del valore, dalla selezione delle materie prime, passando per la produzione, fino alla distribuzione del prodotto finito, con l’obiettivo ultimo di ridurre al massimo qualsiasi forma di spreco.

Per trarre beneficio dal rapporto tra servitizzazione e sostenibilità è necessario un gioco di squadra che presuppone la collaborazione tra i diversi attori della filiera e la propensione all’innovazione tecnologica e digitale, al fine di rispondere in modo proattivo alle sfide emergenti. Attraverso l’adozione di questo modello, le aziende possono non solo migliorare la loro competitività e il valore offerto ai clienti, ma anche contribuire in modo significativo alla lotta contro il cambiamento climatico e alla protezione dell’ambiente.

Del resto, l’attenzione alla riduzione dell’impatto ambientale dei processi produttivi, l’uso efficiente delle risorse e la minimizzazione degli sprechi sono diventati elementi chiave nella valutazione del valore che un’azienda può offrire.

Un modello di business sostenibile per la filiera del caffè

Un esempio emblematico di come la servitizzazione possa essere applicata con successo alle logiche di filiera trasformando le sfide globali in opportunità di innovazione condivisa e crescita sostenibile è rappresentato dal progetto ConSenso“.

La diretta interessata è l’Accademia del Caffè Espresso, hub culturale fiorentino che svolge analisi, ricerca e divulgazione sulla cultura del caffè espresso italiano. Ad assisterla Cisco e PNAT, spin-off dell’Università di Firenze che progetta e sviluppa vari sistemi ispirati alle più moderne conoscenze in campo vegetale. L’obiettivo? Rendere l’industria del caffè più resiliente all’impatto del riscaldamento globale aumentando la consapevolezza sulla filiera.

Monitoraggio in tempo reale come tassello del legame tra servitizzazione e sostenibilità

Si tratta di una sperimentazione scientifica che si propone di studiare gli effetti del cambiamento climatico sulle piantagioni di caffè Arabica in Tanzania (nella regione di Mbeya), utilizzando speciali sensori IoT per monitorare in tempo reale le condizioni ambientali e climatiche e analizzare le esigenze concrete delle piante, con la possibilità di attivare azioni di adattamento climatico come, ad esempio, l’ottimizzazione dell’impiego di acqua necessaria all’irrigazione.

In questo modo è possibile analizzare da remoto parametri come l’idratazione delle piante, come l’umidità e come la presenza di agenti patogeni, ma anche calcolare e visualizzare in tempo reale la capacità di cattura dell’anidride carbonica della piantagione, per mezzo di ulteriori sentori che monitorano i benefici che gli alberi da ombra e le piante di caffè portano in termini di assorbimento di CO2 e particolati.

Lo scopo è duplice: da un lato, raccogliere dati preziosi per sviluppare strategie di adattamento al cambiamento climatico in campo; dall’altro, creare un modello replicabile che possa essere applicato ad altre coltivazioni e contesti, contribuendo così alla sostenibilità dell’intera filiera del caffè.

Il ruolo di Cisco: motore di connettività dal campo al cloud

Cisco svolge un ruolo cruciale in questo progetto, fornendo la tecnologia e l’infrastruttura necessarie per abilitare la raccolta e l’analisi dei dati in tempo reale. Nello specifico, Cisco ha implementato una connessione locale di tipo radio in tecnologia LoRaWAN – caratterizzata da capacità di trasmissione a lunghe distanze e consumi energetici minimi – per aggregare ed elaborare in loco i dati catturati da una rete di sensori IoT alimentati ad energia solare distribuiti nella piantagione. I dati vengono poi trasmessi attraverso le soluzioni internet di Cisco al data center di PNAT a Firenze, dove diventano oggetto di ulteriori analisi.

Oltre alla gestione dell’infrastruttura di connettività, Cisco ha fornito soluzioni di collaborazione che facilitano la comunicazione e il lavoro tra i team impegnati nel progetto sia in Tanzania che in Italia. Questi strumenti di collaboration sono essenziali per il coordinamento delle attività di ricerca e per la condivisione delle scoperte in tempo reale, permettendo ai ricercatori di Firenze di analizzare i dati raccolti per comprendere le risposte delle piante alle variazioni ambientali, e così sviluppare linee guida utilizzabili dai produttori di caffè in tutto il mondo.

“Dobbiamo ancora esplorare tanti modi di usare la tecnologia dell’Internet delle Cose. Questo progetto è un esempio fantastico di un caso d’uso che permette di ottenere i dati che oggi possono aiutarci a prendere decisioni migliori per la sostenibilità, catturando informazioni preziose e supportando anche le sperimentazioni più innovative” ha commentato Angelo Fienga, Direttore Sustainabilty Solutions EMEA di Cisco.

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