Wearable

Mobile Health, la nuova frontiera dell’App Economy è una (altra) battaglia tra Apple e Google

I due colossi californiani stanno sviluppando iniziative e device secondo le proprie tipiche filosofie: Cupertino cerca di creare un hub che diventi riferimento anche per la comunità medica, Mountain View punta sui cultori del fitness con un sistema aperto. Ma da seguire ci sono anche i progetti di Microsoft e Pebble

Pubblicato il 09 Feb 2016

ECG indossabili

È forse l’ambito del mondo wearable di cui si parla da più tempo, ma è anche quello ancora più ostico sul piano dell’erogazione del servizio e soprattutto della monetizzazione, in quanto prevede l’utilizzo dei dati più sensibili in assoluto: quelli che riguardano la nostra salute.

Parliamo naturalmente del Mobile Health, e di tutte le applicazioni che gravitano attorno alla capacità dei device, dagli smartphone ai braccialetti passando per la sensoristica applicata agli abiti, di monitorare le attività del corpo umano, raccoglierne i segnali biometrici ed elaborarli per fornire all’utente programmi di fitness, diete su misura o addirittura, attraverso la collaborazione con professionisti, cure mediche e trattamenti farmacologici.

A spartirsi il mercato in pieno divenire sono come sempre Apple e Google, ognuno con la propria filosofia peculiare. Il Mobile Ecosystem Forum ha analizzato le iniziative e le partnership che i due colossi hanno avviato negli ultimi anni per inquadrare le piattaforme, i processi e le applicazioni che stanno gradualmente costituendo l’ecosistema chiamato a gestire i più delicati dei big data.

Cupertino ambisce a un hub (anche) per la comunità medica

Nella sua prospettiva di lungo termine, Apple sta cercando di dare vita a un meccanismo di screening dello stato di salute degli utenti facendo sponda tra i dispositivi e le cartelle mediche per supportare le decisioni diagnostiche fuori e dentro gli ambulatori. L’atout di Cupertino è, come al solito, al tempo stesso anche l’ostacolo più grande alla rapida diffusione di massa delle sue soluzioni: essendo iOS un sistema chiuso, riuscire a far convergere su un unica piattaforma gli standard e le tecnologie legacy dei diversi sistemi sanitari internazionali rappresenta una sfida non indifferente. Senza contare che chi nel frattempo si è mosso autonomamente per sviluppare e commercializzare applicazioni proprietarie verticali non ha certo intenzione di regalare a Apple i dati finora acquisiti.

Ciò nonostante, il colosso guidato di Tim Cook porta avanti senza incertezze una strategia fondata su due pilastri. Da una parte Health, l’applicazione ad hoc inserita nell’ottava versione di iOS, dall’altro il servizio HealthKit (dedicato ai developer che intendono sincronizzare dati e prodotti con i dispositivi della Mela) hanno per il momento lo scopo non tanto di generare revenue, quanto di mantenere alta l’attenzione sull’iPhone come ambiente di sviluppo per l’e-health.

All’interno del programma Healthkit, infatti, il framework ResearchKit è un esplicito invito ai ricercatori che vogliono utilizzare le app per raccogliere dati sui pazienti attraverso l’iPhone. Attualmente, sono già più di mille i software costruiti nell’ambito del progetto e disponibili nell’App Store, ma una svolta significativa sarebbe dovuta arrivare con il successo commerciale dell’Apple Watch. Successo che, pare, non sembra essere quello sperato. Alcuni analisti parlano di vendite intorno alla metà del target previsto di 22 milioni di pezzi, ma Cupertino non ha ancora ufficializzato nulla in proposito. L’unica cosa certa è che senza la spinta di un wearable vero, l’iPhone da solo non riuscirà a sostenere l’intero ecosistema che ha in mente Apple.

Moutain View punta sul fitness tout-court

La salute per Google è invece quella che si ottiene principalmente attraverso un’attività fisica controllata. Google Fit è una mobile app gratuita disponibile dal 2014 per i sistemi operativi successivi ad Android 4.0 oltre che per Android Wear, ma è prima di tutto una open platform dotata, come nella migliore tradizione di Mountain View, di un set di API a totale disposizione del mercato.

La sua forza sta quindi nella capacità di allacciarsi a software sviluppati da terze parti per costruire un quadro preciso della situazione di benessere dell’utente. Tra i partner di Big G ci sono Withings, Nike, HTC, LG, Motorola, Noom, Runtastic, RunKeeper e Polar, che stanno partecipando attivamente al progetto fornendo app, device e prodotti compatibili con le piattaforme Android. Ma il discorso fatto per Apple vale anche per Google: fino a quando i wearable non diverranno strumenti della quotidianità per la maggior parte dei consumatori, le collaborazioni e i test sui roll out commerciali di software e hardware non troveranno lo sfogo di business che occorre a questo settore per esplodere davvero.

E gli sfidanti? Le mosse di Microsoft e Pebble

Nell’eterna sfida tra Google e Apple si inseriscono altri player che puntano a un approccio che offre contemporaneamente più flessibilità e specializzazione più profonda. Microsoft ha messo in campo la piattaforma Microsoft Health, disponibile su tutti i sistemi operativi (Windows, iOS e Android) e il bracciale Microsoft Band 2, che assorbe un’infinità di dati sull’attività corporea durante veglia e sonno attraverso 11 sensori (oltre a impartire alcuni comandi alle automobili Volvo, come si è visto all’ultimo CES di Las Vegas). La combinazione dei due strumenti sta producendo risultati molto interessanti, al punto che alcuni commentatori hanno già decretato la netta superiorità della nuova proposta di Redmond rispetto all’Apple Watch.

D’altra parte, Pebble, produttore indipendente di smart watch, ha da poco lanciato Pebble Health, iniziativa analoga a quella dei big, con la non trascurabile differenza che lo sviluppo delle app che alimenteranno il sistema è affidato all’iniziativa della community di developer sorta intorno al giovane brand.

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