La complessità crescente degli ambienti IT – tra multicloud, container e applicazioni distribuite – rende il cloud monitoring una funzione imprescindibile per garantire resilienza e continuità dei servizi digitali. La scelta delle soluzioni di monitoring diventa, dunque, un passaggio strategico.
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Cos’è il cloud monitoring e in cosa si differenzia dall’osservabilità
Il cloud monitoring rappresenta l’insieme di pratiche, strumenti e processi volti a garantire la disponibilità, le prestazioni e la sicurezza delle risorse IT distribuite su infrastrutture cloud.
Con l’adozione di ambienti ibridi e multicloud, il monitoraggio ha assunto un ruolo critico per rilevare in tempo reale anomalie, ottimizzare l’utilizzo delle risorse e prevenire interruzioni che potrebbero impattare sul business.
Negli ultimi anni, però, la crescente complessità degli ecosistemi digitali ha messo in evidenza i limiti del monitoraggio tradizionale, nato per sistemi statici e monolitici. È qui che entra in gioco il concetto di observability: un approccio evoluto che integra la raccolta dati in un unico framework di analisi, consentendo non solo di rilevare un problema, ma anche di comprenderne le cause profonde e l’impatto sul business.
La differenza sostanziale è quindi che il cloud monitoring “osserva lo stato” delle risorse, mentre l’osservabilità “interpreta il comportamento” dei sistemi. In un contesto in cui la resilienza dei servizi digitali è direttamente legata alla soddisfazione del cliente e ai risultati economici, disporre di entrambe le capacità diventa un requisito imprescindibile.
Dal monitoraggio tradizionale al cloud monitoring avanzato
Il monitoraggio IT tradizionale si basava su metriche statiche come disponibilità dei server, utilizzo di CPU e memoria, tempi di risposta delle applicazioni. Questi strumenti erano sufficienti in ambienti on-premise relativamente stabili, ma mostrano forti limiti quando applicati a sistemi dinamici, distribuiti e altamente scalabili come quelli cloud.
Di conseguenza, le aziende hanno dovuto adottare piattaforme di cloud monitoring capaci di gestire infrastrutture eterogenee, integrate con servizi IaaS, PaaS e SaaS. Oggi queste soluzioni non si limitano a verificare lo stato di salute delle risorse, ma:
- Raccolgono e aggregano dati in tempo reale da più ambienti e provider
- Abilitano correlazioni automatiche per identificare la causa di un’anomalia
- Offrono capacità predittive grazie all’impiego di AI e machine learning, che permettono di anticipare i guasti o i colli di bottiglia
- Connettono il monitoraggio tecnico con le metriche di business, evidenziando l’impatto di un disservizio su ricavi, costi e customer experience.
L’osservabilità come estensione: metriche, log, eventi e trace
Come anticipato, se il cloud monitoring fornisce visibilità sullo stato delle risorse, l’observability spinge oltre questa capacità, trasformando i dati tecnici in insight utili per prevenire e risolvere problemi complessi. L’approccio si fonda sull’integrazione di quattro tipologie principali di telemetria:
- Metriche: indicatori quantitativi di performance (CPU, memoria, latenza, throughput) che permettono di misurare l’andamento dei sistemi in tempo reale.
- Log: registrazioni dettagliate degli eventi che consentono di ricostruire la sequenza delle attività e individuare anomalie o errori specifici.
- Eventi: segnalazioni di cambiamento di stato, come l’avvio di un servizio o un failover, che offrono contesto per interpretare le metriche.
- Trace: tracciamento delle richieste lungo l’intero percorso applicativo, fondamentale in architetture a microservizi e ambienti distribuiti.
Grazie a questa combinazione, le piattaforme di osservabilità non si limitano a rilevare che “qualcosa non funziona”, ma aiutano a capire il perché, abilitando correlazioni cross-domain e collegando gli indicatori IT con gli outcome di business.
Soluzioni di cloud monitoring: opzioni e scenari di adozione
La scelta delle soluzioni di cloud monitoring dipende dal livello di complessità dell’ambiente IT e dagli obiettivi di governance che l’impresa intende perseguire. Oggi il mercato mette a disposizione due grandi famiglie di strumenti: quelli nativi dei provider cloud e le piattaforme terze specializzate, pensate per gestire scenari multicloud o ibridi.
Le prime risultano spesso la scelta naturale per organizzazioni che operano principalmente su un singolo provider: offrono integrazione immediata, automazione del rilevamento e una curva di adozione contenuta. Tuttavia, mostrano limiti evidenti quando l’infrastruttura si estende a più cloud o richiede correlazioni avanzate con metriche di business.
Le piattaforme terze di osservabilità nascono proprio per coprire queste esigenze: consentono una visione centralizzata di ambienti eterogenei, arricchiscono i dati con funzioni di analisi avanzata e si integrano con tool DevOps e ITSM. La loro adozione diventa quasi imprescindibile in contesti multicloud e per organizzazioni che devono garantire elevati livelli di resilienza e performance ai propri servizi digitali.
L’alternativa tra soluzioni native e piattaforme di terze parti non è quindi netta, ma deve essere valutata in base al livello di maturità digitale, agli investimenti già effettuati e al grado di complessità da gestire.
Strumenti cloud-native dei provider
I principali hyperscaler mettono a disposizione soluzioni di cloud monitoring native, integrate nei rispettivi ecosistemi. In particolare:
- AWS CloudWatch raccoglie e centralizza log, metriche ed eventi generati dai servizi Amazon, includendo funzionalità di distributed tracing con AWS X-Ray. La forza di CloudWatch è l’integrazione automatica con l’intero ecosistema AWS.
- Azure Monitor fornisce visibilità su risorse IaaS e PaaS di Microsoft, con strumenti nativi di Application Insights per il monitoraggio delle applicazioni. Grazie alla stretta connessione con l’ecosistema Microsoft (Active Directory, Defender, Sentinel), consente di correlare eventi tecnici e di sicurezza.
- Google Cloud Operations Suite (già Stackdriver) offre metriche, log e tracing per servizi GCP, con un approccio fortemente orientato a container e Kubernetes. La piattaforma si distingue per l’integrazione con gli strumenti di data analytics di Google, rendendo possibile il collegamento tra performance applicativa e metriche di business.
Piattaforme terze per ambienti multicloud e ibridi
Quando l’infrastruttura aziendale si estende a più cloud provider o combina risorse on-premise e servizi cloud, le soluzioni native dei singoli hyperscaler non bastano. In questi scenari entrano in gioco le piattaforme di terze parti, progettate per offrire una visione unificata e indipendente dall’ambiente sottostante.
Vendor come Datadog, Dynatrace, Grafana Labs, Elastic, Chronosphere ed AppDynamics si posizionano tra i leader di mercato per la capacità di gestire la complessità dei sistemi distribuiti. Queste piattaforme consentono di:
- Correlare metriche, log e trace provenienti da più fonti, inclusi ambienti legacy e applicazioni SaaS
- Applicare analytics avanzati e AI per identificare pattern, anomalie e previsioni di degrado
- Integrare i dati di monitoring con tool DevOps, ITSM e SecOps, creando un ecosistema coerente di gestione end-to-end
- Ottimizzare i costi grazie a funzionalità di Adaptive Telemetry e controllo granulare della retention dei dati, come evidenziato da soluzioni come Grafana Cloud o Chronosphere
Inoltre, Gartner segnala che queste piattaforme offrono un livello di supporto e personalizzazione spesso più elevato rispetto agli strumenti dei provider, risultando decisive per le imprese che cercano resilienza, scalabilità e governance in ambienti multicloud.
La scelta di una piattaforma di terze parti diventa quindi un fattore abilitante per chi intende passare da un approccio di semplice monitoraggio a una strategia completa di cloud monitoring e osservabilità cross-cloud.
Tecniche di cloud monitoring per architetture moderne
Le architetture cloud-native, basate su microservizi, container e orchestratori come Kubernetes, hanno reso il monitoraggio un’attività sempre più sofisticata. In questi contesti, il cloud monitoring deve adattarsi a sistemi dinamici, in cui le istanze possono nascere e morire in pochi secondi e le richieste utente attraversano servizi distribuiti su più ambienti e regioni.
Le tecniche oggi più diffuse si basano sull’integrazione di metriche, log ed eventi con sistemi di distributed tracing, grazie a framework aperti come OpenTelemetry.
OpenTelemetry consente di unificare la raccolta di questi dati, riducendo la frammentazione tipica degli strumenti proprietari e semplificando l’integrazione con piattaforme di osservabilità e monitoring. Inoltre, supporta l’autoinstrumentazione, evitando modifiche manuali al codice e accelerando la diffusione del monitoraggio anche in ambienti complessi.
Grazie a questo approccio, le imprese possono superare i limiti del monitoraggio tradizionale e ottenere visibilità end-to-end.
Un altro elemento chiave riguarda il monitoraggio dei container e di Kubernetes, che richiede approcci dedicati per tenere sotto controllo la salute dei pod, la latenza delle reti virtuali e le politiche di scalabilità.
Per questo, le piattaforme di cloud monitoring moderne adottano approcci specifici:
- Metriche a livello di pod e cluster: monitoraggio di CPU, memoria e consumo di risorse per identificare colli di bottiglia legati alla scalabilità automatica.
- Osservabilità dei workload: raccolta di dati su traffico di rete, tempi di risposta dei servizi e interazioni tra microservizi orchestrati da Kubernetes.
- Tecniche avanzate come eBPF: consentono di acquisire informazioni direttamente dal kernel Linux con un impatto minimo sulle prestazioni, fornendo visibilità profonda su networking, sicurezza e comportamento dei container.
La complessità di Kubernetes, che introduce livelli di astrazione per orchestrazione, networking e storage, richiede strumenti capaci di correlare la salute dei container con le performance delle applicazioni. Senza questa correlazione, diventa difficile capire se un problema è legato a un singolo microservizio, a un errore di configurazione o a una saturazione delle risorse del cluster.
Strumenti e vendor di riferimento nel cloud monitoring
Il mercato del cloud monitoring evidenzia una convergenza tra monitoring tradizionale, osservabilità e sicurezza applicativa: le piattaforme non si limitano più a raccogliere metriche, ma integrano analytics avanzati, automazione e capacità predittive per ridurre i tempi di rilevamento e remediation.
I leader secondo i Magic Quadrant e i Market Guide
Le recenti analisi di Gartner riportate negli ultimi Magic Quadrant mostrano come il mercato del cloud monitoring e dell’osservabilità sia dominato da un gruppo ristretto di vendor che hanno saputo differenziarsi per completezza di visione e capacità di esecuzione.
- Datadog è considerato un punto di riferimento per l’ampiezza della sua piattaforma, che copre monitoring infrastrutturale, application performance, digital experience e sicurezza. L’adozione di tecnologie come eBPF e funzioni avanzate di gestione degli SLO rafforza la sua posizione tra i player.
- Dynatrace si distingue per l’uso intensivo dell’AI engine Davis, capace di automatizzare root cause analysis e fornire insight predittivi. La piattaforma è particolarmente apprezzata nelle grandi imprese per la scalabilità e la copertura di ambienti complessi e multicloud.
- Grafana Labs, forte della community open source, si è affermata con un approccio flessibile e con capacità avanzate di controllo dei costi (Adaptive Telemetry). Le sue soluzioni SaaS e cloud-native risultano competitive per le organizzazioni che cercano trasparenza e indipendenza tecnologica.
- Elastic integra le funzionalità di ricerca con quelle di osservabilità, arricchite da un assistente AI che semplifica la fruizione dei dati. La piattaforma supporta più modelli di deployment (on-premise, cloud, serverless), offrendo ampia versatilità d’uso.
- Chronosphere ha costruito una reputazione solida per il controllo granulare dei costi di telemetria e per le capacità agentless basate su protocolli aperti. È una soluzione interessante per chi opera in ambienti containerizzati e ad alta dinamicità.
Insight dalla Voice of the Customer: punti di forza e criticità dei vendor
Oltre alle valutazioni degli analisti, un contributo fondamentale arriva dalle esperienze dirette degli utenti raccolte nella Voice of the Customer di Gartner. Questi feedback consentono di cogliere aspetti pratici che spesso incidono in modo decisivo nelle scelte di cloud monitoring.
Tra i vendor più citati emergono alcuni elementi ricorrenti:
- Datadog viene apprezzato per la ricchezza funzionale e la rapidità di adozione, ma diversi clienti segnalano preoccupazioni sui costi di ingestione e retention dei log, che possono crescere rapidamente se non gestiti con policy adeguate.
- Dynatrace riceve valutazioni positive per l’automazione dell’analisi causale e per la capacità di scalare in contesti enterprise complessi. Tuttavia, alcuni utenti sottolineano la complessità del modello di licensing, che richiede una pianificazione accurata per stimare il TCO.
- Grafana Labs ottiene un buon livello di raccomandazione grazie all’approccio open source e alla flessibilità della piattaforma, ma viene segnalata la necessità di competenze interne per sfruttarne appieno le potenzialità.
- Elastic è apprezzata per l’integrazione tra ricerca e osservabilità, ma la curva di apprendimento può risultare impegnativa per team non abituati a gestire grandi volumi di dati.
Trend emergenti nel cloud monitoring
Il mercato del cloud monitoring sta vivendo una fase di forte innovazione, guidata da tre direttrici principali: l’integrazione dell’intelligenza artificiale, l’ottimizzazione dei costi e l’automazione intelligente.
AI e GenAI per il rilevamento anomalie e l’ottimizzazione
L’integrazione dell’intelligenza artificiale nel cloud monitoring sta trasformando radicalmente il modo in cui le imprese gestiscono la resilienza e l’efficienza delle proprie infrastrutture. Le piattaforme di osservabilità di nuova generazione utilizzano algoritmi di machine learning e modelli generativi per identificare pattern anomali nei dati, ridurre i falsi positivi e accelerare la risposta agli incidenti.
Tra i casi d’uso più diffusi:
- Anomaly detection avanzata: capacità di individuare deviazioni sottili nelle metriche di performance che potrebbero preludere a un guasto o a un degrado del servizio.
- Root cause analysis automatizzata: i sistemi di AI correlano log, metriche e trace per isolare rapidamente la causa di un problema complesso.
- Report e insight generati da GenAI: modelli linguistici generativi producono sintesi diagnostiche e suggeriscono azioni correttive, migliorando la produttività dei team I&O.
Gartner sottolinea inoltre l’emergere del tema della LLM observability, cioè il monitoraggio dei modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM). Questo ambito introduce nuove metriche – come bias, tasso di hallucination e utilizzo dei token – che richiedono strumenti dedicati per garantire affidabilità e conformità delle applicazioni AI in produzione.
Grazie a queste innovazioni, il cloud monitoring evolve da funzione reattiva a sistema proattivo e predittivo, in grado di anticipare criticità e ottimizzare l’esperienza digitale per utenti e clienti.
Augmented FinOps e cost optimization automatizzata
Il tema della gestione dei costi cloud è oggi centrale nelle strategie di monitoring. Con la crescita di workload distribuiti su più provider, i modelli di pricing complessi e la volatilità dei consumi, molte organizzazioni faticano a mantenere sotto controllo la spesa.
Qui entrano in gioco le pratiche di Augmented FinOps, che applicano tecniche di AI e machine learning al monitoraggio finanziario del cloud. Non si tratta solo di aggregare dati di consumo, ma di correlare performance tecniche e metriche economiche, generando insight azionabili in tempo reale.
Questa evoluzione consente di:
- Automatizzare la rilevazione di anomalie di spesa, trattando i cost incident come veri e propri incidenti IT da gestire con la stessa urgenza
- Prevedere l’andamento dei costi sulla base di trend di utilizzo e modelli predittivi, supportando i team finanziari e I&O nelle negoziazioni con i provider
- Ottimizzare i workload attivi bilanciando prestazioni, consumi energetici e costi attraverso sistemi di raccomandazione e automazione
In questo modo, il cloud monitoring non è più un’attività confinata all’IT, ma diventa una leva di governance finanziaria, capace di incidere sulla marginalità aziendale e sulla sostenibilità delle iniziative digitali.
Autonomous workload optimization e sostenibilità
Un ulteriore passo evolutivo nel cloud monitoring riguarda l’introduzione di meccanismi di autonomous workload optimization, ovvero strumenti in grado di adattare automaticamente i carichi di lavoro in base a performance, costi ed efficienza energetica.
Queste soluzioni sfruttano algoritmi di AI e automazione per:
- Allocare dinamicamente le risorse di calcolo, storage e rete in funzione della domanda reale
- Bilanciare costi e SLA, ottimizzando il rapporto prezzo/prestazioni senza compromettere l’esperienza utente
- Ridurre l’impatto ambientale, orientando i carichi verso data center o regioni più efficienti dal punto di vista energetico
L’obiettivo non è solo garantire resilienza, ma anche rispondere alle crescenti pressioni legate alla sostenibilità digitale.
Criteri di scelta per soluzioni di cloud monitoring
In fase di selezione, i responsabili IT e i decisori aziendali devono valutare il cloud monitoring non solo in termini di funzionalità, ma anche di coerenza con la strategia digitale complessiva. I fattori critici di scelta non riguardano soltanto la copertura tecnica, ma anche aspetti economici, organizzativi e di customer experience.
Tra i criteri principali rientrano:
- Integrazione con la toolchain esistente e con ambienti multicloud: la capacità della piattaforma di raccogliere e correlare dati provenienti da diversi provider e di interfacciarsi con sistemi ITSM, DevOps e SecOps.
- Costi e modello di licensing: la trasparenza del pricing e la possibilità di controllare il TCO attraverso politiche di retention, sampling e ottimizzazione della telemetria.
- Supporto e customer experience: la qualità del servizio offerto dal vendor, dalla fase di onboarding all’assistenza post-vendita, elemento spesso determinante secondo le valutazioni della Voice of the Customer.
- Roadmap di innovazione: la capacità del vendor di evolvere la piattaforma in linea con trend emergenti come AI observability, augmented FinOps e monitoring as code.
La decisione finale deve quindi considerare non solo l’efficienza tecnica, ma anche la capacità della soluzione di sostenere resilienza, ottimizzazione dei costi e continuità di business nel lungo periodo.