Power11 è l’ultima generazione della storica famiglia IBM Power: una combinazione di processori e server progettata per workload ad alta intensità di dati e transazioni – database, ERP, sistemi core, applicazioni di analytics e intelligenza artificiale. In un panorama enterprise sempre più affollato, la nuova release IBM si distingue come infrastruttura radicalmente diversa. Non è una semplice alternativa ai sistemi x86 o ARM: è progettata per rispondere alle esigenze più complesse e mission-critical, garantendo continuità, sicurezza e performance anche sotto carico estremo.
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Continuità, AI e sicurezza: le nuove priorità dell’IT enterprise
Negli ultimi anni, i CIO hanno visto cambiare profondamente le priorità infrastrutturali. Non basta più garantire potenza o SLA: oggi servono piattaforme capaci di eliminare i rischi di indisponibilità, portare l’AI vicino ai dati critici e rafforzare sicurezza e compliance, anche contro le minacce quantistiche.
“Entro il 2028 nasceranno oltre un miliardo di nuove applicazioni – spiega Sylvia Scheerová, VP Power Sales di IBM EMEA –. Un’accelerazione che aumenta la complessità per CIO e CTO. Governi, banche, utility e industrie devono garantire continuità ai sistemi core, modernizzare applicazioni, integrare AI, contenere costi e gestire la carenza di competenze. Tra data silos, interruzioni impreviste e minacce evolute, non basta più evolvere: servono architetture resilienti by design”.

L’AI incontra la resilienza: Power11 riscrive le regole dell’infrastruttura enterprise
Mantenere i sistemi critici sempre attivi, senza fermi pianificati né compromessi su dati e prestazioni, è diventato un obiettivo strategico. E questa pressione è destinata ad aumentare: perché la competitività, oggi, dipende dalla capacità di integrare AI, resilienza e governance dei dati direttamente nel core infrastrutturale, senza ricorrere a soluzioni frammentate o stratificate.
“Con Power10 avevamo introdotto significativi miglioramenti computazionali e le prime ottimizzazioni AI – chiarisce Scheerová -. Con Power11 non ci siamo limitati ad aggiungere più core o migliorare le performance. I nostri clienti – banche, PA, ospedali, grandi industrie – ci chiedevano di più: continuità operativa senza interruzioni, sicurezza proattiva, AI on-premise sui dati più sensibili. La release 11 non nasce da una roadmap tecnica. È una risposta sistemica a un contesto che non consente errori”.

AI integrata nei processi core: dove i dati vivono
Per molte aziende, il vero salto di qualità non è più fare sperimentazione in laboratorio, ma applicare l’intelligenza artificiale lì dove ha davvero impatto: nei processi core. In particolare, in ambienti regolamentati come sanità o finance, la sfida è chiara: portare l’AI ai dati, senza dover spostare dataset sensibili verso ambienti esterni.
È qui che Power11 si distingue come piattaforma AI-native, non solo AI-ready. IBM la definisce Autonomous IT built for the AI era: un’infrastruttura progettata per integrare l’AI a tutti i livelli, non aggiungerla dopo. Se con Power10 l’accelerazione era affidata agli MMA (Matrix Math Accelerator) on-chip, Power11 evolve per abilitare inferenze locali su modelli più complessi e containerizzati.
“In Power11 abbiamo integrato lo Spyre Accelerator direttamente on-chip, creando un’infrastruttura nativamente AI-ready – racconta Michele Mariani, Power & Public Cloud Sales Leader di IBM Italia -. Questo significa poter eseguire localmente inferenze su modelli complessi, come algoritmi antifrode nel banking o analisi diagnostiche nelle cliniche, senza esportare dataset strategici. Ogni core è dotato di quattro MMA ottimizzati per il machine learning, capaci di gestire text extraction, pattern recognition o analisi video in tempo reale. E per le realtà che hanno applicazioni storiche su IBM i, spesso scritte in RPG, abbiamo portato watsonx Code Assistant a supportarle: uno strumento che permette di comprendere, documentare e modernizzare questi codici con l’aiuto dell’AI, accelerando processi che prima richiedevano mesi”.

Un’unica piattaforma, tre ambienti operativi
Il supporto nativo a tre ambienti operativi enterprise, denominatore comunque della famiglia Power, assicura la flessibilità alle organizzazioni che devono evolvere senza interruzioni:
- AIX, lo Unix proprietario IBM, per workload mission-critical ad alta affidabilità
- Linux, per la massima apertura, interoperabilità e supporto al mondo cloud-native
- IBM i, il moderno erede dell’AS/400, che garantisce compatibilità con migliaia di applicazioni legacy ancora operative
“Per le aziende che operano ancora su piattaforme storiche come AS/400 – aggiunge Mariani – Power11 rappresenta una via concreta alla modernizzazione: consente di mantenere la stabilità operativa dell’ambiente IBM i, introducendo allo stesso tempo nuove capacità in ambito AI, automazione e cloud ibrido. Il supporto a IBM PowerVS consente di estendere i workload Power anche in cloud, con la stessa sicurezza dell’on-premise. Il vantaggio è anche architetturale: Power11 adotta una struttura RISC (Reduced Instruction Set Computing) che massimizza l’efficienza computazionale e abilita fino a 8 thread per core, garantendo alte prestazioni anche in scenari ad alta variabilità di carico”.
Power11: un’infrastruttura co-progettata con partner e clienti
Abbandonando la traiettoria lineare delle evoluzioni precedenti per intraprendere un vero cambio di paradigma, con Power11, IBM cambia approccio alla sua progettazione per accogliere le domande del mercato.
“I nostri clienti e i nostri partner ci hanno indicato tre priorità non negoziabili – sottolinea Scheerová –: eliminare il downtime pianificato che blocca i servizi core, integrare l’AI localmente sui propri dataset per ridurre i rischi di compliance, e rafforzare la resilienza per difendersi da minacce che evolvono a una velocità impressionante, inclusi gli scenari quantistici. Questo ci ha portati a riprogettare non solo il processore, ma l’intero stack, dal firmware alla gestione del ciclo di vita, cambiando radicalmente approccio”.
Automazione e zero downtime per liberare tempo e ridurre i rischi operativi
Come hanno evidenziato i due manager, uno dei segnali più chiari emersi dal confronto con CIO e responsabili infrastrutturali riguarda la gestione dei fermi pianificati. In molti settori, infatti, ogni finestra di manutenzione rappresenta un rischio: non solo in termini di discontinuità operativa, ma anche per i costi nascosti legati alla complessità organizzativa, alla compliance e al time-to-recovery.
“Con Power11 siamo riusciti a portare a compimento un obiettivo ambizioso: eliminare il downtime pianificato per le operazioni di patching, aggiornamento e manutenzione – puntualizza Scheerová -. Questo significa che i team IT non devono più passare settimane a pianificare interventi delicati con il timore di impattare i sistemi core. Abbiamo integrato rolling upgrade, patching autonomo e spostamento automatico dei carichi, orchestrati in modo proattivo. Il risultato è che i CIO possono liberare fino al 40% del tempo operativo dei loro team, riducendo contemporaneamente il rischio operativo legato ai change manuali”.

Cyber resiliency by design: proteggere i workload mission-critical
In un contesto in cui il rischio cyber si fa sempre più pervasivo e sofisticato, le aziende non chiedono più solo protezione: chiedono continuità. La vera sfida, oggi, è mantenere attivi i processi mission-critical anche durante un attacco. Questo vale soprattutto per i settori regolamentati, dove un blocco infrastrutturale può tradursi in danni legali, perdite economiche e impatti reputazionali non recuperabili.
“Power Cyber Vault è integrato direttamente nella piattaforma azionando meccanismi di rilevamento delle minacce ransomware in meno di un minuto, basati sul framework NIST – fa notare Mariani -. Questo è possibile grazie a snapshot immutabili, alla crittografia quantum-safe e a un monitoraggio continuo che non richiede interventi manuali. In pratica, abbiamo spostato la sicurezza a un livello progettuale: non si tratta più di aggiungere layer di protezione dopo, ma di costruire il server stesso come un sistema resiliente, che protegge dati e processi core anche da minacce sofisticate come gli attacchi harvest-now, decrypt-later legati al futuro del quantum computing”.
Prestazioni, resilienza e sostenibilità in un unico design
Nella release 11 IBM ha scelto di unire efficienza e potenza in modo nativo un’unica piattaforma infrastrutturale. L’obiettivo: offrire prestazioni elevate riducendo i consumi, per aiutare le aziende a rispettare i target ESG e contenere il TCO, senza compromettere l’affidabilità dei workload più critici. La novità è che l’efficienza energetica diventa un parametro strategico, non più solo un plus operativo.
“Power11 riesce a garantire fino al doppio delle performance per watt rispetto a server x86 comparabili e offre un +28% di efficienza energetica misurata su workload reali nella modalità Energy-Efficient, con TCO ridotto del 51% su workload core banking in ambiente OpenShift – evidenzia Mariani -. Non è solo una questione di consumi: abbiamo introdotto uno spare core che resta inattivo finché non serve, e si attiva automaticamente in caso di guasto. È un meccanismo di auto-riparazione hardware che riflette la nostra idea di resilienza: un sistema che si autoregola, riduce i fermi e limita l’intervento umano, con benefici diretti anche sui costi e sull’impatto ambientale”.
Un ecosistema aperto per migrare verso il cloud ibrido
Nell’attuale scenario ibrido, le aziende non cercano solo prestazioni o scalabilità: chiedono di portare AI e automazione sui propri dati critici, ovunque si trovino – on-premise, in cloud pubblico o al margine – senza rinunciare alla governance e alla compliance. È una richiesta strategica, che spinge l’infrastruttura a evolvere da semplice piattaforma elaborativa a vero e proprio ambiente operativo integrato, capace di gestire workload moderni e legacy in modo fluido e sicuro. Power11 risponde a queste esigenze con un design hardware e software pensato per la memoria intensiva e la parallelizzazione spinta.
“Non solo estendiamo la nuova piattaforma anche come Power Virtual Server sul nostro cloud, certificato hyperscaler per RISE with SAP – conclude Mariani -. Mettiamo a disposizione un ecosistema completo che include Red Hat OpenShift AI, watsonx.data e un ampio network di ISV e system integrator. Questo permette alle imprese di orchestrare container, AI e workload tradizionali in un ambiente aperto, ben governato, dove la protezione dei dati resta centrale”.