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Fondazione Chips.IT: l’Italia punta su imprese e ingegneri elettronici



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Da inizio anno è operativo il tanto necessario Centro Italiano per il design di circuiti integrati a semiconduttore lanciato a fine 2023 con il nome di Fondazione Chips.IT. Svilupperà progetti di ricerca e innovazione pubblico-privati, facendo leva su ricercatori e dottorandi esperti del settore. Perché possa operare in modo impattante per l’economia nazionale, ne servono…

Pubblicato il 11 mar 2024

Marta Abba'

Giornalista



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È presto per stimare l’impatto che avrà sull’economia del Paese, diretto o indiretto che lo si voglia valutare. Resta per ora un atto simbolico importante e il primo impegno concreto e “verticale” dell’Italia nell’implementazione di una strategia nazionale per la microelettronica. Si tratta del Centro italiano per il design dei circuiti integrati a semiconduttore lanciato a due mesi dall’inizio del 2024 con il nome di Fondazione Chips.IT.

“Prima non c’era nessun istituto di ricerca che si occupasse di microelettronica in modo esclusivo, anche se molti avevano e tuttora hanno delle attività che toccano questo settore. La nostra è la prima iniziativa governata centralmente, è una preziosa occasione per fare sistema” spiega Enrico Sangiorgi, membro del cda e docente al Dipartimento di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi” dell’Università di Bologna.

Un obiettivo, tre mission, tante aziende potenzialmente coinvolte

Nella natura di questo nuovo soggetto, c’è un focus nel focus, nasce infatti con l’obiettivo di occuparsi unicamente di progettazione di circuiti integrati a semiconduttore, di quello che in inglese si chiama IC Design (Integrated Circuit Design). Una scelta “essenziale e strategica” secondo Sangiorgi: “oltre a essere perfettamente in linea con la cultura industriale italiana, non richiede gli stessi investimenti e il lasso di tempo impegnativo necessari per la produzione. Inoltre, coinvolge anche le aziende a valle della supply chain che possono imparare a progettarli e a comprenderne meglio struttura e specificità”. C’è anche un tema “europeo”: “il nostro continente è indietro sul digitale avanzato, ma lo è ancora di più sul design che nei chip rappresenta circa il 30% del valore aggiunto nei chip. Negli USA non è così, era necessario contribuire al cambiamento”.

All’interno di un ambito così preciso e chiaramente perimetrato, la missione della Fondazione Chips.IT assume tre dimensioni. Per prima cosa deve occuparsi delle competenze IT, per aumentarne il livello in chi opera già nel settore, a beneficio del settore produzione nazionale. Nel frattempo, si rivolge alle aziende, sia a quelle “a monte”, sia a quelle “a valle”.

Con quelle che costruiscono o vendono chip – siano fabless, produttori o foundries – porterà avanti attività di ricerca e innovazione congiunte. Alle imprese che invece utilizzano i chip, offrirà la possibilità di conoscerli e progettarli, “perché possano svolgere d’ora in poi un ruolo più attivo” spiega Sangiorgi. E continua: “Sono realtà che in passato usavano l’elettronica come una commodity, ma adesso non è più possibile. La catena del valore si è accorciata e hanno cambiato atteggiamento: senza più gli anelli intermedi, si sono rese conto che devono avvicinarsi con più consapevolezza al mondo dei chips. Vale sia per le più grandi che, anche, per le più piccole”.

Attività urgenti: subito in campo per rispondere al Chips Act

Un “bagno di realtà” che hanno fatto anche i decisori politici di tutto il mondo, quando i nodi sono venuti al pettine, al giungere dei primi allarmi di shortage dei semiconduttori. “Si sono resi tutti conto del valore aggiunto che i chip sono arrivati a rappresentare all’interno del sistema economico di un Paese, in modo trasversale, settore per settore” spiega Sangiorgi. E ricorda che, dal 2020 a oggi, il contributo dei chip all’interno di un sistema elettronico è passato dal 20 al 30%: “chi resta fuori dal mercato, quindi, finirà per diventare un ‘costruttore di scatole’, totalmente dipendente da altri”.

Assieme alle grandi potenze IT e agli altri Paesi europei, anche l’Italia si è resa conto di doversi muovere. Infatti, dopo il Chips Act, facendo tesoro delle raccomandazioni contenute nel libro bianco consegnato al governo Draghi al suo scadere e dei 4 miliardi di euro scommessi a quel tempo sulla microelettronica, ha lanciato la Fondazione Chips.IT. L’urgenza di iniziare concretamente le attività è parsa evidente dal fatto le ha avviate a inizio gennaio, seppure ancora in una sede provvisoria presso l’Università degli Studi di Pavia, in attesa di sistemarsi all’interno del Parco Gerolamo Cardano, un parco tecnologico sempre legato all’ateneo lombardo.

Cercasi elettronici “ponte” tra fondazione e imprese

Prima ancora di nascere, o quasi, la Fondazione Chip.IT aveva scritto nel proprio destino che sarebbe diventata il competence center nazionale del settore. Quello che il Chips Act chiede di individuare o creare a ogni membro dell’Unione, perché faccia da raccordo tra le aziende di ogni settore sparse sul territorio e le iniziative europee. “Sempre legate al Chips Act ci sono 4 call aperte – spiega Sangiorgi – che riguardano laboratori per portare a livello pre-industriale la tecnologia da far poi sfruttare alle aziende. Per quella sull’elettronica di potenza di nuova generazione si sta formando una cordata italiana e la Fondazione Chips.it avrà un ruolo strategico nella progettazione all’interno di questo filone”.

L’elettronica di potenza rappresenta uno dei punti di forza dell’Italia, secondo Sangiorgi: “abbiamo player leader mondiali come ST Microelectronics che vi opera, è presente nell’automotive e nel settore energia, soprattutto, ma presto lo sarà in tutti i dispositivi IT, anche nei più semplice, sostituendo il silicio puro anche per potenze più basse e in presenza delle energie rinnovabili” aggiunge.

Un altro verticale di microelettronica su cui la Fondazione Chips.it – e con essa l’intera Italia – intende puntare è quello dei circuiti analogici digitali misti per il 6G. “Questo rappresenta un fiore all’occhiello dell’Università di Pavia, con cui collaboreremo per sviluppare accordi tra pubblico e privato” spiega Sangiorgi, ricordando anche il tanto lavoro da fare nel settore del digitale puro. “Tutta l’Europa è molto indietro rispetto ad altre aree del mondo. Se nella produzione Taiwan predomina, noi dobbiamo guadagnare spazio nel design”.

Le direzioni in cui impegnarsi con maggiore urgenza e grinta sono chiare. Sarà il nuovo direttore a decidere come. “È necessario costruire un modello di relazione tra noi e l’università, per ‘adottare’ dottorandi impegnati su temi di interesse nostro e delle aziende – spiega Sangiorgi – e servirà ugualmente capire come realizzare progettualità congiunte con le aziende”. Quelle interessate fin da subito non sono mancate, la sfida più complessa sarà infatti la ricerca di ricercatori e dottorandi da assumere per poi farli collaborare con le aziende secondo il modello di relazione che si andrà a costruire. “Ci aspetta una forte opera di moral suasion, per far capire alle scuole e soprattutto alle famiglie che gli ingegneri elettronici sono i più richiesti sul mercato” sottolinea Sangiorgi. “È una carriera poco nota e che la scuola non promuove. Oggi, però, è una questione strategica per l’intero Paese: serve un impegno congiunto e deciso per far aumentare queste risorse, sia in numero e che in qualità”.

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