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Chi è l’autore di questo SQL: un freelance o un LLM? 

Se si cerca di assumere un remote worker per scrivere SQL c’è il forte rischio che sfrutti un modello linguistico di grandi dimensioni. Le piattaforme di lavoro on line oggi non sono pronte per impedirglielo e forse neppure vogliono farlo

Pubblicato il 19 Giu 2023

C’è un universo di realtà non ancora pronte ad affrontare una novità come l’AI generativa. Se ne parla da mesi, era nell’aria da anni ma solo ora se ne stanno realmente saggiando limiti e rischi. In questo universo ci sono anche le piattaforme di lavoro on line. La maggior parte non ha ancora formulato policy significative che regolino l’uso di tale tecnologia per fare offerte ed eseguire lavori pubblicati.

Il trabocchetto di Intuition Machine

A denunciare questa completa e preoccupante impreparazione è l’azienda di machine learning Intuition Machines. Se ne è accorta quando si è messa in testa di verificare se i lavoratori che fanno offerte per i lavori pubblicati sulla piattaforma Upwork utilizzino strumenti di IA generativa. L’esito non è stato dei migliori, ma è l’occasione per approfondirne i meccanismi e cercare soluzioni definitive.

Per inquadrare meglio il problema è necessario sapere che i guadagni sono determinati dal numero di lavori per i quali si fa un’offerta e dal tempo impiegato per rispondere. Questa logica di premio inserita in tempi non sospetti, oggi risulta una naturale spinta all’utilizzo di ChatGPT e simili. Infatti lo sfruttano in molti, Intuition Machines l’ha potuto verificare in presa diretta grazie a un esperimento studiato ad hoc.

Di recente ha creato un annuncio di lavoro con una domanda di selezione progettata per fornire un risultato errato se la risposta fosse stata data da LLM noti. Si spiegava che chi avrebbe fornito le risposte corrette sarebbe stato assunto per scrivere un tutorial sull’argomento. Tale annuncio è andato a vuoto, perché tutti quei pochi che avevano provato a rispondere avevano usufruito di LLM, nonostante si chiedesse di non farlo. A quanto pare, senza nemmeno “ritoccare” le risposte per aggiungere un “pizzico” di valore umano.

Nessun filtro anti-LLM, spazio al libero arbitrio

Questo piccolo test, seppure per ora circostanziato, apre un’importante riflessione sul futuro del mercato del lavoro. Soprattutto di quello da remoto. Va preso atto, infatti, che nell’ultimo anno le prestazioni dei modelli linguistici di grandi dimensioni hanno superato di gran lunga i sistemi esistenti per rilevare questi errori. Non si può tornare indietro, però: è necessario evolvere e capire come non farsi “prendere in giro” in un panorama di competenze e strumenti ridisegnato dall’AI generativa. Prima ancora vanno alzate le mani in segno di resa: gli attuali sistemi di rilevamento dello spam sono indiscutibilmente inefficaci quando si tratta dell’attuale generazione di modelli.

Nonostante lo schiacciante esito dell’esperimento, i ricercatori sono ottimisti: esistono tecniche per rilevare l’output LLM che funzionano. Esistono o, per lo meno, le si possono creare. Alcune piattaforme stanno cercando di difendersi con vari avvertimenti o richiedendo colloqui conoscitivi on line, live. L’idea è quella di prevedere ulteriori “prove” che l’offerente esegua manualmente il task richiesto.

Intanto Upwork, “pizzicata” dai ricercatori, ha iniziato a raccomandare ai freelance di rivelare chiaramente al cliente quando l’intelligenza artificiale è stata utilizzata nella creazione di contenuti. Non solo: ha anche rivisto i Termini del contratto di servizio opzionale, l’Accordo con l’utente e le Condizioni d’uso per chiarire come e quando l’IA generativa può essere utilizzata.

Nel primo caso, in particolare, ha scelto di consentire all’acquirente di escludere contrattualmente strumenti come ChatGPT. Nelle Condizioni d’uso è stata invece inserita una clausola di frode che vieta “l’uso dell’intelligenza artificiale generativa o di altri strumenti per rafforzare in modo sostanziale le proposte di lavoro se tale uso è limitato dal cliente o viola i diritti di terzi”.

Dopo queste mosse, più difensive che proattive, se ne è lavata le mani. La sua idea, e probabilmente quella di molti suoi “colleghi”, è che si tratti di un affare tra richiedente e offerente. Secondo Upwork spetterebbe infatti a loro, di comune accordo, decidere se gli strumenti di AI generativa siano adatti a un progetto, sempre che sia previsto nei termini contrattuali.

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