Change management

Cambiare davvero: come funziona il modello ADKAR per la trasformazione organizzativa 



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ll cambiamento parte dall’individuo, ma si consolida solo se supportato da un approccio strutturato. In 5 fasi, il modello ADKAR aiuta manager e team ad affrontare le transizioni in modo consapevole e ponderato. Un’introduzione pratica e una check list per capire da dove iniziare e come evitare un cambiamento “a formaggio svizzero” 

Pubblicato il 30 lug 2025

Nicole Mantegari

Controller & Innovation Consultant

Marco Perona

Professore ordinario – Università degli studi di Brescia



modello ADKAR

Questo articolo è il sesto contributo di una piccola serie, realizzata da docenti e professionisti, sul tema della gestione del cambiamento tecnologico in ambito industriale, combinando conoscenze teoriche ed esperienze vissute sul campo.  

Nei precedenti articoli sono stati discussi:

In questo articolo presentiamo le generalità del modello ADKAR, uno dei principali modelli che si possono utilizzare per guidare efficacemente questi progetti di cambiamento. Esso verrà descritto più compiutamente nelle sue diverse componenti a partire dal prossimo articolo.

ADKAR: Il cuore del cambiamento sostenibile

Ogni cambiamento, che sia personale, professionale o organizzativo, inizia da un punto fondamentale: l’individuo. Anche nei contesti più complessi, dove trasformazioni tecnologiche o strategiche coinvolgono centinaia di persone, il successo dipende da come ogni singola persona attraversa il proprio percorso di adattamento e conseguentemente da come si comporta il team nel suo complesso.

Secondo il modello ADKAR, il successo dipende sia dal percorso individuale che ciascuna persona compie attraverso cinque fasi sia da come queste esperienze si intrecciano all’interno della dinamica di gruppo.

La dimensione collettiva non si riduce semplicemente alla somma dei singoli percorsi individuali: emergono infatti fenomeni sistemici per cui l’interazione tra i membri del team può amplificare o ostacolare il cambiamento. È quindi essenziale monitorare entrambe le dimensioni – quella individuale e quella collettiva – per facilitare una trasformazione efficace e sostenibile, che dura nel tempo, che viene mantenuto anche dopo la fase iniziale di implementazione.

“Cambiamo per una ragione” non significa che la ragione di ogni cambiamento sia la stessa, ma solo che c’è una ragione specifica per un dato cambiamento. Le ragioni del cambiamento sono varie quanto i cambiamenti stessi. È qui che entra in gioco ADKAR.

Quando si adotta una lente ADKAR, si acquisisce la conoscenza e le competenze necessarie per:

  • Informare e facilitare il cambiamento individuale attraverso azioni che rimuovono le barriere e amplificano i fattori di successo nei percorsi di cambiamento; 
  • Influenzare il cambiamento organizzativo integrando con struttura e processo, il che accelera i progressi e migliora i risultati; 
  • Ispirare gli altri a sviluppare capacità di cambiamento sfruttando pratiche comprovate, il che si traduce in maggiore agilità e resilienza nel tempo. 

Questo modello non è solo una teoria: è una roadmap concreta per affrontare e guidare la trasformazione, fornendo strumenti pratici, diagnostici e interculturali applicabili ovunque. ADKAR è un quadro concettuale che rende il cambiamento comprensibile in quanto:

  • aiuta chi progetta il cambiamento ad esporlo in termini più chiari; 
  • aiuta chi è coinvolto nel cambiamento a comprendere le intenzioni di chi lo ha progettato  

Le 5 fasi del modello ADKAR

risultati definiti da ADKAR sono sequenziali, le cinque fasi del modello devono essere affrontate in un ordine preciso e sono cumulative, ogni fase si costruisce sulla precedente. Devono essere raggiunti in successione affinché un cambiamento sia efficace e sostenuto. Un individuo deve progredire in ordine.

ADKAR è l’acronimo di cinque elementi fondamentali che determinano il successo del cambiamento individuale, che vengono brevemente descritti nel seguito.

1) Awareness (Consapevolezza) – Capire e condividere il perché   

Comprendere e condividere la necessità del cambiamento è il primo passo del processo di trasformazione. Le persone coinvolte dal percorso di cambiamento hanno bisogno di sapere e possibilmente di condividere perché si cambia. Senza questo, ogni ulteriore passaggio sarà fragile. Le attività di comunicazione devono rispondere a questa esigenza, mitigando la naturale resistenza che le persone possono opporre al cambiamento.

Consapevolezza nel modello ADKAR non significa solo sapere che un cambiamento sta avvenendo, ma è comprendere profondamente perché e condividere che è necessario. Le persone abbracciano più facilmente il cambiamento quando percepiscono le ragioni valide a favore del cambiamento e i rischi insiti nel non cambiare. La consapevolezza dipende da fattori come la visione personale dello stato attuale, la percezione del problema e la credibilità di chi comunica il cambiamento. Soddisfare il bisogno umano di sapere “perché” è quindi il primo passo che è necessario compiere per superare la resistenza al cambiamento.

2) Desire (Desiderio) – Voler cambiare 

La consapevolezza da sola non genera impegno verso il cambiamento. Per ottenere questo secondo effetto, è necessario un Desiderio autentico, personale. I leader del cambiamento devono quindi rispondere a una domanda fondamentale: che cosa c’è in gioco per me? (WIIFM – What’s In It For Me). Solo toccando i motivatori intrinseci ed estrinseci delle persone si può stimolare un vero coinvolgimento. Il desiderio nel modello ADKAR rappresenta la volontà personale di partecipare attivamente al cambiamento, distinta dalla semplice comprensione e condivisione del perché esso avvenga.

A differenza della Consapevolezza, il desiderio è guidato da motivazioni individuali, influenzate da fattori personali, esperienze passate e percezione dei benefici o rischi. Per stimolarlo, i leader devono aiutare ciascuna delle persone impattate dal percorso di cambiamento singolarmente a rispondere alla domanda: “Che cosa c’è in gioco per me?”. Il cambiamento, infatti, è una decisione personale: si può influenzare, ma non imporre.

Anche se il cambiamento è una decisione personale, non avviene mai in isolamento. L’individuo è inserito in un contesto sociale e il team di lavoro con le sue dinamiche, aspettative, pressioni e norme può influenzare fortemente la disponibilità al cambiamento. Il Desiderio si costruisce così a due livelli:

  • Individuale, come spinta personale alla partecipazione 
  • Collettivo, come clima culturale condiviso che può rafforzare o indebolire la motivazione 

Per questo, i leader devono agire sia sul singolo, sia sulla cultura del gruppo, creando condizioni in cui l’adesione collettiva sostenga le scelte individuali. I

l cambiamento, infatti, è una decisione personale, ma può essere facilitato o ostacolato dal gruppo di appartenenza. Il desiderio di partecipare al cambiamento dipende infatti anche dalla percezione di un ambiente sicuro in cui si può contribuire senza paura di giudizio o conseguenze negative. Se non c’è sicurezza psicologica, le persone possono avere consapevolezza del cambiamento ma non avranno il desiderio di esporsi, proporre idee o assumersi rischi. La sicurezza psicologica è quindi un prerequisito fondamentale perché le persone si sentano libere di esprimersi, fare domande, ammettere errori e contribuire attivamente al cambiamento. Un ambiente sicuro riduce la paura di sbagliare, aumentando la motivazione intrinseca e l’adesione volontaria.

3) Knowledge (Conoscenza) – Sapere come fare a cambiare 

Quando hanno sviluppato il desiderio di cambiare, le persone sono pronte a imparare come fare a cambiare. Questa Conoscenza non è sviluppata solo attraverso la formazione tecnica, ma riguarda anche i cosiddetti “soft factors”, tra cui ad esempio: nuovi comportamenti, strumenti, ruoli e mentalità. Senza consapevolezza e desiderio, la formazione resta inefficace. La Conoscenza qui indicata rappresenta ciò che una persona deve sapere per implementare il cambiamento: informazioni, formazione, competenze e comportamenti richiesti. È efficace solo se preceduta da Consapevolezza e Desiderio, altrimenti l’apprendimento non attecchisce. Ogni individuo ha bisogni e stili di apprendimento diversi e le risorse disponibili giocano un ruolo chiave. La Conoscenza è la base per sviluppare l’Abilità e concretizzare il cambiamento.

Tuttavia, per essere davvero efficace, la conoscenza va costruita tenendo conto di due livelli:

  • Individuale, perché ciascuno ha bisogni e stili di apprendimento differenti 
  • Collettivo, perché il cambiamento si consolida quando c’è un linguaggio comune, uno scambio di esperienze, un supporto reciproco tra pari. L’apprendimento non è mai solo un fatto isolato. 

Per trasferire la conoscenza in modo efficace servono:

  • Persone competenti che possano fare da mentori, formatori o modelli 

Inoltre servono risorse adeguate:

  • Tempo e spazi per apprendere senza pressione 
  • Materiali didattici e strumenti pratici per esercitarsi 
  • Risorse economiche per finanziare formazione, coaching o supporti esterni 

Oltre a garantire risorse adeguate la direzione ha la responsabilità di continuare a mantenere un clima di sicurezza psicologica. Le persone devono sentirsi libere di esprimere dubbi, fare domande e commettere errori senza timore di ripercussioni anche durante la fase di apprendimento. Un ambiente sicuro favorisce la partecipazione attiva e la motivazione intrinseca al cambiamento.

4) Ability (Abilità) – Saper fare davvero

Sapere in teoria non equivale a mettere in pratica. Per mettere davvero in pratica il cambiamento servono tempo, supporto e il superamento di barriere psicologiche, abitudini consolidate o mancanza di risorse. Solo sviluppando abilità pratiche di cambiamento le persone riescono ad applicare il cambiamento nella realtà. L’Abilità è quindi la capacità concreta di mettere in pratica il cambiamento a un livello di prestazione adeguato. Richiede tempo, allenamento e superamento di ostacoli come insicurezza, abitudini consolidate o mancanza di tempo.

Anche con la giusta conoscenza, l’abilità non è quindi automatica: va sviluppata con supporto, pratica e feedback. Solo così il cambiamento può diventare reale e sostenibile nel quotidiano.

5) Reinforment (Rinforzo) – Mantenere il cambiamento

Il Rinforzo è la parte spesso trascurata, ma essenziale, del processo di cambiamento. Riconoscere i progressi, assicurare che non ci siano conseguenze negative e creare responsabilità sono azioni cruciali a tal fine.

Il rinforzo è ciò che trasforma un cambiamento temporaneo in uno permanente. In altre parole, il rinforzo consolida il cambiamento nel tempo, rendendolo duraturo. Coinvolge azioni intenzionali come riconoscimenti, responsabilità e feedback, che aiutano a mantenere nuovi comportamenti.

Senza rinforzo, le persone tendono a regredire alle vecchie abitudini, vanificando gli sforzi fatti per cambiare. Rinforzare significa celebrare i progressi e assicurarsi che il cambiamento rimanga attivo e sostenibile.

ADKAR nel tempo e nello spazio

Il cambiamento non è un singolo evento, ma un processo che si articola in tre fasi fondamentali: stato attuale, stato di transizione e stato futuro. Questo percorso rappresenta il viaggio che ogni persona compie nel momento in cui è coinvolta in un cambiamento, sia esso personale, professionale o organizzativo.

Stato Attuale: la zona di comfort 

Lo stato attuale (AS-IS) è caratterizzato da ciò che conosciamo, dove ci sentiamo competenti e sicuri. In questa fase:

  • siamo a nostro agio con il modo in cui si fanno le cose. 
  • abbiamo ottenuto risultati e sviluppato competenze. 
  • conosciamo i processi, gli strumenti e le relazioni attuali. 

Tuttavia, proprio questa stabilità può rendere difficile riconoscere la necessità del cambiamento.

Stato di Transizione: il caos creativo 

La fase di transizione è il cuore del cambiamento, ma anche la più critica. È un periodo di incertezza, adattamento e possibile disorientamento. Durante questa fase:

  • le vecchie certezze vengono messe in discussione. 
  • l’apprendimento di nuovi metodi e comportamenti richiede tempo ed energia. 
  • le emozioni possono oscillare tra confusione, resistenza, entusiasmo e fatica. 

È in questo spazio che il supporto al cambiamento diventa essenziale: comunicazione chiara, formazione, coaching e rinforzo positivo aiutano a mantenere la rotta.

Stato Futuro: il nuovo equilibrio 

Il futuro (TO-BE) rappresenta la meta del cambiamento, il punto in cui i benefici attesi cominciano a realizzarsi. Tuttavia:

  • potrebbe non essere ancora completamente definito o compreso da tutti. 
  • le persone possono chiedersi se avranno successo o se il cambiamento soddisferà le loro aspettative. 
  • l’incertezza può ancora generare esitazione. 

Con una gestione del cambiamento efficace, la transizione verso il nuovo è più breve, mirata e meno dolorosa. Possiamo immaginare il cambiamento come un ponte che collega lo stato attuale a un futuro desiderato, ricco di benefici. Ma senza una solida impalcatura di change management, quel ponte rischia di allungarsi all’infinito, diventando instabile e disseminato di ostacoli.

Il risultato? Un futuro incompleto, frammentato, pieno di falle: ciò che alcuni esperti definiscono un “futuro a formaggio svizzero” (Swiss cheese, vedi figura)

Fasi fondamentali del processo e Swiss cheese 


In questa metafora, i buchi del formaggio rappresentano le lacune individuali nel percorso di cambiamento: persone che non aderiscono, che non acquisiscono le competenze richieste, che regrediscono alle vecchie abitudini o che addirittura lasciano l’organizzazione. La figura visualizza questo scenario: un cambiamento apparentemente realizzato, ma costellato di punti deboli invisibili, che compromettono il risultato finale. 

Le conseguenze sono concrete: un ritorno sull’investimento (ROI) compromesso, il peso dei fallimenti precedenti che frena l’innovazione e una crescente perdita di fiducia nella leadership.
Per evitare tutto questo, è fondamentale accompagnare e sostenere ogni singolo individuo nel proprio percorso di transizione, garantendo coerenza e tenuta del sistema complessivo.

Dall’individuo all’organizzazione

Ogni persona deve attraversare un proprio percorso di transizione affinché il cambiamento possa concretizzarsi a livello collettivo. In questo senso, il modello si avvicina alla teoria di William Bridges, che distingue tra cambiamento esterno e transizione interiore il processo interiore, soggettivo, che ciascuna persona attraversa per adattarsi al cambiamento.

Con strumenti semplici ma mirati come questo, ADKAR diventa un modello vivo, capace di guidare non solo il cambiamento organizzativo, ma anche le conversazioni, il coinvolgimento e la crescita delle persone coinvolte.
Il cambiamento funziona davvero quando ognuno può dire: “So dove sono, so cosa mi serve e so come posso muovermi in avanti, coerentemente a come l’intera organizzazione vuole e deve muoversi.”

Check-list di domande autoriflessive

Di seguito la consueta tabella con domande che vi aiuteranno a prendere confidenza con le fasi e prepararvi all’immersione nei prossimi articoli dove tratteremo ogni fase nella sua interezza.

A Awareness (Consapevolezza)Perché questo cambiamento è necessario?
Cosa succederà se non cambiamo?
Quali sono i benefici per me (WIIFM – What’s In It For Me)?
Quanto sono convinto dei benefici che deriveranno per me e per l’intera organizzazione?
D Desire (Desiderio)Ho deciso di sostenere questo cambiamento?
Quali motivazioni personali mi spingono?
Quali motivazioni organizzative mi incoraggiano? Il team si sente libero di porre domande, ammettere lacune e imparare dagli errori senza timore di essere giudicato?
K Knowledge (Conoscenza)So come attuare questo cambiamento?
Quali informazioni devo conoscere prima, durante e dopo il cambiamento?
Ci sono lacune significative nelle mie conoscenze o competenze (K-A gaps)?
A Ability (Abilità)Sono in grado di mettere in pratica le nuove competenze e comportamenti?
Ci sono barriere o limiti alla mia capacità di agire?
Ho avuto opportunità di pratica o coaching?
R Reinforcement (Rinforzo)Continuerò a sostenere questo cambiamento nel tempo?
Quali meccanismi di supporto sono in atto per mantenere il cambiamento?
Come misuriamo il successo e la sostenibilità del cambiamento?

Co-autori

  • Giovanni Sgalambro – Co-founder e CEO Accompany, Adjunct professor of “Organizing & Leading Change” Unicatt, Co-founder e Past President Assochange 
  • Stefan Wilda – Coach SITC (Swiss Institute for Training and Coaching) 
  • Luca Argenton – Co-founder e CEO, Digital Attitude 
  • Federico Adrodegari – Ricercatore di service management e servitization, Università degli Studi di Brescia 
  • Filippo Muzi Falconi – CEO, Methodos 
  • Anna De Carolis – Assistant Professor, Politecnico di Milano 
  • Lino Codara – Professore Associato in Sociologia dei processi economici e del lavoro, Università degli Studi di Brescia 

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