L’analisi

Data sharing assicurativo: accesso ai dati, antifrode e nuovi rischi nei Data Spaces europei



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Il data sharing ridefinisce il modo in cui il settore assicurativo gestisce servizi, rischi e interagisce con cittadini e istituzioni. Il suo sviluppo in Europa apre questioni di governance, equità competitiva e tutela dei consumatori. Le considerazioni di Pietro Biassoni, Data Officer & Head of Operations Advanced Analytics di Allianz Italia

Pubblicato il 11 dic 2025



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La diffusione del data sharing sta assumendo un ruolo centrale nell’evoluzione dei servizi assicurativi. Pietro Biassoni, Data Officer & Head of Operations Advanced Analytics di Allianz Italia, lo ha spiegato nel corso del convegno “Data & Decision Intelligence: pilotare l’AI per usarla davvero!”, organizzato dall’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano.

Il suo intervento mette in luce un aspetto chiave: in Italia la condivisione dei dati è ormai parte integrante delle attività delle compagnie, mentre in altre aree d’Europa il quadro è molto diverso. È un divario che incide sulla qualità dei servizi offerti, sulla concorrenza e sulle possibilità di sviluppare ecosistemi informativi più ampi.

Il data sharing come fondamento del settore assicurativo italiano

Nel settore assicurativo italiano la circolazione dei dati è una pratica consolidata. Biassoni ricorda che è già possibile ottenere una quotazione auto usando solo targa e data di nascita. Definisce questo modello come un punto di svolta introdotto più di dieci anni fa e poi adottato da tutto il mercato. Sottolinea però un aspetto poco noto: uno dei due dati richiesti non serve alla valutazione tecnica della polizza, ma è necessario per rispettare le norme che impediscono accessi impropri alle informazioni sui proprietari dei veicoli.

Secondo Biassoni, questo livello di integrazione informativa non è diffuso in tutta Europa. L’accesso alle visure degli autoveicoli cambia da Paese a Paese e, in molti casi, non è paragonabile a quello italiano. Ne deriva un mercato frammentato, dove alcuni sistemi assicurativi possono contare su un patrimonio informativo molto più ampio e altri devono ancora gestire procedure più lente e meno automatizzate.

I vantaggi per cittadini e imprese

Il data sharing offre benefici tangibili. Per le imprese significa processi più fluidi e una migliore gestione delle attività operative. Per i cittadini significa una riduzione degli oneri informativi.

Biassoni osserva che nessuno si aspetta di compilare «un form di 50 informazioni» per sottoscrivere una polizza. L’accesso ai dati pubblici e privati riduce gli errori, evita passaggi ridondanti e accorcia i tempi necessari per completare un contratto.  

Questa semplificazione è possibile perché molti dei dati richiesti in passato sono oggi disponibili all’interno di sistemi interconnessi. Le compagnie non devono più affidarsi solo alle dichiarazioni dei cittadini e possono verificare molte informazioni alla fonte. È un cambiamento che migliora l’esperienza di sottoscrizione e abbassa il rischio operativo.

La condivisione dei dati come strumento di tutela

Il contrasto alle frodi è un altro elemento che dimostra l’importanza del data sharing. Biassoni cita le banche dati antifrode esistenti nel settore automotive e la recente creazione di una banca dati dedicata ai sinistri non automotive. La sua costruzione è stata complessa, perché ha richiesto un equilibrio tra tutela della privacy, esigenze concorrenziali e cooperazione tra operatori. Il risultato, però, è rilevante per l’intera collettività. Biassoni afferma che la frode «non è un illecito civile, è un reato penale» e ricorda che ogni episodio illecito pesa sui premi di tutti gli assicurati.  

La possibilità di condividere dati su sinistri e comportamenti sospetti permette di individuare più rapidamente anomalie e schemi fraudolenti. È un beneficio che supera gli interessi delle singole compagnie e riguarda l’intero sistema. La riduzione delle frodi rappresenta infatti un elemento essenziale per mantenere sostenibili i costi dell’assicurazione e garantire condizioni più stabili per i cittadini.

Il ruolo delle istituzioni e la necessità di coordinamento

Una collaborazione che coinvolge più soggetti

Biassoni insiste sulla necessità di una governance condivisa. Indica la collaborazione con il Data Protection Officer e il confronto costante con imprese, regolatori e istituzioni accademiche come elementi indispensabili. L’obiettivo è trovare un equilibrio tra utilizzo dei dati e rispetto delle norme, evitando approcci frammentati.

Questo approccio non riguarda solo gli aspetti tecnici. Richiede competenze giuridiche, economiche e organizzative. La gestione del dato non può quindi essere affidata a un’unica funzione aziendale, ma deve essere distribuita tra più figure con responsabilità diverse.

Il ruolo della Piattaforma Digitale Nazionale Dati

Tra gli strumenti citati nel suo intervento emerge la Piattaforma Digitale Nazionale Dati. Biassoni la definisce una «miniera d’oro per i cittadini», purché venga utilizzata con le dovute garanzie. Allianz ha partecipato alle prime sperimentazioni insieme ad altri attori del settore assicurativo e della Pubblica Amministrazione. La piattaforma consente di accedere a dati già verificati, riducendo le richieste ai cittadini e migliorando la qualità dei servizi.

L’utilizzo della PDND non elimina la necessità di controlli e verifiche, ma permette di ridurre passaggi manuali e duplicazioni. È uno degli esempi citati da Biassoni per mostrare come la collaborazione tra imprese e istituzioni possa portare benefici concreti.

Data Spaces europei: opportunità e rischi da valutare con attenzione

L’Europa sta lavorando a nuovi Data Spaces per favorire la circolazione dei dati. Biassoni invita però a una certa prudenza. «C’è forse una certa ingenuità nel pensare che basta che creare i Data Spaces per avere del valore», afferma nel suo intervento. Sottolinea che la creazione di questi spazi deve garantire un reale level playing field, evitando che operatori con grande peso sul mercato ottengano vantaggi indebiti.

Per spiegare questo rischio cita un esempio noto: la circolazione dei dati nel settore delle utility. In alcuni casi gli utenti sono stati contattati da soggetti che si presentavano come rappresentanti degli operatori principali senza avere alcun legame reale. Questi episodi hanno generato confusione e danni reputazionali. Se situazioni simili si verificassero nel settore dei servizi finanziari, dove le informazioni sono più delicate e difficili da interpretare, le conseguenze potrebbero essere più rilevanti.

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