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Intelligenza Umana vs Intelligenza Artificiale insieme. Non invece



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Il cambiamento dirompente della GenAI rende sempre più sottile la linea di demarcazione tra l’Intelligenza Umana e l’AI. Tra tecnologie esponenziali e consistenza degli obiettivi c’è una differenza sostanziale: la capacità umana di creare valore in un sistema aperto e infinito che si chiama mondo. Le riflessioni di Riccardo Manzotti, Professore di Filosofia Teoretica

Pubblicato il 27 set 2024



riccardo manzotti ai digital360 awards 2024
Riccardo Manzotti, Professore Ordinario di Filosofia Teoretica, Università IULM di Milano

Intelligenza umana versus AI o con la AI? A guardare i progetti delle aziende, la risposta è sicuramente la seconda, considerando la mole di POC e soluzioni che negli ultimi due anni imprese grandi e piccole stanno portando avanti per agevolare l’organizzazione delle informazioni, migliorare i processi, velocizzare le analisi a supporto dei sistemi decisionali. Dal punto filosofico, la questione è ancora più complessa. Dal pensiero che l’AI avrebbe avuto la capacità di sostituire l’uomo è nato il caos.  

Per i bias cognitivi dell’essere umano, confrontarsi con una tecnologia che ha uno sviluppo dirompente può portare una confusione non solo operativa ma anche esistenziale.

IA e Io: dal calcolo delle probabilità al valore delle esperienze

In occasione del Digital360 Awards e CIOsumm.IT 2024, organizzato a Lazise, il keynote di Riccardo Manzotti, Professore Ordinario di Filosofia Teoretica, Università IULM di Milano, ha contribuito a fare chiarezza su un’evolutiva che induce a dimenticare le differenze sostanziali tra l’AI, l’intelligenza delle macchine (AI) e l’intelligenza umana (l’Io dell’essere umano, quello del cogito ergo sum).

«La tecnologia sta creando macchine sempre più simili agli esseri umani e viceversa – ha esordito Manzotti -. Lavorando a stretto contatto con questo tipo di tecnologie, le persone tendono a imitarle. Questo fenomeno si riflette anche nel nostro linguaggio che, frequentemente, si allinea a quello delle macchine, riducendo la complessità del nostro pensiero. E questo fenomeno interferisce con le nostre capacità cognitive».

Manzotti affronta il tema dell’intelligenza umana con estremo pragmatismo. Riconoscendo come l’esternalizzazione delle capacità umane affidate a strumenti tecnologici è stata una costante nella storia dell’umanità, è indubbio che ci sono stati molti vantaggi ma anche conseguenze negative. Nel momento in cui le macchine continuano a invadere attività tradizionalmente prerogativa dell’uomo, la domanda sorge spontanea: quale sarà l’evoluzione?

Una differenza cognitiva profonda

Il filosofo, per rispondere, sposta il punto di vista sulla differenza sostanziale tra il linguaggio naturale usato dalle macchine e il pensiero umano, capace di catturare la conoscenza attraverso una rete di relazioni e rapporti di causa ed effetto.

Il linguaggio naturale utilizzato dalle macchine, infatti, è basato su algoritmi e modelli matematici che analizzano e riproducono pattern linguistici. Questo tipo di linguaggio è altamente efficiente nel trattare grandi volumi di dati e nel rispondere a domande specifiche, ma manca della profondità semantica e della capacità di innovare che caratterizza il linguaggio umano che è intrinsecamente aperto e dinamico. Le macchine possono imitare il linguaggio umano fino a un certo punto, ma non possono replicare l’abilità umana di dare significato nuovo alle parole e di creare concetti originali che costituiscono i mattoni della conoscenza.

«Prima del 2017, l’informatica era una tecnologia passiva ha proseguito Manzotti -. Con l’avvento dei Transformer, le macchine sono ora in grado di creare conoscenza dall’informazione. Gli algoritmi alla base di modelli come ChatGPT sono in grado di trasformare l’informazione passiva in conoscenza attiva, cambiando radicalmente il paradigma dell’informatica tradizionale. Questo è stato possibile grazie a un modello probabilistico di intercettare il rapporto causa/effetto (senza capirlo). Trasformare l’informazione in probabilità è utile per estrarre conoscenza, dimostrando come le lettere possano essere conquistate dai numeri».

La differenza dell’intelligenza umana è non solo di utilizzare il linguaggio per descrivere il mondo. È di usarlo anche per agire su di esso, per trasformarlo e per dare senso alle proprie esperienze. Ogni volta che ci confrontiamo con qualcosa di nuovo o sconosciuto, siamo in grado di analizzarlo, comprenderlo e attribuirgli un nome, arricchendo così il nostro vocabolario e la nostra comprensione del mondo. Questo processo di continua rielaborazione e innovazione è ciò che rende il linguaggio umano un potente strumento di conoscenza e creatività.

L’unicità dell’intelligenza umana nella creazione di valore e innovazione

“Cambiamento tanto inaspettato quanto rivoluzionario – ribadisce Manzotti -, Transformer è un algoritmo basato sulle probabilità, che applica un modo matematico di intercettare il rapporto causa/effetto che ha portato le macchine a padroneggiare il linguaggio umano naturale. Tuttavia, ci sono ancora aspetti che le macchine non possono replicare. L’intelligenza umana è in grado di creare valore, un concetto intrinsecamente legato ai processi decisionali che, come sanno molto bene i CIO caratterizzano l’innovazione delle imprese».

Il punto di attenzione è che il valore non può essere quantificato o misurato, poiché è il risultato di un percorso esistenziale che coinvolge variabili emotive, comportamentali, razionali e irrazionali e via dicendo. L’intelligenza umana si confronta con l’esperienza e con l’infinita variabilità, varietà e volatilità del mondo, mentre l’intelligenza artificiale opera in un sistema chiuso di valori già definiti.

«Galileo Galilei, uno dei più grandi innovatori della storia, sottolineava che per trovare il sommo bene bisogna procedere per il contrario – conclude Manzotti -, utilizzando l’invenzione e la fantasia per osservare il mondo in modi nuovi e inaspettati. Questo approccio non convenzionale permette agli esseri umani di esplorare possibilità che le macchine, con i loro algoritmi predefiniti e sistemi chiusi, non possono nemmeno concepire».

L’invenzione e la fantasia sono strumenti potenti che alimentano la creatività umana, consentendoci di andare oltre i dati e le informazioni disponibili per immaginare nuove soluzioni, scoprire nuovi paradigmi e trasformare la nostra realtà. Mentre l’intelligenza artificiale può facilitare e ottimizzare molti aspetti della nostra vita, è l’intelligenza umana che mantiene la chiave dell’innovazione dirompente. Essa è in grado di vedere oltre l’ovvio, di mettere in discussione lo status quo e di creare valore in modi che sfidano le convenzioni e aprono nuove strade.

Ad oggi, mentre l’AI continua a evolversi e a imitare sempre più le capacità umane, l’essenza dell’intelligenza umana rimane insostituibile. La sfida per i leader aziendali sarà quella di integrare queste nuove tecnologie in modo da potenziare le capacità umane senza snaturarle, mantenendo un equilibrio tra l’efficienza delle macchine e la profondità dell’esperienza umana. Solo così potremo continuare a innovare e a creare valore in un mondo in continua evoluzione.

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