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AI e PMI: la “conoscenza” come nuovo capitale d’impresa



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WeAreProject, in collaborazione con Intel, propone un modello di adozione dell’intelligenza artificiale basato su sostenibilità, user experience e valorizzazione delle conoscenze interne. Con modelli di piccole dimensioni eseguiti su PC tradizionali dotati di NPU

Pubblicato il 31 ott 2025



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L’intelligenza artificiale non è più un orizzonte futuro, ma una tecnologia già diffusa nelle pratiche quotidiane e nei processi delle imprese. A sottolinearlo è stato Diego Lavezzi, AI Solution Manager di WeAreProject, durante l’Artificial Intelligence Talk dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano. La sua presentazione ha messo al centro il rapporto tra AI e PMI, evidenziando come l’adozione consapevole di queste tecnologie possa trasformare la gestione della conoscenza e i modelli organizzativi.

L’AI come strumento di valore per le imprese

Secondo Lavezzi, parlare di innovazione senza considerare l’AI è ormai impossibile: «Fare innovazione oggi non significa dover vincolarsi a un’unica strada ma adottare strumenti scalabili, flessibili e capaci di portare l’AI là dove crea più valore». La riflessione parte dall’osservazione che gli strumenti di intelligenza artificiale sono già entrati nelle abitudini quotidiane, dagli assistenti vocali alle previsioni automatiche di vendita. Ciò che cambia è il passaggio dal “gadget” al reale valore generato per il business.

Lavezzi ha spiegato che il gruppo WeAreProject ha avviato una sperimentazione denominata “Everywhere” in collaborazione con Intel, con l’obiettivo di indagare come portare l’AI all’interno dei processi aziendali. Non più quindi un prodotto da esibire, ma un approccio metodologico orientato alla comprensione dei bisogni delle persone e delle organizzazioni, per poi calare la tecnologia sulle esigenze reali.

Dalle persone ai processi: un approccio inverso

Il cuore del ragionamento riguarda il metodo. Lavezzi ha sottolineato che molti POC non hanno avuto successo perché sono partite dalla tecnologia senza considerare il contesto. WeAreProject ha scelto un approccio opposto, iniziando da incontri con diverse PMI ed enterprise italiane per individuare i punti in cui l’intelligenza artificiale potesse generare valore concreto.

Un aspetto centrale riguarda il rischio dell’“oblio aziendale”, definito insieme a Intel come la perdita di conoscenze che restano confinate nelle persone e non vengono mai codificate. «Il tesoro vero delle aziende è quello che rimane nascosto, quello che rimane alla testa delle nostre persone» ha affermato Lavezzi. Quando queste figure lasciano l’azienda, per pensionamento o nuove esperienze, la conoscenza rischia di svanire. È qui che l’AI può svolgere un ruolo chiave, trasformando contenuti non strutturati e tramandati oralmente in informazioni gestibili e archiviabili.

La centralità della user experience

WeAreProject ha posto la user experience al centro del progetto. Prima di arrivare all’applicazione tecnologica, il percorso individuato prevede la revisione e la rigenerazione dei documenti, la loro trasformazione e archiviazione. Solo dopo questa fase diventa utile integrare sistemi di intelligenza artificiale come il Retrieval-Augmented Generation (RAG).

Lavezzi ha chiarito che non si tratta di sostituire strumenti già esistenti, ma di sviluppare attività verticali dedicate ai bisogni aziendali. «Ho l’oggetto wow da mostrare a tutti, ma poi iniziano i problemi. Come faccio ad avere i miei ritorni?» ha spiegato, riferendosi al rischio di puntare su infrastrutture sovradimensionate e poco sostenibili.

Questa impostazione consente alle aziende di sfruttare in modo più efficiente le risorse già disponibili, trasformando la tecnologia in un supporto invisibile ma concreto, che non vincola ma abilita.

Infrastrutture e modelli locali

Un capitolo importante della sperimentazione riguarda l’infrastruttura. WeAreProject ha sperimentato l’uso di modelli di piccole dimensioni eseguiti su PC tradizionali dotati di NPU (Neural Processing Unit, processori progettati per eseguire in modo estremamente efficiente i calcoli tipici delle reti neurali e del machine learning, lavorando sull’inferenza non sul training), con CPU e GPU lasciate libere per le attività quotidiane. Questo approccio consente di decentralizzare l’elaborazione: ogni dipendente può eseguire localmente le attività di AI senza gravare sui sistemi centrali.

La componente di embedding e analisi rimane centralizzata, posizionata in cloud o on-premise, così da mantenere una knowledge base comune. In questo modo, le PMI possono ridurre i costi di inferenza, sfruttare le macchine già in uso e garantire maggiore controllo sui dati.

La combinazione tra cloud, infrastruttura locale e modelli distribuiti si traduce in flessibilità e in una maggiore consapevolezza dell’impatto che le scelte tecnologiche hanno sui processi.

Implicazioni organizzative e responsabilità

L’adozione dell’intelligenza artificiale non riguarda soltanto l’aspetto tecnico, ma anche quello umano. Lavezzi ha insistito sul fatto che l’AI non sostituisce il lavoro umano: «Il mondo del lavoro sta cambiando, quello è sicuro, ma non scompare. Quindi non è che stiamo portando via, come dicono tanti, che ruba il lavoro, non è vero. Deve aumentarlo, deve aumentare le capacità delle persone».

Questa prospettiva evidenzia come le soluzioni di AI debbano essere pensate in chiave etica e responsabile. Lavezzi ha avvertito contro il rischio di introdurre strumenti rigidi che impongono vincoli alle aziende: la tecnologia deve invece essere un abilitatore di nuove possibilità, non un ostacolo.

A proposito di etica e responsabilità, attenzione all’infrastruttura. Investimenti eccessivi e poco sostenibili hanno spesso bloccato progetti ambiziosi, portando talvolta al fenomeno della Shadow IT, con i dipendenti che ricorrono a soluzioni parallele non autorizzate. La scelta di infrastrutture responsabili, adattate alle reali necessità, diventa quindi una condizione essenziale per evitare sprechi e criticità operative.

AI e PMI: una sfida di adozione consapevole

Il rapporto tra AI e PMI è legato alla capacità di tradurre la tecnologia in processi concreti. Per le piccole e medie imprese, spesso caratterizzate da risorse limitate e da una conoscenza distribuita tra poche persone chiave, l’intelligenza artificiale rappresenta un’opportunità per preservare competenze, ridurre inefficienze e potenziare le attività quotidiane.

La sfida non consiste quindi nell’introdurre l’ultimo strumento disponibile, ma nel costruire percorsi sostenibili che partano dalle esigenze delle persone, mettendo al centro la user experience e utilizzando in modo consapevole le risorse infrastrutturali. Solo così l’adozione dell’AI potrà tradursi in valore tangibile per il tessuto imprenditoriale italiano.

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