Al convegno dedicato agli Open Data (i dati liberamente accessibili a tutti e che fanno parte anche delle strategie di open government abilitate dalle nuove tecnologie) organizzato di recente dall’Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano dal titolo Open data: a che punto siamo? Conoscere i numeri, comprendere il valore, dare vita a buone pratiche, sono stati analizzati casi di studio reali) e prospettive future in questo ambito.
Si va così dal Comune di Milano, che ha appena approvato con una delibera i criteri generali per il funzionamento del sistema Open data, e ha pubblicato il Portale Open Data con l’intento di digitalizzare, innovare e creare valore per i cittadini, al tema più generale delle sfide in termini occupazionali che le nuove tecnologie impongono.

Questa è naturalmente una sfida importante per l’Italia ma anche per gli altri paesi, e insieme una grande opportunità, con risvolti economici interessanti: sul portale www.europeandataportal.eu si legge che “i dati aperti offrono diversi vantaggi, che vanno da una migliore efficienza delle pubbliche amministrazioni, alla crescita economica del settore privato, fino a un più diffuso benessere sociale”. Le previsioni per il 2020 parlano infatti di 1,7 miliardi di euro che verrebbero risparmiati dalla pubblica amministrazione e di 100.000 nuovi posti di lavoro creati “mediante la stimolazione dell’economia”.
Indice degli argomenti
Dagli USA all’Italia: come sfruttare gli Open Data
Come è possibile sfruttare al meglio gli Open data? Ci sono casi di studio a cui ispirarsi? Se si guarda Oltreoceano, tra le esperienze più significative c’è quella del Data Portal City di Chicago, il portale che promuove l’accesso di tutti i dati pubblici disponibili per favorire lo sviluppo di applicazioni innovative funzionali a migliorare le condizioni di erogazione dei servizi prestati alla collettività. Per esempio, il Dipartimento della salute pubblica ha utilizzato questi dati per migliorare le ispezioni nei ristoranti, individuando i locali più a rischio. Altra esperienza è quella di Los Angeles, che ha deciso di diventare una città “data-driven” mettendo online il portale DataLA che raccoglie i dati pubblici disponibili, il cui utilizzo, secondo le stime, consente di risparmiare 1,2 milioni di dollari all’anno abbattendo sprechi e inefficienze.

Per quanto riguarda l’Italia invece, l’Osservatorio eGovernment del Politecnico di Milano ha presentato i risultati dell’indagine svolta sul tema Open data: a che punto siamo?, un’analisi che ha coinvolto i responsabili dei sistemi informativi di 731 Comuni italiani, che coprono circa il 17% della popolazione del paese. L’Osservatorio rende noto che “in Italia gli Open data stentano a decollare. Tra i Comuni (che detengono una parte consistente dei dati di interesse pubblico, come quelli su trasporto pubblico, turismo, cultura e attività produttive) solo uno su tre pubblica dati in formato open. L’80% dei Comuni non riscontra alcun impatto positivo dalla pubblicazione di Open data e il 55% li ritiene addirittura inutili o poco utili per la crescita del tessuto imprenditoriale”.