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I 5 top trend tecnologici del 2026 secondo Capgemini



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Intelligenza artificiale, sviluppo software, cloud, operations e sovranità tecnologica entrano in una fase di responsabilità operativa. L’AI “mangerà” il software e il cloud diventerà il tessuto intelligente su cui si orchestrano sistemi agentici e workload.

Pubblicato il 22 dic 2025



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Il 2026 viene descritto come un anno di passaggio, in cui molte tecnologie smettono di essere oggetto di sperimentazioni isolate e iniziano a incidere in modo strutturale sul funzionamento delle organizzazioni.

Questo scenario emerge dal briefing sui principali trend tecnologici presentati da Capgemini, durante il quale diversi esperti del gruppo hanno delineato una convergenza chiara: l’attenzione si sposta dall’innovazione fine a sé stessa alla capacità di integrare le tecnologie nei processi, nei modelli operativi e nelle decisioni strategiche.

I cinque trend individuati non rappresentano ambiti separati, ma parti di una trasformazione sistemica che coinvolge AI, software, infrastrutture, operations e governance tecnologica.

1-L’intelligenza artificiale entra nel suo “anno della verità”

Tra i top trend tecnologici del 2026, l’intelligenza artificiale occupa una posizione centrale. Mark Roberts, Deputy Head di Capgemini AI Futures Lab, descrive il 2026 come «l’anno della verità per l’AI», spiegando che il settore sta attraversando un cambiamento di mentalità. Dopo anni caratterizzati da grande attenzione mediatica, investimenti ingenti e numerosi esperimenti, l’interesse si sta spostando verso il valore reale generato per le organizzazioni.

I numeri citati offrono una misura della diffusione raggiunta: quasi un miliardo di persone utilizza oggi sistemi di AI e circa il 90% delle aziende ha già avviato un percorso di adozione. Tuttavia, secondo Roberts, questa fase è stata spesso dominata da quello che definisce “innovation theater”, con proof of concept difficili da scalare. Il 2026 segna invece il passaggio a una fase di integrazione, in cui l’AI viene “intessuta” all’interno dell’organizzazione.

Dal punto di vista tecnologico, emerge un superamento dell’idea che «la scala sia tutto». Accanto ai grandi modelli generativi, si affermano sistemi di AI ibridi, che combinano modelli linguistici con approcci più tradizionali, modelli matematici o modelli fisici del mondo reale. Questa evoluzione punta a rendere l’AI più affidabile e ancorata alla realtà. Roberts sottolinea inoltre che l’etica diventa un tema ingegneristico: «non è solo una questione filosofica, ma un fattore di performance», soprattutto in vista dello sviluppo di sistemi agentici sempre più autonomi.

2-Quando l’AI ridisegna il software

Un secondo trend riguarda il rapporto tra intelligenza artificiale e software. Sudhir Pai, Deputy CTO di Capgemini, colloca questa trasformazione in continuità con il passato, ricordando come negli anni Dieci si parlasse di “software che mangia il mondo”. Oggi, afferma, «l’AI sta mangiando il software».

Secondo Pai, nonostante decenni di digitalizzazione, i principi fondamentali con cui il software viene costruito sono rimasti sostanzialmente invariati: processi manuali, logiche deterministiche, regole codificate. L’AI introduce una rottura, spostando l’attenzione dal “come” il software viene sviluppato al “perché” e al “cosa” deve ottenere. Contesto, intento e obiettivi diventano elementi centrali.

Questa transizione implica una fase di ricostruzione. Pai parla esplicitamente di necessità di “disimparare per imparare”, avvertendo che la semplice formazione sull’AI non basta. Serve evitare quello che definisce il rischio di uno “spaghetti tecnologico”, ovvero una proliferazione disordinata di soluzioni AI non orchestrate. Il risultato atteso non è solo un aggiornamento dell’IT, ma la creazione di imprese AI-native, in cui tecnologia e modello operativo evolvono insieme.

3-Cloud 3.0: l’infrastruttura diventa un tessuto intelligente

Tra i top trend tecnologici del 2026 figura anche l’evoluzione del cloud. Georgia Smith, Cloud & AI Strategy & Transformation Manager di Capgemini Invent, descrive questa fase come l’ingresso in una nuova “rivoluzione del cloud”, che va oltre migrazione e ottimizzazione dei costi. Il cloud diventa il tessuto intelligente su cui si orchestrano sistemi agentici e workload di AI.

Smith cita una previsione significativa: i workload legati all’AI sono destinati a superare i 500 miliardi di dollari entro il 2027, rendendo il cloud il principale ambiente di esecuzione per questi sistemi. Cloud 3.0 non è una singola piattaforma, ma una combinazione di multi-cloud, hybrid ed edge, ormai adottata da nove organizzazioni su dieci. Le motivazioni sono strutturali: resilienza, sovranità dei dati e necessità di ridurre la latenza.

L’edge assume un ruolo cruciale perché, come osserva Smith, «gli agenti non si limitano più a pensare, ma agiscono». Senza architetture a bassa latenza, il rischio è quello di decisioni errate che generano effetti a catena. La capacità delle organizzazioni di sviluppare competenze e cultura operativa diventa un fattore determinante, più dell’investimento tecnologico in sé.

4-Intelligent Operations: l’AI entra nel cuore dei processi

Il quarto trend riguarda il modo in cui le aziende progettano e gestiscono i processi. Simone Neser, AI Project Director per Capgemini Business Services, definisce le intelligent operations come «processi iperautomatizzati che combinano dati, AI e digitale». Si tratta delle attività quotidiane che mantengono operativo un business: ripetitive, ricche di dati e costose, quindi particolarmente adatte all’automazione intelligente.

Neser sottolinea l’importanza della scomposizione dei processi. L’esempio del ciclo “quote-to-cash” in ambito finance mostra come un singolo processo possa essere articolato in sei sottoprocessi, dodici macrotask e cinquantasette microtask. Questa analisi consente di assegnare a ogni attività la tecnologia più adeguata, integrando RPA, GenAI, agenti e analytics.

Nel 2026, secondo Neser, le aziende passeranno dai progetti pilota alla trasformazione dei processi legacy in chiave AI-powered. La novità non è solo tecnologica, ma organizzativa: le imprese più avanzate inizieranno a orchestrare processi end-to-end, superando i silos funzionali. Cambia anche il rapporto tra persone e AI, con una distinzione più chiara tra attività autonome, attività con supervisione umana e attività che restano sotto controllo umano per motivi di fiducia e sicurezza.

5-Il paradosso della sovranità tecnologica

A chiudere la panoramica sui top trend tecnologici del 2026 è il tema della sovranità. Nicolas Gaudilliere, CTO e VP Agentic AI di Capgemini Invent France, spiega che la sovranità digitale è passata da discussione politica a priorità strategica per i board aziendali. Le organizzazioni cercano oggi di controllare l’intera catena tecnologica, dai dati all’AI, dal cloud al software, fino a hardware, connettività ed energia.

Gaudilliere individua un paradosso centrale: la sovranità non coincide più con l’isolamento. «L’autarchia totale non esiste ed è irrealistica», afferma, e il vero obiettivo diventa la gestione consapevole dell’interdipendenza. La sovranità non è solo una questione di compliance, è uno strumento di resilienza e continuità operativa.

Il mercato sta rispondendo con un panorama eterogeneo di soluzioni, tra piattaforme “sovrane”, modelli AI regionali e nuovi ecosistemi tecnologici. Il rischio, secondo Gaudilliere, è reagire in modo estremo: correre verso soluzioni tattiche senza strategia o restare paralizzati dalla complessità. La proposta è partire dal «perché», chiarendo i rischi da mitigare, e costruire un approccio modulare, dominio per dominio e workload per workload.

Una trasformazione che entra nella fase operativa

Nel loro insieme, i cinque trend delineano una traiettoria comune. Il 2026 viene presentato come l’anno in cui l’AI smette di essere un insieme di promesse e il cloud un’infrastruttura neutra; software, operations e sovranità tecnologica diventano elementi di un’unica architettura decisionale. Le tecnologie non sono più valutate solo per il loro potenziale innovativo, ma per la capacità di sostenere processi, garantire resilienza e produrre valore misurabile.

L’analisi proposta da Capgemini restituisce un’immagine di maturazione: una fase in cui le scelte tecnologiche iniziano a essere giudicate per il loro impatto reale sull’organizzazione.

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