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Big Data, in Italia il mercato cresce del 20%. La sfida resta l’AI-readiness



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In Italia gli investimenti in soluzioni di Analytics e Data Management superano i 4 miliardi di euro, con una crescita del 20% rispetto all’anno precedente. I dati mostrano un ecosistema in evoluzione, dove la GenAI accelera gli investimenti, ma la vera sfida per le imprese resta la AI-readiness. La ricerca degli Osservatori del Polimi

Pubblicato il 10 nov 2025



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La trasformazione guidata dai dati continua a essere una leva cruciale per la competitività delle imprese italiane. Secondo i risultati della ricerca 2025 dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano, presentati da Carlo Vercellis e Alessandro Piva — rispettivamente Responsabile Scientifico e Responsabile della Ricerca — durante l’appuntamento “Data & Decision Intelligence: pilotare l’AI per usarla davvero!”, la spesa complessiva in soluzioni di Data Management, Business Analytics e Intelligenza Artificiale ha raggiunto i 4,1 miliardi di euro, registrando una crescita del 20% rispetto all’anno precedente .

Si tratta di un incremento in linea con i trend pre-pandemici, che conferma la maturità del settore e la sua capacità di consolidarsi come infrastruttura strategica per l’innovazione. Tuttavia, la sfida si sposta sempre più dalla sperimentazione alla capacità di integrare le tecnologie in modo coerente con i processi aziendali, all’interno di una visione orientata all’AI-readiness e alla governance dei dati.

Le dinamiche del mercato Big Data 2025

Come ha spiegato Carlo Vercellis, il mercato italiano si presenta oggi con una struttura stabile nelle proporzioni tra comparti: 6% Pubblica Amministrazione, 19% PMI e microimprese, 75% grandi imprese. Le grandi organizzazioni guidano ancora la spesa, ma il ritmo di crescita varia: le grandi imprese (250–1000 addetti) registrano un +27%, mentre le grandissime (oltre 1000 addetti) mostrano un incremento più contenuto, segno di una fase di consolidamento dopo anni di investimenti consistenti.

«Sono realtà più mature – ha precisato Vercellis – che stanno cercando efficienza e internalizzano molte attività di consulenza, riducendo il tasso di crescita, ma non la spesa complessiva».

L’aumento più marcato si osserva nelle PMI e microimprese, con un +26% che, pur incidendo su una quota minore del totale, evidenzia un’accelerazione nella diffusione di strumenti di analisi e automazione. Più contenuto, invece, l’andamento della Pubblica Amministrazione, che cresce del 15%.

A trainare la crescita del mercato sono soprattutto le soluzioni di Intelligenza Artificiale Generativa (GenAI), impiegate in ambiti come automazione delle attività, ricerca di efficienza operativa, coding e analisi dei dati. La componente più dinamica della spesa è quella dedicata a software e servizi di Business Intelligence e AI, che nel 2025 hanno registrato rispettivamente una crescita del 31% e del 21% .

AI e GenAI come leve di crescita

La ricerca evidenzia un utilizzo sempre più diffuso della GenAI per l’“augmentation” dei processi aziendali, ossia per ampliare le capacità umane e accelerare le decisioni. Le imprese italiane stanno integrando questi strumenti in diversi contesti, dal supporto alla Data Science alla gestione dei flussi operativi.

Come osservato da Vercellis, la fase attuale si distingue per un doppio movimento: da un lato, la sperimentazione con progetti pilota a forte intensità innovativa; dall’altro, il consolidamento delle infrastrutture dati, dove la crescita degli investimenti è più contenuta ma orientata alla stabilità e all’efficienza.

Nel comparto del Data Management e delle architetture dati, la spesa aumenta del 13%, con una domanda crescente di Data Catalog, Metadata Management, tool per Data Quality e Data Lineage. Questi strumenti diventano fondamentali per garantire la tracciabilità e l’affidabilità dei dati, prerequisiti essenziali per un’adozione responsabile dell’AI.

Formazione, cultura e governance: i nuovi criteri competitivi

Oltre alla dimensione tecnologica, la ricerca dell’Osservatorio sottolinea il ruolo della cultura data-driven come fattore strategico. «Non si misura in anni, ma in mesi o settimane il tempo delle trasformazioni legate all’adozione di una logica data, AI and culture», ha affermato Vercellis, rimarcando la necessità di accelerare nella formazione interna e nella diffusione di una mentalità analitica condivisa.

Le imprese che riescono a valorizzare i propri dati non lo fanno solo attraverso investimenti infrastrutturali, ma anche tramite la governance e la responsabilità. La gestione etica del dato – che comprende aspetti di privacy, sostenibilità e conformità normativa – viene interpretata non più come un “nice to have”, ma come un criterio competitivo a tutti gli effetti.

L’approccio proposto dall’Osservatorio si fonda sull’interconnessione tra data models, AI e cultura aziendale, elementi che devono evolvere in modo coordinato per generare valore reale e duraturo.

Strategie e maturità digitale: il Data Strategy Journey

Nel suo approfondimento, Alessandro Piva ha analizzato il percorso evolutivo delle imprese italiane attraverso il modello del Data Strategy Journey, che descrive la maturità organizzativa in termini di strategia, competenze e adozione tecnologica.

Secondo i dati presentati, il 38% delle aziende ha definito una strategia dati di lungo periodo, mentre il 24% non dispone ancora di una figura di riferimento per la gestione del dato. In un quinto dei casi, la responsabilità è affidata a ruoli di livello executive, a conferma di una crescente consapevolezza del valore strategico dei dati.

Sul fronte della Data Consumption, il 45% delle organizzazioni dichiara di avere utenti di business che utilizzano strumenti avanzati di Business Intelligence, ma il livello di integrazione tra le fonti informative rimane spesso limitato. Le aziende più evolute favoriscono la diffusione degli strumenti attraverso programmi di formazione e la creazione di team cross-funzionali, capaci di promuovere l’uso dei dati in diversi reparti.

La Data Science si conferma un pilastro della trasformazione digitale: oltre il 70% delle grandi imprese ha progetti attivi in questo ambito, con una crescita significativa delle richieste “dal basso”, ovvero da parte delle linee di business. Il 40% delle funzioni che in passato non partecipavano alle progettualità di Advanced Analytics è ora coinvolto, e il 34%ha ampliato le attività già esistenti .

Piccole e medie imprese: analisi più diffusa, ma integrazione limitata

Nel mondo delle PMI, la tendenza è di progressiva adozione degli strumenti di analisi strutturata: l’89% dichiara di utilizzare dati in modo continuativo, un aumento di dieci punti rispetto all’anno precedente. Tra le aree di applicazione più frequenti emergono la gestione dei flussi di cassa e la pianificazione del budget, a conferma di un uso ancora prevalentemente operativo degli strumenti analitici.

Tuttavia, l’80% delle PMI segnala difficoltà di integrazione delle fonti dati, che rappresentano oggi il principale ostacolo alla piena maturità analitica. Nelle medie imprese, il 50% dispone di figure dedicate all’analisi dei dati, mentre il 40% mostra un buon livello di integrazione tecnologica, segnale che inizia a colmare la distanza con le grandi organizzazioni.

Verso la Data Platform integrata

L’indagine mostra come il tema delle piattaforme dati evolva verso una logica di integrazione tra moduli piuttosto che di adozione isolata di singole tecnologie. Le organizzazioni si dividono quasi equamente tra approccio Buy (44%) e Make(56%) nella costruzione delle proprie Data Platform.

Secondo Piva, le aziende che hanno optato per un approccio interno – sviluppando la piattaforma con risorse proprie – raggiungono livelli più elevati di integrazione del dato, a fronte di una maggiore complessità progettuale. Al contrario, chi privilegia soluzioni preconfezionate ottiene vantaggi in termini di time-to-market e flessibilità, ma con una minore profondità di controllo sui processi.

L’evoluzione delle piattaforme dati è considerata un prerequisito per abilitare nuove progettualità di AI e automazione. L’obiettivo, spiega Piva, è creare “convergenza tra tecnologie tradizionali e nuove soluzioni di Intelligenza Artificiale”, in un contesto dove la gestione del ciclo di vita del dato richiede standard sempre più elevati di governance e sicurezza .

Guardando al 2026: competenze, automazione e complessità

Dai dati dell’Osservatorio emerge un quadro di continuità evolutiva, in cui l’Intelligenza Artificiale si diffonde progressivamente come componente naturale delle attività aziendali. La prossima fase di crescita sarà guidata dall’automazione dei processi, dalla maturazione delle competenze e da un uso sempre più integrato della GenAI nelle funzioni di Data Science e gestione del dato.

Il mercato Big Data 2025 fotografa dunque un’Italia in movimento: un ecosistema che cresce a doppia cifra, ma che deve ancora colmare il divario tra innovazione tecnologica e capacità organizzativa. Le imprese più avanzate stanno già investendo nella qualità del dato e nella cultura analitica, consapevoli che la competitività del futuro dipenderà non solo dalle tecnologie adottate, ma dal modo in cui sapranno renderle parte integrante dei propri processi decisionali.

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