Opinioni

Blackout in Spagna, la tempesta perfetta dei sistemi complessi



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L’interruzione elettrica nella penisola iberica ha rivelato la fragilità strutturale di un sistema iperconnesso e ridondante, ma non resiliente. Al di là delle cause tecniche, il vero allarme è l’incapacità di comprendere e governare la complessità dei sistemi critici, dominati da una tecnica che da mezzo è diventata fine

Pubblicato il 30 apr 2025

Marco Beozzi

Quadro direttivo bancario



blackout spagna

Una cosa è certa, come conseguenza “soft” del blackout spagnolo: ci sarà un picco delle nascite in Spagna e in Portogallo tra nove mesi e, nel periodo, un proliferare di tesi e di ricerche sulla spiegazione del fenomeno.

Il punto più inquietante, a nostro modesto avviso, non è tanto l’evento di per sé: sulla fragilità delle infrastrutture critiche e, in genere sul delicato equilibrio del nostro modo di vivere basato sulla tecnologia, sono stati spesi fiumi di inchiostro, e anche su queste pagine sono stati più volte scritti articoli premonitori in tal senso.

Quello che ci lascia basiti è che dopo tante ore non si sappia ancora nulla con certezza sulle cause dell’incidente, considerando il monitoraggio in tempo reale della rete, su più parametri, a più livelli e per tutta la sua estensione. Entro tre mesi, comunque, il governo spagnolo dovrà fornire un rapporto tecnico dettagliato sulle cause dell’incidente alla comunità europea.

Non siamo inclini al complottismo, e quindi a credere che vengano sottaciute al pubblico notizie rilevanti, anche perché sarebbe difficile nascondere informazioni su un evento di così larga scala e quindi propendiamo per il solito insieme di cause tecnologiche, organizzative e umane, che hanno determinato la “tempesta perfetta”, o il cigno nero.

Se la tecnologia si trasforma da “mezzo” a “fine”

I cigni neri, da altamente improbabili si stanno trasformando in non così altamente improbabili, data la complessità dei sistemi e la loro interconnessione che ne determina una intrinseca fragilità (non ci dimentichiamo del blackout che ha colpito il Cile circa due mesi fa).

Ma l’incapacità di individuare la causa denota un malessere più profondo, che è emerso già ai tempi dell’incidente di Fukushima, ovvero il limite della progettazione ingegneristica dei sistemi complessi, in cui si perde la visione d’insieme e il mezzo si trasforma in un fine.

Ci riferiamo al pensiero del filosofo Severino, secondo il quale nel corso della storia, la tecnica è passata da mezzo a fine, acquisendo un potere assoluto e diventando l’obiettivo primario delle forze in conflitto all’interno della tradizione occidentale. Il significato che Severino attribuisce alla tecnica è duplice: da un lato, è il simbolo della volontà umana di dominare e trasformare la realtà; dall’altro, è il segno di una perdita di controllo, in cui l’uomo diventa servo della propria creazione.

Il tema sembra scontato: nessun ingegnere o tecnico altamente specializzato si crede Dio, ed è perfettamente consapevole che in un sistema industriale qualsiasi, di generazione 4.0, ci potrà essere un evento di tipo 5.0 che potrà subissarlo, ma è l’incapacità di “metabolizzare” questo concetto ed inserirlo all’interno dell’ambito progettuale, che è il problema principale che questi eventi denotano, soprattutto nella difficoltà di identificarne i limiti.

La ridondanza non è più sufficiente

La ridondanza dei sistemi da sola non basta: la rete elettrica è ridondata (così come le apparecchiature degli aerei, i datacenter, ecc..) ma non è bastata ad evitare l’incidente. Anzi, in altri ambiti, come quello informatico sappiamo ad esempio che, in un incidente causato da alcuni tipi di malware, la ridondanza da sola potrebbe essere più un problema che una soluzione.

La rete elettrica spagnola è progettata per gestire un evento N-1 (interruzione di un componente). Tuttavia, il 28 aprile lo scenario era una contingenza N-k: potenzialmente più interruzioni di linea in rapida successione e percorsi consequenziali. Quando il sistema è già sotto stress (ad esempio un elevato trasferimento di potenza su un corridoio), un guasto iniziale può innescare una reazione a catena di ulteriori interruzioni (N-1-→N-2→N-3…). Questo è il classico meccanismo a cascata. Prima dell’interruzione, la manutenzione o altre interruzioni potrebbero aver lasciato meno percorsi per l’alimentazione, aumentando la vulnerabilità della rete.

Le procedure di contingenza (i contingency plan) sono spesso dei palliativi che possono sopperire per un breve periodo all’indisponibilità delle risorse di rete, ma solo in parte ed in molti casi non possono sostituirsi al sistema principale, perché alla base sussiste un lock-in con i fornitori.

I backup, e qualsiasi sistema alternativo, sono utili (se non necessari), ma anche in questo caso hanno una validità limitata, varabile nel tempo e nel perimetro di applicabilità.

Lo snodo degli impianti fotovoltaici

Generalmente un impianto fotovoltaico tradizionale è programmato per funzionare esclusivamente in presenza della rete pubblica, quindi, in mancanza di questa (come il blackout spagnolo), per guasto o manutenzione programmata, anche l’impianto fotovoltaico si spegne e quindi i pannelli non si potranno utilizzare.

Anzi, le energie rinnovabili ed in particolare quella solare (come quella prodotta dall’impianto Gemasolar, presso il sito di Fuentes de Andalucìa, Siviglia, attivo dal 2011 su progetto di Carlo Rubbia), sembra siano state un fattore determinante per il blackout, in quanto gli impianti eolici/solari non forniscono intrinsecamente la stessa inerzia rotazionale delle grandi unità termiche (nucleare, gas, carbone) e idroelettriche e la loro produzione può fluttuare con minore prevedibilità.

I progetti di energia rinnovabile, in particolare i parchi eolici e solari su larga scala, sono in fase di sviluppo nelle regioni con il più alto potenziale di risorse. Si tratta di un approccio logico dal punto di vista dell’efficienza, ma introduce anche una nuova vulnerabilità: l’eccessiva dipendenza regionale dalla generazione concentrata. Se un’area ad alta generazione viene isolata dalla rete più ampia, la rete più grande può trovarsi di fronte a un deficit di produzione, con conseguente instabilità della frequenza e potenziali arresti degli asset di generazione. La perdita dei percorsi di trasmissione in tali aree potrebbe innescare guasti a cascata, soprattutto se i meccanismi di bilanciamento della rete non sono efficienti e ben congegnati.

L’espansione dei data center

Nel frattempo, dal lato della domanda, i data center vengono integrati nelle reti a un ritmo senza precedenti, con capacità crescenti e dipendenze dalle infrastrutture critiche. Sebbene questi impianti siano spesso dotati di generazione di riserva, la loro rapida espansione solleva importanti questioni sulla pianificazione della rete, sulla gestione del carico a lungo termine e sulla capacità di garantire un’alimentazione affidabile senza conseguenze indesiderate per la stabilità della rete.

La vera questione è che dobbiamo ripensare il nostro modo di progettare i sistemi complessi, con nuovi paradigmi, basata sulla modularità, la autonomia e la capacità auto generativa tipica dei sistemi viventi (vedasi autopoiesi). Ciò comporta quasi sicuramente dei maggiori costi progettuali, ma anche una maggiore efficienza e affidabilità.

Non a caso le Isole Canarie, Ceuta e Melilla, seppur collegate con il territorio spagnolo con cavi sottomarini, operano come mini-reti isolate con una propria generazione elettrica locale, e In particolare, questi sistemi insulari non sono stati interessati durante l’interruzione dell’energia elettrica spagnola del 28 aprile.

Il punto non è (solo) quello di segmentare la rete, ma di trasformare gli elementi passivi di una rete in elementi attivi, ove possibile, ovvero da meri consumatori a produttori indipendenti di energia in determinate situazioni.

Un esempio potrebbe essere quello fornito dalla evoluzione nella progettazione dei datacenter: i datacenter di nuova generazione, pensati in ottica di edge computing, sono progettati per essere sempre più autosufficienti e quindi si trasformano da elementi energivori ad elementi fornitori del surplus di corrente ad altri elementi in prossimità.

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