Il mercato dei data center rappresenta per l’Italia un’opportunità di assoluto rilievo: secondo le stime della Community Data Center Italia di TEHA Group, il settore potrebbe generare un giro d’affari compreso tra 12 e 30 miliardi di euro entro il 2030, con un potenziale che arriverebbe fino a 165 miliardi nel decennio successivo.
Il dato emerge dal Rapporto Strategico “Data Center e Sistema-Paese: l’Alleanza per la Crescita. Roadmap per uno sviluppo sinergico”, che analizza le condizioni necessarie per colmare il divario con i principali hub europei e attrarre capitali internazionali.
La crescita della domanda di servizi cloud e di capacità computazionale per l’intelligenza artificiale sta accelerando il mercato nazionale. Nel prossimo decennio, la capacità IT dei data center cloud tradizionali è destinata a raddoppiare, mentre quella dedicata all’AI training potrebbe crescere di cinque volte e l’AI inference di dieci volte rispetto ai livelli attuali. Una dinamica che apre a uno sviluppo più distribuito dell’infrastruttura digitale, condizionato dai costi energetici, dalla velocità dei processi autorizzativi e dalla disponibilità di una filiera industriale locale qualificata.
Secondo TEHA Group, la finestra di opportunità è concreta ma richiede un’azione coordinata. «L’Italia ha davanti a sé una delle più grandi opportunità di sviluppo degli ultimi decenni: la crescita del mercato dei data center può generare valore economico e posti di lavoro qualificati, rafforzando la competitività del Paese. Ma perché questo potenziale si traduca in realtà, è necessario intervenire su tre fronti chiave: energia, autorizzazioni e filiera industriale», dichiarano Alessandro Viviani e Jacopo Palermo, Associate Partner di TEHA Group. «In Italia, in particolare, Milano sta dimostrando di poter competere con i principali hub europei, ma serve una visione nazionale che renda l’intero Paese attrattivo. Per riuscirci, occorre un’azione coordinata tra istituzioni, utility, imprese e sviluppatori: solo così potremo trasformare questa dinamica di mercato in un vantaggio strategico per il sistema Italia». In questo senso TEHA Group ha individuato 3 sinergie, fra i diversi attori.
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Sinergia territoriale
Il primo ambito individuato dalla Community riguarda il territorio. In Italia sono stati mappati 3,7 milioni di metri quadrati di aree industriali dismesse (brownfield) potenzialmente idonee alla realizzazione di data center. Il loro riutilizzo consentirebbe di rigenerare aree degradate senza nuovo consumo di suolo, restituendo valore alle comunità locali.
Dal punto di vista ambientale, l’adozione delle migliori tecnologie disponibili permetterebbe di evitare fino a 2 milioni di tonnellate di CO₂ all’anno, un impatto equivalente a circa 1,5 milioni di automobili in meno. Secondo le stime, entro il 2040 sarebbe inoltre possibile liberare fino a 1,2 GW di capacità e ridurre in modo significativo i consumi idrici, fino ad azzerarli in alcuni casi.
Sinergia infrastrutturale
Il secondo asse di sviluppo riguarda l’integrazione tra data center ed energia. Guardando al 2040, il consumo elettrico dei data center potrebbe arrivare a rappresentare fino al 10% della domanda complessiva. Per gestire questa crescita, la Community propone il modello dei “Data & Energy Hub”, basato su una collaborazione strutturata tra infrastrutture digitali e filiera energetica. Grazie a consumi stabili e prevedibili, i data center possono contribuire a ridurre il costo unitario dell’energia in un sistema sempre più caratterizzato da costi fissi, oltre a favorire investimenti nelle rinnovabili. In prospettiva, queste infrastrutture possono anche offrire servizi di flessibilità alla rete elettrica, con benefici che si estendono oltre il perimetro ICT.
Sinergia industriale
Il terzo livello di sinergia riguarda la filiera industriale. I data center attivano catene del valore ad alta specializzazione: a fronte di 100 milioni di euro di investimenti in CAPEX, si stimano oltre 1.200 posti di lavoro complessivi. L’analisi dei costi operativi mostra inoltre che la spesa per manutenzioni e servizi tecnici (40%) supera quella per l’energia (30%), evidenziando il ruolo centrale delle competenze locali. In Italia, tuttavia, la filiera resta frammentata. Le PMI generano il 64% del valore aggiunto manifatturiero collegato ai data center, contro il 24% della Germania. Per competere su scala internazionale, secondo la Community è necessario favorire processi di aggregazione e la nascita di operatori in grado di svolgere il ruolo di capifiliera nei confronti dei grandi player globali.
Le raccomandazioni della Community Data Center e il progetto Risposta Italia
Per tradurre l’analisi in azioni operative, la Community Data Center Italia ha definito 12 raccomandazioni rivolte a istituzioni e stakeholder. Sul piano territoriale, le proposte includono corsie preferenziali per i progetti tecnologicamente virtuosi, strumenti urbanistici dedicati al recupero delle aree brownfield e iniziative di capacity building per supportare gli enti locali nella gestione dei processi autorizzativi.
Sul fronte infrastrutturale, viene promosso il modello Data & Energy Hub, insieme a un dialogo strutturato tra sviluppatori e operatori di rete e al contrasto delle richieste speculative di connessione. Dal punto di vista industriale, infine, la Community suggerisce di incentivare consorzi e joint venture tra PMI, valorizzare la filiera nazionale nei processi autorizzativi e sostenere la ricerca e sviluppo collaborativa.
In questa direzione si inserisce anche il progetto “Risposta Italia”, che guiderà i lavori della Community nel 2026. L’iniziativa punta a mappare le competenze distintive delle imprese italiane, favorire l’adozione degli standard richiesti dagli hyperscaler e creare un punto di incontro tra la filiera nazionale e i grandi sviluppatori internazionali, con l’obiettivo di trasformare un insieme di eccellenze in un sistema industriale integrato.











