Metodologie

Cercare nelle startup il futuro del Design Thinking for Business

La ricerca dell’Osservatorio Design Thinking for Business della School of Management del Politecnico di Milano ha dedicato una sezione alle startup nate per offrire strumenti che supportino i diversi approcci. Si tratta di un ecosistema non ancora particolarmente strutturato ma che indica chiaramente l’evoluzione del Design Thinking, da approccio nato soprattutto per la creazione di nuovi prodotti, a strumento per l’innovazione organizzativa e manageriale.

Pubblicato il 07 Mag 2018

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Guardare alle startup nel settore del Design Thinking (DT-un modello progettuale, utilizzato per risolvere problemi complessi in modo creativo), con l’obiettivo di offrire strumenti che aiutino il percorso di inserimento e utilizzo di questo modello nelle imprese, ha la duplice valenza di fornire un’indicazione sull’evoluzione del fenomeno e offrire a fornitori e innovatori un quadro per conoscere potenziali alleati.

“Con la ricerca sulle startup emergenti nel DT, l’Osservatorio Design Thinking for Business della School of Management del Politecnico di Milano punta ad offrire una mappa e una bussola per aiutare il processo di selezione”, ha ricordato Luca Gastaldi, Co-direttore dell’Osservatorio.

Per selezionare le startup attive nell’area DT si è analizzato Crunchbase, considerata la fonte più importante a livello mondiale per i contenuti relativi all’ecosistema delle startup: sono risultate 150 aziende che offrono strumenti e soluzioni che coprono almeno in parte i diversi approcci del DT descritti dall’Osservatorio; non stupisce che la maggior parte (86) siano state create negli Usa (ricordiamo che il DT è stato inizialmente codificato presso l’Università di Stanford, in California), seguite dall’Europa (41) dove ne sono presenti 9 in Germania, 7 in Uk e solo 3 in Italia.
Per valutare l’entità del fenomeno si sono effettuati confronti con altri settori sia per quanto riguarda il numero delle nuove imprese sia per l’entità dei finanziamenti ricevuti.

La scarsa maturità dell’ecosistema è testimoniata dal modesto livello dei finanziamenti: 908 milioni di dollari, contro, per esempio, i 26 miliardi di dollari per 730 startup del Fintech e i circa 2 miliardi di quelle nel segmento IoT; bisogna però aggiungere che questa cifra è oltre cinque volte di quanto ricevono tutte le startup hi-tech italiane (che hanno raccolto poco più di 170 milioni di dollari). Tuttavia, nonostante il livello di immaturità dell’ecosistema, le startup del DT si stanno strutturando, come evidenzia Cabirio Cautela, Co-direttore dell’Osservatorio Design Thinking for Business: “La maggior parte delle startup (84) conta più di 10 addetti e sembra dunque dotata di una consolidata struttura organizzativa. Un segnale che fa ben sperare in sviluppi positivi nel prossimo futuro” (figura 1).

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Figura 1 – Investimenti e numero di dipendenti di startup in ambito Design Thinkingfonte: Osservatorio Design Thinking for Business della School of Management del Politecnico di Milano

Cosa offrono le startup nel campo del Design Thinking

Le due startup più finanziate (rispettivamente con 169 e 96 milioni di dollari) sono orientate maggiormente allo sviluppo di prodotti fisici: Onshape offre un sistema Cad 3D per favorire la progettazione collaborativa, Desktop Metal un sistema 3D printing che accelera il passaggio dalla prototipizzazione alla produzione di massa.
Le altre forniscono strumenti per abilitare in modo digitale la progettazione di servizi: per esempio 72 startup utilizzano tecnologie digitali per migliorare il coordinamento fra team dispersi di innovation manager; 31 abilitano il decision making, a partire da una suite di business intelligence; 11 sfruttano l’AI per automatizzare o potenziare alcune specifiche fasi del processo di DT.
L’aspetto più interessante è lo sforzo fatto dall’Osservatorio per ricondurre le soluzioni offerte ai diversi approcci del DT (descritti nell’articolo Design Thinking, una modalità per fare innovazione): al primo posto figurano quelle che operano per il Creative Confidence (66 startup, il 44%), seguite dalle soluzioni di Creative Problem Solving (34 startup, il 23%), di Sprint Execution (32 startup, il 21%) e di Innovation of Meaning (18 startup, il 12%). Come indicato con maggior dettaglio nell’articolo suddetto, l’approccio Creative Confidence punta sul coinvolgimento diretto delle persone dell’azienda per creare una cultura organizzativa e una mentalità adatte ad affrontare i processi di innovazione; il Creative Problem Solving punta alla comprensione dei bisogni dell’utente attraverso un gran numero di possibili soluzioni per soddisfarle, per poi individuare la soluzione più efficace; lo Sprint Execution prevede la realizzazione di un prodotto da lanciare sul mercato, da migliorare sulla base delle reazioni dei consumatori; l’Innovation of Meaning, viene utilizzato per ridefinire la visione aziendale, i messaggi e i valori legati ai prodotti e ai servizi che offrono.

Figura 2 – Diffusione delle startup di Design Thinking sulla base dell’approccio adottatofonte: l’Osservatorio Design Thinking for Business della School of Management del Politecnico di Milano

È significativo che la distribuzione delle proposte non corrisponda al peso dei diversi approcci utilizzati dalle imprese esistenti esaminate nella ricerca dove prevale il Creative Problem Solving (maggiormente orientato alla progettazione delle singole soluzioni). Fra le startup prevalgono di gran lunga (con un peso quasi doppio) strumenti per l’approccio Creative Confidence, con la proposta di soluzioni applicate ad un contesto organizzativo: “Il dato più interessante è che la maggior parte delle startup offra soluzioni di Creative Confidence, perché testimonia l’evoluzione del Design Thinking, da approccio all’innovazione orientato principalmente alla creazione di nuovi prodotti a strumento per l’innovazione a un livello più alto, organizzativo e manageriale”, sottolinea Gastaldi.
Non meno significativo l’emergere del DT applicato alla dimensione strategica, con le soluzioni dedicate all’Innovation Meaning: qui le startup offrono strumenti per analizzare e comprendere le ragioni del perché le persone amino (o odino) specifici significati o messaggi connessi a certi prodotti e servizi.

Il futuro del Design Thinking in alcuni strumenti offerti dalle startup

Per meglio comprendere il ruolo che posso svolgere gli strumenti messi a disposizione dalle startup nel campo dl DT, riprendiamo alcuni dei casi indicati dall’Osservatorio.
Delle 34 startup che operano nel campo del Creative problem solving, 7 offrono soluzioni nella fase di discover, 10 nella fase di define, altrettante in quella di develop, 7 in quella di deliver.
Operano per esempio nella fase di discover, ConnectThink (una piattaforma digitale per la raccolta e l’analisi di informazioni da molteplici fonti come pubblicazioni, progetti di ricerca, organizzazioni, esperti, brevetti…) e Invertex (un’app nel campo della moda per collegare i dati dell’utente con i sistemi di produzione 3D).
Pendo esemplifica la tendenza a comprimere l’intero processo in due-tre attività principali. La startup fornisce un sistema per comprendere cosa possa portare un prodotto software al successo, analizzando cosa davvero piace agli utenti. Per farlo utilizza sistemi di analisi, il feedback degli utenti all’interno dell’applicazione e una guida contestuale studiata per aiutare le aziende a misurare e migliorare l’esperienza del cliente all’interno delle proprie applicazioni.
Un esempio interessante nella fase di define è invece Avocode che integra diversi protocolli e software per lo sketching (la tecnica utilizzata dai progettisti per esplorare una gran quantità di idee e formalizzare quelle che sembrano maggiormente efficaci) con l’obiettivo di gestire la complessità della progettazione e dell’ingegnerizzazione in un’unica piattaforma basata su cloud.
L’approccio Sprint execution è a sua volta stato diviso in 4 fasi: map (5 aziende), build (15), measure (8) e learn (4). Come si vede, la maggior parte è concentrata nella fase di build con molte startup che forniscono app per la creazione di un ambiente digitale (anche senza la necessità di conoscenze di programmazione), oggetti digitali, definizione delle principali funzioni.

Figura 3 – Distribuzione delle startup che supportano l’approccio Creative Confidencefonte: l’Osservatorio Design Thinking for Business della School of Management del Politecnico di Milano

Particolare attenzione viene dedicata alla creazione di siti web e di app. È il caso di Weps che propone una piattaforma basata su AI che consente di sviluppare un sito web semplicemente rispondendo ad alcune domande.
Particolarmente interessante è esaminare infine le numerose (66) startup che offrono strumenti per l’approccio Creative Confidence. In questo caso vengono forniti soprattutto strumenti per coinvolgere le persone, far sì che prendano confidenza con il processo creativo e allineare la cultura organizzativa con le pratiche per mettere in atto le traiettorie di innovazione. È significativo che la fase che vede un maggior numero di startup sia quella del co-develop, dove si collocano 40 startup .

Zaply, ad esempio, supporta la ri-modellazione organizzativa, associata con qualunque iniziativa di ‘creative confidence’, attraverso una suite di gestione del progetto pensata per allineare gli esperti durante il loro impegno di creazione, ponendo particolare enfasi sulla performance.

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