Mentre il 5G sta cercando di prendere piede come protocollo di ultima generazione che dovrebbe rivoluzionare il mondo della comunicazione, con particolare riguardo a quello dell’Internet of Things, all’orizzonte si intravede il suo successore, il 6G. Un successore che, in base alle premesse, dovrebbe garantire caratteristiche che renderebbero obsolete quelle a oggi ritenute insuperabili nel 5G.
Che cos’è il 6G?
La sesta generazione di telefonia mobile dovrebbe rappresentare il punto di congiunzione tra le più importanti tecnologie di frontiera che in questi anni si sono affacciate sul mercato. In particolare, robotica, intelligenza artificiale e automazione. Per una definizione del 6G si può adottare quella proposta da un team di ricercatori della University of Oulu, in Finlandia, che nel 2019 ha pubblicato uno studio collettivo dal titolo Key drivers and research challenges for 6G ubiquitous wireless intelligence. In questa sorta di libro bianco gli autori partono dalla premessa che “nel futuro, la nostra società sarà sempre più digitalizzata, iperconnessa e guidata dai dati a livello globale. Molti servizi futuri ampiamente previsti dipenderanno in modo critico dalla connettività wireless istantanea e virtualmente illimitata. Si prevede che le tecnologie di comunicazione mobile progrediranno molto di più di quanto visto finora nelle applicazioni wireless, rendendo la vita quotidiana più fluida e sicura e migliorando drasticamente l’efficienza delle aziende”. In un tale scenario il 6G non si limiterà perciò “a spostare i dati, ma diventerà un quadro di servizi, compresi i servizi di comunicazione in cui tutti i calcoli e l’intelligenza specifici dell’utente potranno essere spostati nell’edge cloud”.
Quando arriverà e sarà attivo il 6G?
Il libro bianco individua una data entro la quale il 6G diventerà disponibile, il 2030. Prima di allora, ci sono degli step intermedi imprescindibili, a cominciare da quello della standardizzazione del protocollo che dovrebbe avvenire nel 2025. Samsung prevede addirittura di anticipare di qualche anno la commercializzazione di prodotti con tecnologia 6G, forte dell’esperimento che l’ha visto collaborare con l’Università della California nel 2021. In quella occasione, la multinazionale sudcoreana ha impiegato un prototipo di comunicazione 6G sullo spettro di frequenza 140 GHz, riuscendo a trasmettere da una distanza di 15 metri un flusso di dati alla velocità di 6,2 Gbps. È già qualcosa per poter avere voce in capitolo, ma forse troppo poco per definire con certezza l’anno di esordio del 6G.
6G: caratteristiche tecniche e velocità
Il 6G opera su onde ad alta frequenza, le Terahertz (Thz). Queste ultime appartengono a uno spettro elettromagnetico che finora non è stato sviluppato dal punto di vista tecnologico e commerciale. Il CNR, in un comunicato di qualche anno fa, spiegava che si tratta di “onde elettromagnetiche ‘vicine’ alle microonde e all’infrarosso che hanno una natura ibrida: si propagano sia con le proprietà delle onde – come le onde radio – sia con quelle dei raggi di luce”. A differenza delle onde millimetriche (mmWave) utilizzate dal 5G, le onde Terahertz sono sub-millimetriche, il che significa che possono trasportare dati a una velocità 100 volte superiore rispetto al 5G. Ecco perché si prevede che la latenza del 6G sarà presumibilmente inferiore a un microsecondo, insieme a una larghezza di banda tale che consentirà una connettività molto più avanzata di quelle attuali.
Rivoluzione del 6G: cosa cambierà rispetto al 5G?
Alta velocità e bassa latenza sono le promesse del 5G. La differenza del 6G è che oltre a essere più elevata l’una e inferiore l’altra, sarà possibile con l’ausilio dell’intelligenza artificiale risolvere il problema della congestione della rete che, da qui ai prossimi 10 anni, dovrà smistare una quantità di dati sempre più voluminosa. Non a caso, infatti, si parla di “Tera Economy” per indicare il passaggio a un’unità di misura mille volte più grande di un gigabit. Applicazioni che oggi appaiono pionieristiche o allo stato embrionale potranno diventare realtà.
Ologrammi mobili
Finora il rendering ad altissima risoluzione su smartphone e dispositivi indossabili è impedito dal fatto che occorrerebbe una velocità in grado di riprodurre ologrammi 3D. Il 6G in teoria ha tutte le carte in regola per poterlo fare, anche con l’aiuto dell’AI che consentirebbe di comprimere, estrarre e, infine, “renderizzare” i dati olografici anche a favore di device mobili.
Realtà immersiva estesa
Il concetto di realtà estesa o XR (Extended Reality) include quelli di realtà virtuale, aumentata e mista. I possibili campi di applicazione sono tantissimi, dalla medicina all’industria manifatturiera, dall’intrattenimento alla formazione. Per comprendere perché il 6G si pone come snodo in tutti questi ambiti, basta ricordare che per riuscire a riprodurre una versione davvero coinvolgente di realtà aumentata a 16K UltraHd sarebbe necessario poter contare su almeno 440 Mbps. Standard che solo la sesta generazione di telefonia potrà garantire.
Replica digitale
Strettamente connesso alla realtà estesa è il mondo della replica digitale o del gemello digitale (digital twin) per il quale ci sono grandi aspettative. Una riproduzione fedele di un contesto fisico, affinché sia osservato e monitorato in tempo reale, rivoluzionerebbe i processi produttivi o permetterebbe di compiere azioni a distanza integrandosi ad esempio con la robotica. E poiché soltanto per una copia virtuale di un’aerea fisica che si aggira attorno al metro quadrato servirebbe una connessione da 800 Mbps e una sincronizzazione constante da almeno 100 millisecondi, si intuisce il legame proficuo che il 6G avrà con il digital twin.
Sostenibilità nel 6G: c’è un nesso logico?
Tra i vantaggi attesi con l’avvento del 6G rientra quello di contribuire a ridurre le emissioni globali e, più in generale, le diseguaglianze sociali. Lo stesso libro bianco della University of Oulu identifica il 2030 non solo come anno entro cui dovrebbe essere attivo il 6G, ma anche come data chiave per il raggiungimento dei 17 Sustainable Development Goals identificati dall’Onu. Non si tratta di una coincidenza. Una maggiore “intelligenza” della rete coinciderà con una crescita dell’efficienza a tutti i livelli, da quello energetico a quello produttivo. Coinciderà anche con un utilizzo più oculato delle risorse e con un controllo capillare del territorio. A ciò si aggiunge che un’estensione della connettività laddove oggi non è presente accelererà l’abbattimento del digital divide, fonte di disuguaglianza e minore accesso alle informazioni. Infine, così come ha dimostrato la diminuzione dell’inquinamento dovuta ai vari periodi di lockdown che hanno impedito a milioni di persone di spostarsi, il 6G abiliterà forme di collaborazione immersive totalmente a distanza che potranno essere alternate a quelle in presenza. In una parola, aiuterà a spostarsi di meno o a farlo quando è davvero necessario. Con benefici per l’ambiente e per le persone.