La capacità di un’organizzazione di apprendere da sé stessa, di capitalizzare l’esperienza e di trasformare i dati in conoscenza riutilizzabile rappresenta oggi uno dei principali fattori di vantaggio competitivo. L’intervento di Dalia Politi, Data & AI Project Manager di Cluster Reply, durante il convegno organizzato dall’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano, ha messo in luce come il knowledge management, sostenuto da intelligenza artificiale e data governance, possa diventare la leva per rendere la conoscenza aziendale più efficiente, scalabile e condivisa .
Indice degli argomenti
Dal dato alla conoscenza condivisa
Secondo Politi, il vero valore del dato emerge solo quando esso si trasforma in conoscenza «condivisibile, interrogabile e riutilizzabile da tutti». In molti contesti complessi o multinazionali, le informazioni tendono a rimanere frammentate in silos organizzativi, disperse tra documenti e report che richiedono tempo e risorse per essere rintracciati.
L’adozione di strumenti di catalogazione e mappatura dei metadati consente di superare questa frammentazione, creando un sistema in cui ogni dato è tracciabile nel suo ciclo di vita: si sa chi lo ha utilizzato, per quale scopo e con quali risultati. Tale tracciabilità, ha spiegato Politi, riduce drasticamente il tempo impiegato per accedere all’informazione e aumenta la trasparenza nei processi decisionali.
La transizione dal dato alla conoscenza, dunque, non dipende soltanto dalla quantità di informazioni disponibili, ma dalla loro organizzazione e interoperabilità, elementi centrali del moderno knowledge management.
Efficienza e fiducia nell’informazione
Ottenere efficienza non basta: le decisioni basate sui dati devono essere anche affidabili. Politi sottolinea che «non è fondamentale solo avere accesso all’informazione, ma anche potersi fidare dell’informazione che si ha a disposizione». Da qui nasce l’importanza di ecosistemi integrati, capaci di garantire coerenza e qualità lungo tutto il ciclo di vita del dato.

«Non è fondamentale solo avere accesso all’informazione, ma anche potersi fidare dell’informazione che si ha a disposizione».
Dalia Politi, Data & AI Project Manager di Cluster Reply
Un ecosistema unificato permette di combinare intelligenza artificiale, dati e governance in un’unica architettura. L’AI diventa così il motore che trasforma dati puliti e sicuri in insight predittivi, modelli cognitivi e supporti decisionali. Quando la qualità è garantita, la fiducia cresce, e con essa anche la propensione a utilizzare i dati come base per l’innovazione e la pianificazione strategica.
Questa sinergia tra governance e intelligenza artificiale rappresenta una forma evoluta di data-driven culture, dove il processo di conoscenza è continuo e verificabile, e ogni decisione può essere ricondotta a una fonte chiara e controllata.
Ecosistemi unificati per dati e AI
Nelle organizzazioni distribuite, la frammentazione tecnologica è spesso uno dei principali ostacoli all’efficacia del knowledge management. Politi evidenzia che la creazione di piattaforme integrate consente non solo di centralizzare la gestione dei dati, ma anche di armonizzare le modalità di accesso e condivisione della conoscenza.
Quando la componente di AI si combina alla governance dei dati, le piattaforme diventano capaci di generare insight predittivi e modelli adattivi in modo continuo. La conoscenza non è più un archivio statico, ma un sistema dinamico di apprendimento organizzativo. Le decisioni derivano da un ciclo di feedback costante, dove i risultati vengono misurati, appresi e reimmessi nel sistema come nuova conoscenza utile per i progetti futuri.
In questa prospettiva, la distinzione tra data governance e knowledge management tende a sfumare: entrambi concorrono a costruire un ambiente informativo solido, aperto e orientato all’evoluzione.
Scalabilità della conoscenza e riuso delle soluzioni
Uno dei concetti più interessanti introdotti da Politi è quello di scalabilità della conoscenza. Nelle organizzazioni complesse, quando le persone hanno accesso a soluzioni e casi già affrontati, tendono a usarli come base per nuovi progetti. Questo riuso consente di ridurre il tempo di delivery e di migliorare la qualità delle decisioni.
La scalabilità, tuttavia, non riguarda solo le persone e i processi, ma anche la tecnologia. Politi spiega che le architetture moderne possono essere progettate secondo logiche scale-up, dove componenti di codice e moduli digitali vengono generalizzati per essere riutilizzati in contesti simili. In tal modo, la conoscenza si traduce in architettura, e ogni componente diventa un asset tecnologico capace di generare valore nel tempo .
Questa visione porta il knowledge management oltre la gestione documentale, verso un modello in cui l’esperienza e le soluzioni si consolidano nel patrimonio tecnologico stesso dell’impresa.
Conoscenza, persone e processi in un ecosistema governato
Il punto di arrivo, secondo Politi, è un equilibrio tra persone, dati e processi inseriti in un ecosistema governato, in cui la conoscenza è accessibile a tutti e produce valore tangibile. Quando la conoscenza è condivisa e tracciabile, le duplicazioni si riducono, le decisioni diventano più rapide e l’organizzazione può adattarsi più facilmente ai cambiamenti. Il knowledge management non è così un insieme di strumenti ma un principio di governo dell’informazione: un processo che unisce efficienza tecnologica e consapevolezza umana. L’intelligenza artificiale ne diventa l’alleato, non come sostituto del pensiero umano, ma come abilitatore di una conoscenza collettiva capace di evolvere e moltiplicarsi nel tempo.














