Le imprese stanno attraversando una fase in cui la maturità dei sistemi dati condiziona direttamente la capacità di rendere l’intelligenza artificiale realmente operativa. L’intervento di Luca Bolognesi, Manager, Field Engineering per Databricks al al convegno Data & Decision Intelligence: pilotare l’AI per usarla davvero! organizzato dall’Osservatorio Big Data & Business Analytics del Politecnico di Milano, ha offerto un punto di vista nitido su come l’evoluzione tecnologica e organizzativa stia modificando l’intero ciclo di vita del dato, facendo convergere analytics, processi collaborativi e automazione. Il filo conduttore è la necessità di costruire piattaforme in grado di supportare questa trasformazione, affinché l’innovazione possa estendersi oltre la fase sperimentale.
Indice degli argomenti
Dalle analisi storiche alle piattaforme intelligenti
Bolognesi osserva che le piattaforme dati «stanno passando da sistemi pensati per analizzare e studiare il passato a piattaforme intelligenti dove analytics e AI convivono in un unico modello» .
Questo cambiamento non riguarda soltanto l’architettura tecnica, ma ridefinisce il modo in cui i team lavorano, condividono i dati e producono insight. Superare la separazione tra soluzioni, ruoli e dataset è uno dei passaggi centrali: riduce la dispersione delle informazioni e accelera la creazione di valore.
La visione proposta si fonda su ambienti unificati, in cui figure professionali diverse — come data engineer e data analyst — collaborano senza barriere. Per Bolognesi, questa convergenza è indispensabile per aumentare l’efficacia operativa e migliorare i tempi di risposta delle iniziative basate sul dato.
Una trasformazione anche organizzativa
Il passaggio a piattaforme intelligenti implica una revisione delle modalità di lavoro. Secondo il relatore, i team devono poter accedere agli stessi dati e agli stessi modelli, così da ridurre errori e duplicazioni e favorire un linguaggio condiviso tra funzioni tecniche e funzioni di business. È una prospettiva che non separa tecnologia e organizzazione, ma le considera parti interdipendenti di un’unica evoluzione.
Il modello semantico come snodo per “scalare l’AI”
Uno dei punti centrali dell’intervento riguarda la difficoltà non tanto di integrare i dati, quanto di comprenderne il significato. Bolognesi richiama l’attenzione sul fatto che la vera complessità nasce dalla necessità di «gestire e capire quale è il significato del dato stesso» .
Per affrontare questo problema introduce il concetto di “modello semantico“, definito come l’elemento capace di collegare il dato tecnico alla sua interpretazione naturale da parte del business. La sua funzione è rendere esplicito il contesto del dato, abilitando la collaborazione tra persone e l’interoperabilità con agenti di AI.
Secondo Bolognesi, questo livello semantico diventa un requisito essenziale per qualsiasi piattaforma che aspiri a essere realmente intelligente. Senza metadati strutturati, infatti, l’AI non è in grado di produrre risultati affidabili o di operare in autonomia su processi complessi.

«La vera complessità nasce dalla necessità di gestire e capire quale è il significato del dato stesso».
Luca Bolognesi, Manager, Field Engineering di Databricks
Il valore dell’interoperabilità semantica
Il modello semantico permette di superare una criticità comune alle organizzazioni: dataset generati e interpretati in modi differenti, che impediscono di scalare l’AI oltre i confini di un singolo team o progetto. Rendere il dato comprensibile e standardizzato riduce gli attriti tra le funzioni e contribuisce a costruire piattaforme capaci di evolvere nel tempo.
Quando la piattaforma diventa proattiva
Un altro passaggio chiave riguarda la crescente capacità delle piattaforme di agire autonomamente. Bolognesi descrive il passaggio da sistemi «passivi, statici» a piattaforme «proattive» in grado non solo di supportare la scrittura del codice o individuare errori, ma anche di intervenire su aspetti più avanzati come «l’ottimizzazione automatica delle performance delle pipeline» .
In questa visione, la piattaforma è in grado di praticare auto-tuning, migliorare la performance delle lavorazioni e contribuire alla riduzione dei costi. È un esempio concreto di come l’AI non sia più confinata agli use case, ma inizi a incidere direttamente sull’efficienza dell’infrastruttura.
Dall’automazione all’operatività
L’evoluzione verso piattaforme proattive rappresenta un tassello importante per scalare l’AI: se le pipeline diventano autosufficienti nella gestione della qualità e dell’efficienza, la complessità operativa diminuisce e cresce la capacità dei team di concentrarsi su attività a maggiore valore aggiunto.
L’equilibrio tra innovazione e controllo
E su rapporto tra innovazione e governance, Bolognesi rifiuta la dicotomia che vede le due forze come opposte. La sua posizione è netta: «governance e innovazione non possono andare uno senza l’altro» .
Il relatore ricorre a un’immagine efficace per chiarire il concetto, spiegando che la governance fornisce «i binari sui quali l’innovazione deve correre», mentre l’assenza di regole rischia di confinare i progetti in una fase di pilot permanente. È un equilibrio che richiede compromessi, ma che consente di far avanzare iniziative complesse con un grado sufficiente di controllo.
La fiducia come fondamento operativo
Il tema della fiducia è ricorrente. Bolognesi insiste sulla necessità di garantire visibilità sul dato, controllo degli accessi, tracciabilità delle operazioni e qualità sia dei dati sia dei modelli. Senza fiducia, afferma, «un’iniziativa non è giustificata» e non può crescere in modo sostenibile .
All’interno delle organizzazioni, questa fiducia si traduce nella capacità di identificare chi fa cosa, ricostruire l’intero percorso di trasformazione del dato, misurare le performance dei modelli e intervenire rapidamente in caso di anomalie. È un presupposto che consente di ridurre i rischi e di spostare l’attenzione dalle fasi esplorative alle applicazioni concrete.
Dai pilot alla produzione: cosa significa davvero scalare l’AI
L’ultimo passaggio dell’intervento chiarisce cosa significhi scalare l’AI in modo concreto. Per Bolognesi, la maturità delle piattaforme e la solidità della fiducia nel dato sono le condizioni necessarie per «portare a compimento» i progetti e «industrializzarli, quindi portarli in produzione» .
Il riferimento all’industrializzazione non riguarda specifici settori industriali, ma descrive il passaggio metodologico che permette all’AI di diventare parte integrante dei processi aziendali. È un concetto operativo, che richiama la necessità di rendere scalabili, replicabili e affidabili le soluzioni sviluppate.
La possibilità di estendere l’innovazione oltre i limiti della sperimentazione dipende dalla maturità delle piattaforme dati, dalla presenza di un modello semantico condiviso e dalla creazione di un ambiente in cui la fiducia sia costruita sui fatti: tracciabilità, qualità, visibilità e controllo.











