Il 2026 segnerà un punto di svolta per chi guida l’IT: l’adozione accelerata dell’AI generativa, il debutto operativo degli agenti autonomi, la pressione crescente su costi e sostenibilità delle piattaforme, l’urgenza di modernizzare applicazioni e dati per ottenere valore misurabile dalle iniziative digitali. In questo scenario, la CIO Agenda 2026 si allarga e si complica: non basta più gestire la tecnologia, serve strutturare un modello capace di connettere strategia, operation e innovazione continua.
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CIO Agenda 2026: le priorità emergenti
Secondo le analisi di Gartner (Gartner, The CIO Report – 2H25), il 2025 ha già mostrato alcune dinamiche destinate a intensificarsi nel 2026: la necessità di evolvere gli operating model per supportare scenari in cui i sistemi devono collaborare in maniera continua (e sempre più autonoma), l’urgenza di costruire una base dati credibile per l’AI e di dimostrare tangibilità del valore digitale, la richiesta di resilienza di fronte a rischi crescenti e la pressione per ridurre complessità e costi senza rallentare le iniziative strategiche.
Il ruolo del CIO si espande, secondo Gartner, lungo tre direttrici principali:
- Garantire un’infrastruttura decisionale più veloce e affidabile
- Guidare la modernizzazione delle piattaforme IT come leva per abilitare nuovi modelli operativi e nuovi servizi digitali
- Costruire una governance dell’AI che assicuri sicurezza, integrità dei dati e visibilità sui rischi emergenti.
A questo si aggiunge l’evoluzione del rapporto tra business e tecnologia: nel 2026 il CIO dovrà essere in grado non solo di abilitare le iniziative digitali, ma di orchestrare un modello di esecuzione distribuito, in cui applicazioni, dati e AI contribuiscono congiuntamente alla creazione di valore.
Le cinque domande strategiche che anticipano le decisioni critiche
Prepararsi al 2026 significa adottare un approccio diverso al processo decisionale: non basta aggiornare priorità e budget, serve ridefinire le domande di fondo che guidano le scelte tecnologiche e organizzative.
Come si genera valore misurabile dai dati e dall’AI?
Il tema non è più “avere progetti AI”, ma dimostrare che esistono dataset affidabili, governance adeguata e metriche in grado di superare il tradizionale approccio basato su KPI tecnici. È una domanda che anticipa la necessità di riorganizzare pipeline, ruoli e processi decisionali.
Quali capability operative si devono sviluppare per sostenere automazione e agenti AI?
L’AI generativa e gli agenti autonomi non richiedono soltanto nuove tecnologie: impongono modelli operativi diversi, basati su API, processi riprogettati e responsabilità distribuite. La domanda anticipa un lavoro profondo sull’IT operating model.
Dove il technical debt sta rallentando la capacità di competere?
Questa domanda consente di identificare i colli di bottiglia strutturali: piattaforme legacy che impediscono velocità di delivery adeguate, applicazioni non adattabili a flussi automatizzati, e scarsa modularità che ostacola integrazioni rapide.
Come deve evolvere la gestione dei costi per sostenere investimenti continui?
Non si tratta di ridurre la spesa, ma di ridefinire i meccanismi di allocazione: ciò che oggi finanzia il funzionamento dovrà spostarsi progressivamente verso ciò che genera valore. La domanda anticipa scelte sul ciclo triennale di ottimizzazione.
Quali rischi emergenti si devono affrontare con maggiore priorità?
Dalla sicurezza dei modelli AI alla disinformazione, dalla qualità del dato alle superfici d’attacco, il 2026 richiederà un approccio anticipatorio ai rischi, non reattivo. La domanda indirizza l’integrazione tra controllo, governance e innovazione.
Trasformare il modello operativo IT: dal task management alla value execution
La CIO Agenda 2026 rende evidente un limite che molte organizzazioni stanno già vivendo: un modello operativo nato per gestire attività e processi interni non regge più la velocità, la complessità e l’interdipendenza richieste da AI, automazione e modernizzazione tecnologica. Il modello tradizionale, incentrato sul controllo delle attività, sulla gestione della domanda e sulla pianificazione lineare, produce colli di bottiglia proprio nei momenti in cui il business richiede maggiore agilità decisionale e capacità di orchestrazione tra sistemi, dati e persone.
Per la CIO Agenda 2026, il modello operativo deve essere in grado di integrare tre dimensioni: decision execution, servizi end-to-end e capacità trasversali orientate al valore. Questo significa spostare il focus dall’efficienza delle singole funzioni alla qualità dei risultati generati dai servizi digitali, includendo metriche che misurino esperienza interna, affidabilità delle piattaforme, qualità del dato e impatto sul time-to-value delle iniziative strategiche.
A questo si aggiunge un’esigenza strutturale: supportare un ritmo di delivery continuo, abilitare change management rapidi e orchestrare team cross-funzionali in grado di combinare product management, architettura, sicurezza, AI e operations. Secondo l’analisi di Gartner, dunque, il CIO non deve più “gestire l’IT”, ma guidare un modello che utilizza l’IT per eseguire decisioni di business in modo più rapido, più sicuro e più misurabile.
Il modello “service-optimizing“ e l’architettura delle capability richieste nel 2026
L’adozione di un modello service-optimizing rappresenta il passaggio più efficace per trasformare l’IT in una piattaforma in grado di generare valore continuo. Al centro non ci sono più i processi interni, ma la capacità dell’organizzazione di progettare, erogare e migliorare servizi digitali che contribuiscono direttamente agli obiettivi aziendali.
Product e service management come motore di miglioramento continuo
Questo modello richiede team che seguano i servizi end-to-end: dalla definizione del valore atteso fino alla misurazione dei risultati. Il focus si sposta dalla gestione delle attività alla capacità di evolvere rapidamente servizi, funzionalità e qualità dell’esperienza interna.
Governance più snella, ma allineata agli obiettivi strategici
La governance assume un ruolo abilitante: riduce i passaggi burocratici, accelera le decisioni e rende più trasparenti responsabilità e priorità. Diventa essenziale un dialogo costante tra CIO, CISO, responsabili dati e leader di prodotto.
Architettura orientata a modularità, scalabilità e API-first
Il modello service-optimizing si fonda su un’architettura capace di sostenere cambiamenti continui:
- Componenti modulari
- Integrazioni standardizzate
- Servizi autonomi ma coordinati
- Monitoraggio costante della qualità del servizio
Metriche orientate al valore e alla qualità del servizio
Gli indicatori tradizionali non bastano più. Servono metriche che misurano quanto un servizio supporta decisioni, riduce tempi di esecuzione o migliora la qualità dell’esperienza. La capacità di leggere questi segnali diventa una competenza centrale.
Nuove competenze ibride per sostenere il modello
Il service-optimizing richiede profili in grado di combinare tecnologia, design dei servizi, gestione del prodotto, sicurezza e analisi dati. Una workforce orientata all’esperienza e alla misurazione del valore permette di rendere scalabile il nuovo modello operativo.
CIO Agenda 2026: come generare valore attraverso l’AI
Per la CIO Agenda 2026, la capacità di generare valore attraverso l’intelligenza artificiale dipenderà sempre più dalla solidità del patrimonio informativo dell’organizzazione. Il problema non è la disponibilità di dati, ma la loro qualità, il loro livello di governance e la loro idoneità a supportare modelli e agenti in modo affidabile, trasparente e ripetibile. Molte imprese si trovano ancora in una fase in cui dataset incompleti, scarsi controlli di qualità o architetture poco integrate limitano l’efficacia dei progetti AI e rallentano la capacità di scalare.
La Data & AI readiness richiede un approccio strutturato: definire cosa significa “dato pronto all’uso”, stabilire quali responsabilità devono essere condivise tra IT, CDAO e linee di business e introdurre criteri che permettano di valutare il rischio dei dataset utilizzati per addestrare e alimentare i sistemi intelligenti. Altrettanto importante è allineare i dati ai casi d’uso: la qualità è relativa al compito da svolgere e non esiste un dataset “buono” in termini assoluti, ma dati adeguati a un obiettivo preciso.
Un’altra componente decisiva riguarda la governance: l’adozione dell’AI impone maggiore trasparenza su provenienza dei dati, modalità di trasformazione, controlli applicati e accesso alle informazioni. Senza questi elementi, l’AI rimane confinata a prototipi o a iniziative isolate, con scarsa capacità di incidere sulle performance operative.
Infine, una solida readiness richiede una revisione delle pipeline e una maturità più alta nell’automazione dei processi: pulizia, orchestrazione, controlli qualità, gestione dei metadati devono essere integrati in un sistema unico. È su queste fondamenta che diventa possibile scalare applicazioni AI affidabili, ridurre rischi e accelerare iniziative come automazioni intelligenti, assistenti operativi e agenti autonomi.
Modernizzazione delle applicazioni
L’evoluzione tecnologica prevista per il 2026 richiede un portafoglio applicativo più leggero, modulare e agile. La maggior parte delle organizzazioni, però, entra in questa fase con un’eredità complessa: applicazioni ridondanti, sistemi legacy difficili da integrare, processi critici incorporati in software datati e un debito tecnico che limita sperimentazione, automazione e AI su larga scala. Il risultato è una frizione costante tra esigenze di modernizzazione e capacità effettiva di esecuzione.
Il portafoglio applicativo non può più essere gestito come un insieme di asset separati: deve essere trattato come un sistema integrato in cui ogni applicazione ha un ruolo preciso nel garantire continuità operativa, flessibilità e valore al business. È importante, in questo senso, identificare quali applicazioni devono essere rinnovate, quali migrate, quali ripensate e quali eliminate, stabilendo una gerarchia chiara delle priorità in base all’impatto su costi, qualità del servizio e capacità di sostenere nuovi modelli operativi.
Un’altra evidenza riguarda la relazione tra modernizzazione applicativa e AI. Senza architetture più modulari e servizi più interoperabili, è difficile abilitare agenti autonomi, automazioni intelligenti o capacità predittive integrate nei processi. Il tema non è solo aggiornare tecnologie obsolete, ma attivare condizioni che permettano all’AI di operare in maniera efficace, sicura e scalabile.
La modernizzazione richiede infine un approccio metodico: analisi dello stato attuale, valutazione tecnica e funzionale di ciascuna applicazione, definizione del business fit, identificazione delle dipendenze, comprensione del rischio operativo e selezione delle iniziative che generano maggior valore in tempi accettabili.
Le cinque strategie di modernizzazione
Secondo Gartner, le cinque strategie individuate dai principali framework di modernizzazione offrono un repertorio chiaro di opzioni, ognuna adatta a problemi specifici e a diversi livelli di complessità.
- Rehost (“lift and shift”)
È il percorso più rapido quando l’obiettivo principale è ridurre costi infrastrutturali o spostare l’applicazione verso piattaforme cloud più efficienti, senza modificare il codice. Rehost è utile per applicazioni stabili, ma non risolve problemi di qualità architetturale o debito tecnico. - Replatform (“lift and reshape”)
Comporta modifiche minime per adattare l’applicazione a un nuovo runtime o a servizi gestiti. Permette di ottenere un miglioramento moderato delle prestazioni o della scalabilità, pur mantenendo la logica di business esistente. È indicato quando il limite attuale è soprattutto infrastrutturale. - Rearchitect
Prevede una ristrutturazione del codice e dell’architettura interna, mantenendo invariati comportamenti e funzionalità. È una scelta mirata per ridurre debito tecnico, migliorare performance, sicurezza e resilienza senza dover riprogettare tutto da zero. Consente benefici significativi senza impatti eccessivi sul business. - Rebuild
Consiste nella riscrittura completa dell’applicazione, mantenendo lo stesso perimetro funzionale. È adatto per sistemi critici diventati ingestibili, difficili da integrare o incapaci di supportare automazione e AI. Il rebuild permette di introdurre architetture moderne, ma richiede investimenti rilevanti. - Replace (“drop and shop”)
Si sostituisce l’applicazione con una soluzione standard, spesso SaaS. È una scelta interessante per applicazioni poco differenzianti, dove il valore sta nel processo e non nel software in sé. Permette di ridurre manutenzione e complessità, ma implica un adeguamento dei processi ai modelli della piattaforma adottata.
Strategie di cost optimization
Per la CIO Agenda 2026, la gestione dei costi IT richiede una disciplina molto diversa rispetto ai tradizionali interventi tattici: serve visione di medio periodo e una capacità più matura di valutare il rapporto tra costi, valore e rischio lungo tutto il ciclo di vita delle iniziative tecnologiche.
Secondo Gartner (Gartner, 3-Year Roadmap for Strategic Cost Optimization), nelle imprese in cui questa disciplina è già stata avviata emergono tre dinamiche.
- La prima riguarda la necessità di integrare la gestione dei costi nei processi di pianificazione strategica: non come un controllo a posteriori, ma come leva per decidere quali capability sviluppare, quali servizi migliorare e quali iniziative non generano più valore sufficiente per giustificare l’investimento.
- La seconda riguarda il superamento delle logiche basate esclusivamente su tagli lineari, che non tengono conto della differenziazione delle applicazioni, né dell’effetto a cascata sul debito tecnico o sulla qualità del servizio digitale.
- La terza riguarda l’urgenza di creare maggiore trasparenza: senza una visione completa di costi, contratti, performance e utilizzo delle risorse, non è possibile orientare in modo credibile le priorità del 2026.
Le nuove strategie di cost optimization per la CIO Agenda 2026 richiedono anche un cambio di responsabilità. Non può essere un’iniziativa solo IT, ma un esercizio condiviso con business, procurement, finance e sicurezza, perché impatta direttamente su time-to-market e capacità dell’impresa di sostenere la crescita. Attraverso questa collaborazione diventa possibile identificare inefficienze non solo tecnologiche, ma anche organizzative: sovrapposizioni di soluzioni, ridondanze nei flussi di lavoro, costi nascosti legati a scarsa standardizzazione o a processi poco automatizzati.
Infine, la maturità della cost optimization ha un impatto diretto sulla capacità di adottare AI e agenti autonomi. In molte organizzazioni, parte della spesa attuale è assorbita da manutenzione, integrazioni complesse o gestione di sistemi obsoleti: elementi che limitano l’investimento in iniziative strategiche.
La CIO Agenda 2026 tra AI generativa, agenti e automazione 24/7
La diffusione dell’AI generativa e l’ingresso degli agenti autonomi nei processi aziendali segnano una discontinuità significativa per l’IT e per la leadership del CIO. Nel 2026, questi sistemi non rappresenteranno più semplici estensioni dei canali digitali, ma componenti attive dell’operatività quotidiana, capaci di interagire con dati, applicazioni, servizi e persone in modo autonomo o semi-autonomo. Questo cambiamento introduce nuove opportunità di efficienza e valore, ma richiede anche una profonda revisione dell’architettura, della governance e dei modelli operativi.
L’AI generativa sta evolvendo da strumento di supporto alla produzione di contenuti a piattaforma capace di orchestrare processi: generare documentazione, supportare attività operative, assistere decisioni e automatizzare sequenze di azioni complesse. Parallelamente, gli agenti intelligenti, progettati per percepire contesti, prendere decisioni basate su obiettivi, interagire con applicazioni e dati, stanno accelerando il passaggio da automazioni statiche ad automazioni adattive e continue. In molte organizzazioni questi due elementi inizieranno a convergere, con agenti che utilizzano modelli generativi per risolvere problemi, riconfigurare flussi o suggerire azioni.
In parallelo aumentano i rischi: accessi non autorizzati, contaminazioni del dato, exploit generati tramite input manipolati, errori operativi dovuti a allucinazioni o cattiva qualità delle informazioni. Per questo il CIO dovrà introdurre policy, controlli e strumenti che permettano di verificare, osservare e limitare le azioni degli agenti, riducendo al minimo l’impatto di comportamenti inattesi.
Infine, l’ingresso dell’automazione continua cambierà il rapporto tra IT e organizzazione. I team dovranno essere in grado di progettare servizi che dialogano con agenti e modelli, di monitorare attività eseguite in autonomia e di integrare competenze nuove, come la sicurezza AI-native, la gestione dei rischi algoritmici e il prompt engineering avanzato.
Rendere l’IT stack agent-ready
Affinché agenti autonomi e automazioni intelligenti possano operare in modo affidabile, l’intero stack IT deve essere ripensato come un ambiente progettato per ospitare sistemi che osservano, decidono e agiscono in autonomia. Secondo l’analisi di Gartner (Gartner, AI Agents: CIOs Must Plan to Make Their IT Stack Agent-Ready), questo non richiede soltanto nuove tecnologie, ma una revisione profonda di come i servizi aziendali sono esposti, monitorati e controllati.
Un’architettura basata su API aperte e standardizzate
Gli agenti hanno bisogno di interagire con applicazioni e dati attraverso interfacce chiare, documentate e sicure. La standardizzazione delle API, l’esposizione modulare delle funzionalità e la riduzione delle integrazioni “ad hoc” sono prerequisiti fondamentali. Senza API robuste, gli agenti non possono eseguire azioni in modo sicuro, né scalare oltre pochi use case sperimentali.
Servizi componibili e disaccoppiati
Un IT stack agent-ready si fonda su architetture componibili: servizi autonomi, scalabili e osservabili che possono essere combinati dagli agenti per eseguire sequenze di attività. Questo modello riduce complessità, evita colli di bottiglia, semplifica il monitoraggio e rende più sicuro il comportamento delle componenti autonome.
Controlli di sicurezza e autorizzazione specifici per agenti e modelli
Come anticipato, gli agenti introducono rischi nuovi: escalation incontrollata dei privilegi, accesso a dati non previsti, manipolazioni del contesto e vulnerabilità dovute agli input. Per questo è necessario implementare controlli che includono:
- Autorizzazioni granulari basate sul principio del minimo privilegio
- Tracciamento delle azioni degli agenti
- Verifiche sui dati usati come input e sulle risposte generate
- Sistemi di contenimento per limitare comportamenti anomali
Meccanismi di observability continua
Gli agenti devono essere osservabili come qualsiasi altro componente critico. Log dettagliati, monitoraggio delle decisioni, indicatori di qualità del dato, rilevamento di anomalie nelle azioni. La trasparenza diventa essenziale per gestire i rischi, dimostrare affidabilità e supportare attività di revisione interna o regolatoria.
Guardrail operativi per garantire sicurezza e prevedibilità
Accanto ai controlli tecnici, servono regole operative che definiscono cosa un agente può fare, quando e in quali condizioni. Questi guardrail includono limiti di intervento, scenari ammessi, escalation automatiche verso operatori umani, blocchi su attività ad alto rischio e modelli di revisione programmata. Lo scopo non è frenare l’autonomia, ma assicurare che rimanga entro confini che proteggono l’organizzazione.

















