Negli ultimi anni la riflessione sulla data economy si è estesa oltre le metriche di efficienza o le evoluzioni tecnologiche per includere scenari di lungo periodo, nei quali la capacità delle organizzazioni di governare, condividere e valorizzare il dato diventa un fattore determinante.
L’intervento di Irene Di Deo, Ricercatrice Senior dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics, al convegno Data & Decision Intelligence: pilotare l’AI per usarla davvero! promosso dagli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, ha ricostruito le traiettorie più probabili dell’evoluzione dei sistemi informativi e dell’intelligenza artificiale nei prossimi dieci anni, proponendo una lettura strutturata dei megatrend che potrebbero ridefinire il valore generato dal dato nelle filiere e nelle relazioni tra imprese e cittadini.
A partire dalla metodologia di Digital Foresight, Di Deo ha illustrato come segnali già presenti nel mercato vengano trasformati in trend e megatrend, componendo poi scenari futuri di impatto tecnologico, organizzativo e sociale.
Indice degli argomenti
Come si costruisce una visione di lungo periodo
La costruzione di scenari legati alla data economy si fonda sull’analisi dei segnali che emergono nel presente: news, brevetti, startup e nuove ricerche scientifiche rappresentano la materia prima da cui partire. Di Deo spiega che questi segnali vengono interpretati e aggregati in trend tecnologici, di business e sociali, fino alla definizione dei megatrend, valutati insieme all’Advisory Board dell’Osservatorio per comprenderne la probabilità di realizzazione e la profondità d’impatto.
L’orizzonte scelto è di dieci anni, un periodo sufficientemente lungo per osservare trasformazioni strutturali e non semplici oscillazioni tattiche. Questa impostazione consente di individuare dinamiche che influenzeranno le imprese nel modo in cui raccolgono, integrano, valorizzano e scambiano i dati, secondo 3 principali assi di trasformazione.
1) Valorizzare il patrimonio informativo esistente
L’ascesa dei dati non strutturati
Uno dei megatrend ritenuti più probabili riguarda l’utilizzo pieno dei dati non strutturati. L’analisi comparativa effettuata dall’Osservatorio mostra una crescita significativa: nel 2019 solo l’8% delle grandi aziende dichiarava di avere avviato sperimentazioni su questo tipo di dati, principalmente testuali, mentre nel 2025 la quota sale al 54%.
Il punto di arrivo ipotizzato per il 2035 è la creazione di uno «strato di intelligenza condivisa» capace di integrare dati strutturati e non strutturati e di alimentare agenti e workflow automatizzati all’interno delle organizzazioni. È una prospettiva che si collega direttamente all’evoluzione dell’automazione e delle piattaforme AI, le quali potranno operare in modo più maturo solo disponendo di una base informativa ampia e coerente.
La misurazione del valore: dal contributo operativo all’asset strategico
Un secondo megatrend riguarda la crescente attenzione alla misurazione del valore generato dai dati. Secondo le evidenze riportate da Di Deo, il 46% delle grandi organizzazioni afferma oggi di avere gli strumenti per valutare l’impatto economico delle iniziative data-driven.
Il passo successivo è la standardizzazione dei metodi di valutazione, con l’obiettivo di rendere esplicito non solo ciò che i dati permettono di ottenere in termini operativi – definito come “energia cinetica” – ma anche il potenziale futuro che rappresentano per l’organizzazione, un vero e proprio asset che può essere valorizzato. La prospettiva qui si allinea alla visione più ampia della data economy, nella quale il dato diventa capitale informativo, con un valore misurabile e confrontabile tra le imprese.

«Il dato dovrà diventare capitale informativo comune, con un valore misurabile e confrontabile fra le imprese».
Irene Di Deo, Ricercatrice Senior dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics
2) Competenze e ruoli, quali professionalità guideranno la trasformazione
L’evoluzione del Data Expert
Di Deo identifica nell’evoluzione delle professioni legate ai dati un altro megatrend altamente probabile. Non si tratta più di un lavoro artigianale ma di orchestrazione: la capacità di integrare strumenti diversi, utilizzare automazioni e valorizzare le opportunità offerte dai nuovi modelli di AI. L’analisi delle priorità delle grandi organizzazioni mostra come attività tradizionali, come Data Analysis & Reporting, siano sempre più esposte all’automazione generata dalle tecnologie GenAI. Anche la Data Architecture e il Data Engineering risultano aree sensibili all’impatto dell’automazione. Questa trasformazione non elimina il ruolo umano, ma lo sposta su competenze trasversali, sulla supervisione dei sistemi e sulla lettura critica delle risposte prodotte dagli algoritmi.
La sfida della Data Literacy e dell’AI Literacy
Il tema della diffusione delle competenze rappresenta invece una tendenza più incerta. Le iniziative formative sono presenti in molte grandi imprese, ma, secondo l’interpretazione condivisa con l’Advisory Board, è improbabile che entro dieci anni la Data Literacy (capacità di leggere, comprendere, analizzare e comunicare i dati in modo efficace) e l’AI Literacy (capacità di capire come funziona l’Intelligenza Artificiale, i suoi limiti e le sue implicazioni) diventino competenze realmente diffuse nella forza lavoro. La diffusione massiva dello strumento, soprattutto con modelli di AI sempre più accessibili, non coincide automaticamente con un uso critico.
Di Deo evidenzia il rischio che una scarsa consapevolezza porti a fidarsi eccessivamente delle risposte dei modelli, con conseguente perdita di fiducia nel dato nel momento in cui emergano errori dovuti anche alla qualità della fonte informativa. Si tratta di una dinamica centrale per comprendere le potenzialità e le fragilità della data economy del prossimo decennio, in cui l’accesso al dato non sarà sufficiente senza una reale competenza di lettura.
3) Modelli collaborativi e nuove forme di condivisione
Le collaborazioni basate sulla condivisione dei dati
Il terzo asse esplorato riguarda le tendenze più trasformative della data economy, che intervengono sul modo in cui il valore generato dal dato viene distribuito tra imprese e cittadini. Uno dei megatrend analizzati prevede una crescita delle collaborazioni basate sulla condivisione dei dati tra aziende. Si tratta di uno scenario ritenuto mediamente probabile e in parte già avviato, soprattutto nel quadro della strategia europea che promuove la creazione di Data Spaces. Tuttavia, il livello di conoscenza dichiarato dalle imprese è ancora limitato: solo una grande azienda su dieci conosce effettivamente questi strumenti, evidenziando una distanza significativa tra obiettivi istituzionali e maturità del mercato.
Consenso, incentivi e controllo del dato
L’ultima tendenza esplorata, quella con il più alto grado di incertezza, riguarda un possibile cambio di paradigma nella relazione tra cittadini, imprese e valore informativo. L’ipotesi considerata è che il dato possa tornare sempre più sotto il controllo di chi lo produce, sia esso un consumatore o un’impresa della filiera. La prospettiva è quella di modelli basati su consensi più granulari e su meccanismi di incentivo che premino la condivisione.
Di Deo osserva che esistono segnali preliminari in questa direzione, soprattutto nell’ambito dei dati personali, ma non è possibile prevedere se una trasformazione piena si concretizzerà in modo sistemico entro il 2035. Anche questo elemento contribuisce alla definizione di scenari divergenti di data economy, nei quali la distribuzione del valore potrebbe essere più o meno equa a seconda della realizzazione di questi meccanismi.
Le due traiettorie possibili della data economy al 2035
Innovazione concentrata e valore non redistribuito
Ci possono essere a questo punto due scenari. Nel primo alcuni megatrend non andranno in realtà a realizzarsi: la diffusione della cultura del dato, la consapevolezza nell’uso dell’AI e lo sviluppo di collaborazioni strutturate potrebbero non maturare a sufficienza. In questo caso, pur in presenza di innovazione e di nuovi servizi personalizzati, il valore generato rischierebbe di concentrarsi nelle mani di pochi player, con una possibile amplificazione delle posizioni dominanti in specifiche filiere. È uno scenario che emerge dall’analisi dei megatrend non ancora consolidati e della capacità limitata delle imprese di estendere modelli di condivisione e governance avanzata.
Il Collaborative Space come modello alternativo
La traiettoria opposta prevede la realizzazione piena dei megatrend individuati: imprese capaci di collaborare attraverso modelli di condivisione strutturati, cittadinanza più consapevole del valore generato dal dato e competenze diffuse che permettono un uso critico e consapevole delle soluzioni di AI. Di Deo definisce questo scenario “Collaborative Space“, un contesto in cui si verifica una parziale redistribuzione del valore informativo tra attori della filiera e tra imprese e consumatori. È una visione che unisce dimensione tecnologica, culturale e organizzativa, e che restituisce un quadro potenziale della data economy del prossimo decennio.











