Attualità

Lunga vita al data center: la prospettiva di Pure Storage tra all-flash e logiche “cloud like”

Due giornate intense, articolate tra conferenze, panel e interviste 1:1 per “fotografare” un settore le cui potenzialità di innovazione vengono spesso sottovalutate. Nel corso del Techfest2022, l’azienda californiana ha presentato novità tecnologiche e aperto spunti di riflessione sul presente e futuro dello storage.

Pubblicato il 01 Lug 2022

data center

Nel 2022, quando si parla di data center si ha l’impressione di muoversi controcorrente. Se nel dibattito fanno capolino concetti come l’esperienza “cloud like” e il concetto di sostenibilità, però, ci si accorge che il ragionamento sulle infrastrutture on premise mantiene una forte attualità. Nella due giorni organizzata da Pure Storage a Los Angeles, il tema principale è stato in buona sostanza quello del nuovo equilibrio tra cloud pubblico, privato e ibrido. Il tutto visto attraverso la lente interpretativa di un’azienda che nel Techfest 2022 ha tenuto a ribadire la sua fiducia nella prospettiva che l’ha guidata fino a qui.

Quel vicino “scomodo” chiamato cloud

Per capire la particolare prospettiva in cui Pure Storage legge il quadro attuale, basta pensare al fatto che l’azienda con sede a Mountain View ha il suo core business nella produzione di array e sistemi storage ad alte prestazioni secondo una logica “all flash”. Insomma: qualcosa che, a prima vista, si pone agli antipodi delle logiche basate sul cloud.

In seconda battuta, la lettura che esce dai confronti con gli esperti di Pure Storage delinea una realtà più articolata che parte da alcune premesse. La prima riguarda il fatto che la crescita del cloud non è destinata a coprire il 100% delle infrastrutture IT. Per i motivi più vari, qualsiasi organizzazione si trova a mantenere applicazioni e risorse “in casa”, soprattutto quelle mission critical. Per dirla in maniera più diretta: ci sono dei servizi che dovrebbero andare sul cloud, altri che possono andarci e altri che non devono proprio finirci.

La seconda, è che l’appeal del cloud è legato più alle modalità di gestione che alla vecchia concezione di “outsourcing del ferro”. Nel corso degli ultimi anni, tutte le organizzazioni hanno cominciato ad apprezzare l’esperienza cloud sulla base di vantaggi (scalabilità, flessibilità, ottimizzazione del time to market) che non sono necessariamente legate alla migrazione su data center esterni. In altre parole: chi fornisce soluzioni hardware/software per lo storage non deve necessariamente vedere la “logica cloud” come qualcosa di necessariamente ostile.

Attenzione alla performance e alla sostenibilità

Tornando agli annunci legati alle novità tecnologiche, il fulcro del Techfest2022 è legato a FlashBlade//S, piattaforma di Pure Storage che propone una nuova architettura modulare creata su elementi co-progettati a livello hardware e software. L’azienda, tra le poche che propone un approccio simile a quello di Apple (cioè la logica per cui l’azienda sviluppa sia l’hardware che il software delle soluzioni) sottolinea orgogliosamente i risultati dell’evoluzione tecnologica che ha portato alla nuova piattaforma.

Un’impostazione che il CEO Charlie Giancarlo indica come il maggiore elemento di differenziazione rispetto ai concorrenti di Pure Storage. “Per loro lo storage è una commodity” ha sottolineato più volte. “Per noi si tratta di una tecnologia in continua evoluzione”.

L’obiettivo, da un punto di vista dell’utilizzo, è quello di offrire una piattaforma di storage per i data center che consenta di offrire il massimo delle prestazioni e della scalabilità nei workload con dati non strutturati.

In sintesi, quanto esposto da Rob Lee e Amy Fowler in avvio di conferenza stampa, la nuova generazione dei prodotti Pure Storage è un improvement del 100% a livello di densità, performance ed efficienza energetica. Tradotto nella messa a terra della tecnologia: maggiore capacità, maggiori prestazioni con applicazioni di AI e ML, oltre a un minore impatto a livello di emissioni di CO2. Un tema, quello della sostenibilità, che ha caratterizzato la due giorni attraverso le parole di tutti gli esperti di Pure Storage con cui ZeroUno ha avuto occasione di parlare.

I dati forniti dall’azienda parlano di una richiesta inferiore del 48% a livello energetico e del 28% a livello di raffreddamento. Cambiando prospettiva, i dati elencati da John Colgrove parlano di un 66% di riduzione di CO2 per Petabyte e dell’80% di consumi energetici in meno.

Da “green” a “Evergreen”

Rimanendo in tema sostenibilità, i relatori hanno sottolineato non solo i vantaggi diretti offerti dalla tecnologia adottata in termini di consumi e relative emissioni, ma anche quelli derivanti dalla particolare modalità di funzionamento e di gestione a livello commerciale.

Qui, però, serve fare un passo indietro. La tecnologia sviluppata dall’azienda californiana, infatti, ha la particolarità di permettere l’aggiornamento dei dispositivi senza richiedere un “fermo” dei sistemi. In altre parole, gli array possono essere aggiornati costantemente. Stando a quanto riportano dalle parti di Pure Storage, il 97% degli array da loro venduti negli ultimi 6 anni sono ancora in servizio. Insomma: oltre alla riduzione dei consumi, entra in gioco anche il tema della generazione di rifiuti elettronici. Non ultimo: i prodotti sono ingegnerizzati in modo da consentirne il riciclo.

Questa peculiarità è anche alla base della logica dell’offerta commerciale dell’azienda, che punta sul concetto di “storage a consumo”. Proprio in occasione del Techfest2022, il General Manager di Pure Storage Prakash Darji ha illustrato le nuove formule ideate per esaltare questa logica.

La prima, chiamata Evergreen//Forever, è il tradizionale possesso con un abbonamento che copre software, aggiornamenti hardware e assistenza. A questa, l’azienda ha aggiunto Evergreen//Flex, che consente una maggiore flessibilità nell’utilizzo delle risorse. “Le aziende adesso possono aggiungere dinamicamente capacità di storage dove serve” sintetizza Darji. Infine, la formula Evergreen//One (prima conosciuta come Pure as-a-Service) che prevede un vero modello di servizio a consumo per lo storage.

In definitiva, si tratta di una soluzione che consente di utilizzare un data center on premise con caratteristiche simili a quelle del cloud pubblico.

Dietro le quinte

Come spiega Paolo Juvara, Chief Digital Transformation Officer di Pure Storage, le peculiarità della piattaforma richiedono un uso intensivo di informazioni che vengono elaborati attraverso sistemi di intelligenza artificiale.

“La tecnologia che abbiamo messo a punto consente di modificare la configurazione degli array in fase dinamica” sottolinea. “Per mantenere la correttezza delle impostazioni degli asset nel momento in cui un’azienda sposta i dati da un array all’altro o da un data center all’altro usiamo i dati legati alla telemetria che riceviamo direttamente dalle macchine”.

Un sistema che consente, in pratica, di automatizzare buona parte delle configurazioni e garantire il livello di flessibilità che caratterizza la soluzione e che richiede, sottolinea Juvara, di ottenere un’ottima qualità dei dati. “Grazie ai dati raccolti possiamo offrire servizi di manutenzione predittiva, ma anche suggerimenti per ottimizzare l’utilizzo dei sistemi sulla base del tipo di workload che vengono utilizzati”.

Per quanto riguarda la capacità di FlashBlade//S di gestire in maniera efficiente i dati disaggregati, il segreto risiede nell’uso di metadati personalizzabili che possono essere associati ai dati memorizzati. “In un sistema di storage tradizionale è possibile associare a ogni dato soltanto informazioni standard come le dimensioni del file o la data di creazione” spiega Juvara. “Con Flashblade è possibile associare metadati specifici e consentire in questo modo funzionalità di ricerca estremamente accurate. Tutto avviene a livello del sistema di storage, senza dover utilizzare ulteriori layer”. Il risultato, sintetizza Paolo Juvara, è la possibilità di eseguire processi di machine learning più estesi e più veloci.

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