Qualità del software: si parte dai requisiti

Dato che ormai tutti i processi sono basati sul software e stanno arrivando nuovi trend tecnologici che impattano sui modelli di business, la gestione dei requisiti del software assume un ruolo critico: a rischio la qualità, con impatti economici e sulla produttività del business.

Pubblicato il 19 Lug 2013

“La gestione dei requisiti è uno dei punti deboli della qualità del software”. Non usa mezzi termini Salvatore Reale, Co-Founder and member of the Board of Directors di Ita-Stqb. “In questo momento non esistono professionalità specifiche, skill riconosciuti secondo uno standard nell’ambito del requirement engineering, benché l’analisi dei requisiti, all’interno dell’ingegneria del software, sia una fase presente sostanzialmente in tutti i modelli di ciclo di vita del software [nei tradizionali modelli “a cascata” l'analisi dei requisiti è la prima fase del processo di sviluppo e deve concludersi con la stesura di una dettagliata specifica dei requisiti che descrive le funzionalità del nuovo software – o di una soluzione che deve essere modificata – nella loro interezza; tale specifica guida tutte le fasi successive di sviluppo, compreso il testing – ndr]”.

Salvatore Reale, Co-Founder and member of the Board of Directors di Ita-Stqb

Parliamo di attività cosiddette “preliminari” allo sviluppo o alla modifica di un software, ma che stanno assumendo un ruolo sempre più determinante sul piano della qualità della soluzione: “Lo scopo è definire non solo le funzionalità tecniche che il nuovo prodotto deve offrire, ma anche le esigenze del cliente, di colui che dovrà poi utilizzare tale prodotto – spiega Reale -. Siccome il cliente, o committente, non sempre riesce a essere esaustivo e a descrivere in dettaglio quali sono le richieste (che variano dalle caratteristiche funzionali della soluzione, alla qualità, all’usabilità e accesso da parte dell’utente, all’appeal grafico, fino ai requisiti del sistema infrastrutturale a supporto dell’applicativo), è la figura dell’analista che dovrà guidare tutto il processo di requirements engineering per poter collezionare dati chiari ed esaustivi che consentano di avviare le fasi di sviluppo e testing senza problemi”.

Una figura dunque che sul fronte della qualità del software assume un ruolo critico e determinante: “Non riuscire a gestire adeguatamente i requisiti potrebbe comportare una non qualità della soluzione (non solo quella tecnico-funzionale, ma anche quella percepita dall’utente) che in termini economici si traduce in maggiori costi e minore produttività (continue revisioni della soluzione, ciclo di sviluppo e rilascio più lunghi, inutilizzo da parte degli utenti) – è il monito di Reale -. Nel contesto odierno, dove ormai tutti i processi si basano sul software e nel vicino orizzonte vediamo trend disruptive come mobility, social e cloud che stanno avendo un impatto diretto anche sui modelli di business delle organizzazioni, avere soluzioni non corrispondenti alle esigenze è molto rischioso”.

Ed è in questo scenario che si colloca Reqb, Requirements Engineering Qualifications Board, l’organizzazione non-profit internazionale che sta lavorando per definire uno schema standard per i percorsi di certificazione degli skill nell’ambito della gestione dei requisiti del software. “Stanno già lavorando all’interno dei gruppi di lavoro di Reqb – spiega Reale – alcune professionalità che fanno già parte di Istqb (International Software Testing Qualifications Board, l’organizzazione mondiale che opera per la certificazione delle competenze in ambito software testing), ma è bene evidenziare che si tratta di due realtà differenti, che sviluppano schemi di certificazione differenti: Reqb si occupa di definire uno schema di certificazione per gli analisti che operano nell’ambito della gestione dei requisiti; Istqb, invece, definisce lo schema per gli skill che operano sul fronte del testing”.

Anche in Italia, alcuni dei membri di Ita-Stqb, lavorano allo schema Reqb. “A livello internazionale, il Board ha già definito gli schemi di certificazione di primo livello (definito Foundation) e di secondo livello (definito Advanced) rilasciando la documentazione relativa (i documenti sono chiamati Syllabus) – conclude Reale -. In Italia stiamo lavorando alla localizzazione dello schema e alla traduzione dei documenti che serviranno agli enti formatori e certificatori come modello di riferimento: lo schema di certificazione per il primo livello, Foundation, è già disponibile da quest’anno”.

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