ChatGPT, Pechino vuole l’alternativa cinese

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ChatGPT, Pechino vuole l’alternativa cinese

La città di Beijing ha dichiarato di incentivare le aziende AI locali nello sviluppo di chatbots basati sull’intelligenza artificiale generativa. Baidu e Alibaba pronti a sfoderare una tecnologia concorrente

Pubblicato il 23 Feb 2023

di Arianna Leonardi

La Cina non è disposta a rimanere indietro sul fronte delle nuove tecnologie, ma è pronta a cavalcare la sfida di ChatGPT con investimenti massicci nel campo dell’AI generativa. Dopo il clamore mediatico di OpenAI e la battaglia tra i colossi Microsoft e Google a colpi di artificial intelligence, non sorprende che il Paese del Dragone lanci la sua controffensiva.

Così lunedì 13 febbraio, la municipalità di Pechino, attraverso il Bureau di Economia e Information technology, dichiara la volontà di supportare le imprese nazionali nella costruzione di modelli di intelligenza artificiale paragonabili a ChatGPT, accelerando la fornitura sul mercato di chatbot evoluti.

La capitale cinese per l’intelligenza artificiale

Beijing fa sul serio: non solo si impegna a incentivare i giganti dell’IT cinese perché sviluppino velocemente gli algoritmi, ma intende implementare un ecosistema per promuovere i progetti di intelligenza artificiale, rafforzando l’infrastruttura AI, agevolando la condivisione dei dati e favorendo la collaborazione tra aziende, università, istituti di ricerca e comunità opensource.

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Secondo un white paper ufficiale rilasciato dal Bureau, la capitale cinese sarebbe il luogo elettivo per alimentare l’industria AI della Repubblica Popolare. I numeri relativi allo scorso ottobre parlano chiaro: il territorio di Pechino ospita il 29% delle società cinesi operanti nell’ambito dell’intelligenza artificiale, ovvero 1.048 aziende specializzate. Qui lavorano oltre 40.000 talenti dell’AI (circa il 60% del totale nazionale) e operano 30 tra le prime 100 aziende mondiali per rilascio di brevetti relativi a tecnologie basate sull’artificial intelligence.

L’utilizzo delle tecnologie di OpenAI in Cina

Il governo cinese sta guardando con attenzione ai progressi di ChatGPT e nonostante le politiche restrittive adottate nei confronti di molti big player occidentali, da Google a Facebook, non esiste un blocco ufficiale rispetto al chatbot di OpenAI. I residenti cinesi tuttavia non possono creare un account per accedere al servizio utilizzando numeri di telefono nazionali, ma il problema può essere aggirato utilizzando una connessione VPN o un numero straniero.

La capacità di ChatGPT di supportare la lingua cinese sta guidando la rapida ascesa della tecnologia all’interno del Paese. Le aziende della Repubblica Popolare stanno lavorando attivamente per integrare e sfruttare i modelli di OpenAI all’interno delle proprie piattaforme e applicazioni, ma anche per sviluppare un’alternativa proprietaria a ChatGPT.

Le soluzioni concorrenti a ChatGPT

Baidu, il gigante del web cinese, ha annunciato il lancio entro la fine dell’anno di Ernie bot, un chatbot basato sull’intelligenza artificiale generativa a cui l’azienda sta lavorando dal 2019. Recentemente anche Alibaba ha dichiarato che il laboratorio di ricerca interno, Damo Academy, sta testando una tecnologia in stile ChatGPT.

Insomma, lo scontro tra titani per contendersi lo scettro dell’AI generativa è appena iniziato e l’ingresso dei competitor cinesi è destinato a cambiare nuovamente le regole del gioco.

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Arianna Leonardi

Giornalista

Collaboratrice e redattrice per numerose pubblicazioni tecniche, specializzate in Informatica, Automazione ed Elettronica, Arianna Leonardi ha maturato una significativa esperienza anche nel campo della fotografia, dell’industria video e dei media online. In ambito giornalistico, segue principalmente le tematiche legate alla digitalizzazione delle imprese, con un focus su cloud transformation, big data analytics e intelligenza artificiale. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti dal 2008 e all’Associazione Nazionale dei Fotografi Professionisti, lavora con ZeroUno dal 2013.

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