IoT per l’Industria, l’unione (delle tecnologie) fa la forza

Ecco come si sviluppano le partnership tra i grandi vendor di tecnologia in chiave smart manufacturing. L’Italia può sfruttare l’occasione per puntare sulla specializzazione e giocare un ruolo strategico nelle attività di system integration.

Pubblicato il 03 Mag 2016

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Sensori, sistemi di connettività efficienti e sicuri e una capacità computazionale per elaborare i dati prodotti e utilizzarli per orchestrare il lavoro delle macchine. Sono questi gli ingredienti alla base della rivoluzione dell’IoT applicato all’Industry 4.0. Ma la prospettiva va oltre il tema dello smart manufacturing, dell’hardware e del software applicati alla massima resa produttiva. Secondo gli analisti e soprattutto secondo gli imprenditori che stanno già sperimentando il nuovo approccio, al centro della trasformazione e dell’automazione spinta deve esserci la componente umana. Cambierà (e sta già cambiando naturalmente) l’impatto della manodopera sulle macchine, sul magazzino e sulla catena di montaggio. Però la prospettiva deve rimanere quella di un workplace, una postazione di lavoro fisica o virtuale, costruita attorno alle esigenze dell’essere umano ancor prima che del prodotto.

«Qui non si sta parlando di semplice digitalizzazione dei processi analogici», conferma Bruno Sirletti, numero uno di Fujitsu in Italia, in un intervista concessa a Internet4things. «Questa trasformazione richiede che le imprese si adoperino per ripensare le proprie operazioni e i propri processi nel nuovo scenario globale. Uno scenario in cui persone, cose, dati dell’azienda sono connessi e “dialogano” tra loro: è la chiave non solo per essere più veloci e incrementare l’efficienza, ma anche per cambiare radicalmente il proprio modo di lavorare e l’interazione con i propri clienti».

Si moltiplicano gli ecosistemi a cavallo di mondo fisico e digitale

Passando dalla teoria alla pratica, Fujitsu in partnership con ac&e (che lavora per Boeing e Nissan) ha per esempio sviluppato un’offerta di realtà aumentata che permette alle risorse umane di monitorare e accedere da un’unica soluzione a macchinari, dispositivi di diagnostica, interfacce utente interattive e server per la raccolta e l’elaborazione dei dati. Diventa così possibile dare vita a quello che in Siemens è chiamato il “digital twin”, un alter ego virtuale dell’operatore che nella rappresentazione di un ambiente digitale riesce a compiere azioni e raccogliere informazioni che sono precluse alla controparte fisica. La divisione Digital Factory del colosso tedesco è andato oltre, con un sistema di analisi predittiva dei processi produttivi che di fatto consente di testare l’output delle catene di montaggio prima ancora della prototipazione reale, come accade nell’impianto Maserati di Grugliasco (TO), dove nascono la Ghibli e la Quattroporte (proprio in questi giorni sottoposte a restyling). Perseguendo uno scopo simile, lo specialista dei software CAD e del PLM (Product Lifecycle management) PTC sta predisponendo una suite completa nell’ambito della progettazione e della gestione del ciclo di vita dei prodotti grazie alle acquisizioni di ThingWorx, Vuforia, Axedacome e ColdLight. Ma il settore anche attrae molti player provenienti da ambiti che fino a non troppo tempo fa sembrano condividere ben poco col mondo dell’industria. Come detto, oltre a strumenti che aiutino a circoscrivere e governare le nuove relazioni tra utenti e macchine, servono anche connettività e capacità di calcolo, meglio se erogate tramite offerte complementari. Non è dunque un caso che gli sforzi di aziende come Huawei e Vodafone sul fronte dei network, e SAP e Teradata su quello degli analytics, stiano convergendo su partnership strategiche siglate in nome dell’IoT applicato allo smart manufacturing. Al CeBIT di Hannover lo scorso marzo il colosso cinese ha infatti annunciato una nuova collaborazione con Vodafone e SAP per la realizzazione di un ambiente interoperabile e certificato all’interno del quale le comunicazioni M2M abilitate dalla telco saranno potenziate dalle capacità analitiche di HANA, e consentendo alle aziende clienti di abilitare strategie di predictive maintenance e di ottimizzare le risorse investite in progetti IoT. Teradata ha invece rafforzato i progetti congiunti su Sinalytics, la piattaforma tecnologica di Siemens dedicata alla digitalizzazione dell’industria e alla creazione di insight sull’efficienza dei processi e delle macchine. Gli esempi di alleanze internazionali e interdisciplinari sono innumerevoli, ma quella della proposizione standard integrata non è l’unica strada per la concretizzazione dell’Industry 4.0, specialmente in un Paese come l’Italia dove manifatturiero significa prima di tutto piccola e media impresa, con una richiesta di personalizzazione degli strumenti e degli approcci che lascia spazio anche a soluzioni proprietarie e all’iniziativa delle startup.

Alla ricerca di un percorso italiano

«Lo Smart Manufacturing in Italia conosce un buon fermento», ha confermato Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, commentando su CorCom la discussione affrontata all’ultimo World Economic Forum e citando la prima indagine sistematica svolta sul fenomeno. «Oggi ci sono 135 applicazioni in ambiti molto diversi in 43 aziende manifatturiere. Ma, rispetto alla grande accelerazione a cui si assiste nel mondo, l’adozione nel nostro Paese appare ancora rallentata da fattori di contesto, culturali, organizzativi e dalla capacità di offerta. L’Italia, secondo Paese manifatturiero d’Europa deve adottare un programma nazionale dedicato allo Smart Manufacturing per affrontare al meglio la quarta rivoluzione industriale».

A giugno dovrebbe essere pubblicata la seconda edizione della ricerca svolta dall’ateneo milanese sul tema, che fotograferà l’evoluzione del contesto italiano alla luce delle novità introdotte negli ultimi mesi. Anticipando a CorCom alcuni dei trend che stanno emergendo dal report, Giovanni Miragliotta, direttore dell’Osservatorio Smart Manufacturing, ha detto che l’adozione di questo approccio nella Penisola «è legata a stretto filo con quello della maturità aziendale, manageriale e finanziaria, con la capacità di investimento e anche con le strategie. La questione è sul piatto e se le grandi aziende, in particolare le multinazionali, sono operative da tempo, sono invece molte le medie imprese, quelle che impiegano fra i 250 ed i 300 addetti e fatturano circa 120 milioni, che devono prendere sul serio il tema, e attivare la fase progettuale L’offerta deve rimodularsi tenendo conto delle specifiche peculiarità delle organizzazioni, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni». E nonostante l’hardware sia – come raccontato sopra – al momento appannaggio delle grandi tech company, «l’Italia può trovare il suo spazio nelle attività di integration», assicura Miragliotta.

Gli esempi tricolori non mancano. Come evidenziato da un’inchiesta condotta da Agendadigitale.eu, dal settore dell’arredamento a quello della logistica, passando per le forniture industriali e la moda, la ricerca dell’efficienza attraverso l’IoT e le soluzioni digitali si sta consolidando anche in realtà di dimensioni contenute. È il caso del produttore di mobili Riva1920, che nel 2013 ha aperto a Cantù (CO) un nuovo stabilimento dotato di tecnologie avanzate, e di Tecnofar, specializzato in tubi e trafilati in acciaio inossidabile, che sta per inaugurare un impianto 4.0 a Gordona (SO). Sul fronte del fashion si possono citare la marchigiana Neronote e la biellese Lanieri, due startup che sfruttano il Web e interfacce utente di ultima generazione per produrre e vendere via e-commerce camicie e abiti di qualità sartoriale a prezzi da pret-a-porter.

Uno sguardo sull’immediato futuro

Riuscire a contestualizzare il mercato globale e quello nazionale rispetto allo Smart Manufacturing è già un esercizio complesso per il tempo presente. Gli analisti che hanno provato ad azzardare ipotesi future spesso si trovano a citare dati e proiezioni discordanti. Su di una sola cosa c’è assoluta certezza: l’adozione delle nuove tecnologie per la produzione industriale è destinata a esplodere. L’IoT 2020 Business Report di Schneider sottolinea diversi elementi di questa trasformazione a livello globale. Innanzitutto l’ottimismo, visto che il 75% delle imprese intervistate ha fiducia rispetto alle opportunità offerte dall’IoT, grazie anche alla promessa di ottenere una migliore conoscenza dei clienti (63% dei rispondenti al sondaggio) già a partire dal 2016. Con le soluzioni IoT si prospetta inoltre un sensibile risparmio nei costi di automazione di edifici (63%) e processi produttivi (62%). Per questo entro i prossimi due anni il 42% del campione prevede di implementare sistemi di building automation, mentre il 67% delle aziende intervistate implementerà l’IoT con i dispositivi mobile. Un organizzazione su tre sfrutterà lo farà addirittura entro sei mesi, puntando a risparmi potenziali del 59%. La sfida più insidiosa? Per il 41% del campione è rappresentata dai rischi legati alla cybersecurity.

Restringendo il campo alla situazione nazionale, è possibile citare la ricerca “Fabbrica 4.0, sulla strada della fabbrica del futuro. Qual è la situazione dell’Italia?”, realizzata da Staufen su un campione di 102 imprese. Le aziende si aspettano dall’adozione di soluzioni IoT un impatto elevato soprattutto sulla qualità del servizio (48%), sulla flessibilità (28%), sulla qualità del prodotto, (26%), sul rispetto delle scadenze di produzione e delle date di consegna (24%), sui costi (22%) e sulla varietà del prodotto (7%). L’aspetto interessante è che il 41% delle aziende non ritiene gli investimenti per la digitalizzazione particolarmente impattanti. Giancarlo Oriani, Managing Director di Staufen Italia, lo conferma: «Il problema, parlando di industria 4,0 non è tanto sui costi, quanto sulla trasformazione dell’impresa sotto il profilo organizzativo, specialmente in considerazione del fatto che il modello produttivo si sta evolvendo molto velocemente».

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