“Cosa impedisce a un aereo di disintegrarsi quando attraversa una turbolenza improvvisa?”. È una metafora efficace per descrivere il tipo di forze che oggi mettono sotto pressione le organizzazioni: cambiamenti improvvisi, instabilità economica e scenari complessi che richiedono risposte rapide e strutture solide. A utilizzarla è Chris Howard, Global Chief of Research di Gartner, che ha approfondito il concetto di resilienza organizzativa e antifragilità nel podcast Top of Mind, evidenziando il ruolo fondamentale dell’architettura, della simulazione e dell’intelligenza artificiale per affrontare l’incertezza.
Il paragone con l’aviazione non è casuale. L’esperienza di un aeroplano che incontra un wind shear — una variazione improvvisa e violenta della direzione o della velocità del vento — diventa l’immagine guida per comprendere come le imprese possano reagire alle forze dirompenti che oggi scuotono l’economia globale. “Il motivo per cui un aereo non si distrugge in volo è legato a tre elementi fondamentali: l’architettura del mezzo, le simulazioni a cui è stato sottoposto, e la capacità di previsione di chi lo guida”, spiega Howard.
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Architettura e simulazione: la base della resilienza
In ambito aziendale, l’architettura non riguarda soltanto i sistemi IT, ma include anche l’organizzazione del lavoro, le competenze distribuite nei team, e la flessibilità delle sedi operative. “Ci si deve chiedere se le strutture — sia digitali che umane — siano progettate per assorbire le turbolenze, o se rischiano di collassare al primo shock”, osserva Howard. A questa struttura va affiancata una pratica diffusa nel settore aeronautico: la simulazione. Gli aerei vengono testati in scenari estremi prima di essere dichiarati idonei al volo.
Allo stesso modo, le imprese dovrebbero investire in simulazioni organizzative e modelli predittivi per anticipare l’impatto di eventi complessi, come crisi geopolitiche o fluttuazioni dei mercati. In questo contesto, il legame tra intelligenza artificiale e imprese diventa centrale: è proprio grazie all’AI che oggi è possibile sviluppare scenari evolutivi e strategie di risposta più efficaci.
Intelligenza artificiale e imprese: oltre la produttività
Il valore dell’AI nel contesto aziendale va ben oltre il concetto, ormai inflazionato, di incremento della produttività. Secondo Howard, focalizzarsi solo su questo aspetto rappresenta un enorme spreco di potenziale. “Usare l’AI solo per portare i cani al parco — dice in tono provocatorio — è come usare un SUV per le commissioni quotidiane: il veicolo è progettato per molto di più”.
Il messaggio è chiaro: l’intelligenza artificiale può (e deve) essere usata per compiti ad alto valore strategico, come la prevenzione delle frodi, l’allocazione intelligente del capitale, la negoziazione di contratti complessi o lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi. In questi ambiti, l’AI non sostituisce il capitale umano, ma lo potenzia, offrendo un sistema decisionale basato sulla probabilità e sulla varietà delle opzioni disponibili.
Questi sistemi, spiega Howard, si basano su modelli probabilistici, come le reti neurali e gli strumenti di generative AI, capaci di elaborare scenari multipli e proporre soluzioni dinamiche. In un mercato segnato dall’instabilità — come quello del 2025 — l’agilità diventa un valore fondamentale.
Complessità come risorsa: imparare dal caos
Un altro concetto centrale è la trasformazione della complessità da vincolo a risorsa. Howard suggerisce di considerare l’ambiente incerto come un input per l’intelligenza, non solo artificiale ma anche organizzativa. “I modelli imparano dalla complessità: più dati irregolari e imprevedibili ricevono, più si affinano le loro capacità di risposta”, afferma.
È una visione evolutiva della gestione del rischio, dove la complessità alimenta la crescita. Il riferimento è anche storico: rispetto alla crisi finanziaria del 2008, oggi disponiamo di strumenti digitali ben più sofisticati per reagire in tempo reale a cambiamenti di mercato, instabilità geopolitica o shock sistemici. “Nel 2008 mancavano le capacità computazionali per reagire con questa velocità — dice Howard — oggi, con l’AI, possiamo intervenire quasi in diretta”.
La resilienza non è più quindi una qualità passiva — la capacità di resistere — ma un processo attivo di apprendimento e adattamento continuo. È qui che l’intelligenza artificiale diventa il ponte tra la previsione e l’azione.
Esperienza e adattamento: il ruolo delle persone
Nonostante l’AI, il fattore umano resta centrale. Come i piloti che ricevono consigli dall’autopilota ma devono comunque sapere come comportarsi, anche i leader aziendali devono saper reagire con rapidità e lucidità. L’esperienza, l’addestramento e la preparazione del team sono fondamentali per trasformare le informazioni dell’AI in decisioni efficaci.
“L’adattamento non è solo tecnologico, ma anche umano», ribadisce Howard. È per questo che la progettazione dell’organizzazione deve includere percorsi di formazione, sviluppo delle competenze e distribuzione strategica dei talenti. L’impresa diventa antifragile: non solo resistente agli shock, ma capace di uscirne rafforzata.
La sfida dell’architettura intelligente
Secondo Howard, per affrontare le forze dirompenti del presente e del futuro, le imprese devono progettare architetture intelligenti, testare le proprie capacità attraverso simulazioni avanzate e sfruttare al massimo il potenziale dell’intelligenza artificiale. Il tutto senza dimenticare il valore dell’esperienza e della flessibilità umana.
“Non si tratta solo di sopravvivere alla tempesta — conclude — ma di uscirne più forti, più agili, più capaci“. Per farlo servono strumenti nuovi, ma anche un nuovo modo di pensare.