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Blockchain e arte: tra vecchi timori e speranze future



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Progetti locali e continentali dimostrano che molto può essere fatto valorizzando una tecnologia che ha ancora grandi margini 

Pubblicato il 11 giu 2025



Blockchain e arte

Sono trascorsi più di dieci anni dall’apparizione di Quantum, una forma ottogonale multicolore e pulsante su uno sfondo nero, che a tutti gli effetti rappresenta il primo token non fungibile (NFT), coniato dall’artista Kevin McCoy.

Come ricordava qualche mese fa Sothebys, in un approfondimento sul tema, l’apparizione di Quantum ha sostanzialmente annunciato “un decennio di innovazione nell’arte digitale che ha rimodellato le visioni tradizionali sulla proprietà, sul valore e sull’espressione artistica” e ha fatto sì che gli NFT si siano guadagnati “un posizionamento specifico nel mercato dell’arte”.

Tuttavia, al contrario di quanto si sperasse, l’intersezione fra arte e blockchain si è recentemente appiattita quasi esclusivamente solo sugli NFT. In realtà, sono molteplici le vie per sondare la connessione tra la sfaccettata galassia artistico-culturale e la potente tecnologia della blockchain.

Dalla tokenizzazione delle opere alla due diligence su provenienza e autenticità, dalla creazione di manufatti artistici digitali alle modalità innovative di coperture assicurative, sono innumerevoli gli ambiti in cui la blockchain può dispiegare il suo potenziale e apportare valore.

Il percorso dell’Italia verso l’innovazione digitale nei musei: una sfida ancora aperta

Nonostante i progressi compiuti, le istituzioni museali italiane devono ancora compiere significativi passi verso l’integrazione strategica del digitale. L’indagine “L’innovazione digitale nei musei italiani nel 2023”, condotta dall’Osservatorio Innovazione digitale nei beni e nelle attività culturali della School of Management del Politecnico di Milano, evidenzia come, seppur ancora lentamente, cresca l’attenzione verso “l’inserimento del digitale in una visione strategica di medio-lungo periodo”. Le priorità hanno a che fare principalmente con la catalogazione e la digitalizzazione della collezione e l’investimento in servizi a supporto della visita in loco.

L’esplorazione di opportunità legate ai Non Fungible Token rimane minoritaria se, su un campione di 434 soggetti (tra musei, monumenti e aree archeologiche italiane), il 76% si dichiara non interessato al tema, il 22% si sta informando e il 2% sta realizzando un progetto. E anche laddove vengano sviluppati progetti con gli NFT, si resta nell’ambito della realizzazione di opere digitalizzate o digitali, mentre “risultano ancora o per nulla esplorate le possibilità di utilizzare gli NFT in ausilio dei sistemi di biglietteria, dei programmi di membership oppure per la gestione dei prestiti e della logistica”.

I margini ci sono ma forse le istituzioni museali italiane devono ancora del tutto individuarli.

Il panorama estero: avanguardia e sperimentazione

All’estero, invece, lo sviluppo di iniziative blockchain-based è un tema sentito da parte dei musei, soprattutto quelli che puntano a restare rilevanti per i target più giovani.

Il 30 maggio 2024, un gruppo di istituzioni culturali (come Crystal Bridges Museum of American Art; Museum Ulm; Museo de Arte de Puerto Rico ecc) ha svelato una serie di iniziative che puntano a stabilire nuove tipologie di relazioni con i visitatori, da modelli innovativi di raccolta fondi a esperienze di minting dal vivo. I progetti sono stati sviluppati durante la terza edizione di WAC Lab, un programma che fornisce a vari livelli competenze, strumenti e supporto pratico alle istituzioni che vogliono scommettere su blockchain, intelligenza artificiale generativa, ambienti immersivi ecc.

Il Goethe Institut Lisbona, per esempio, mira a creare una membership token based, offrendo vantaggi ai membri ed esplorando così il potenziale delle DAO (organizzazioni autonome decentralizzate). Il Museo de Arte de Puerto Rico sta pianificando un’esperienza di minting dal vivo con l’artista Gisela Colón. In alcuni casi il token può diventare uno strumento per condividere la proprietà con il pubblico, in altri per creare nuovi tipi di coinvolgimento nella community.

L’eccezione del Belpaese: il progetto Aurora

Rilevante, come ambito di applicazione, anche la tutela delle opere e l’identificazione univoca degli oggetti artistici in tutto il mondo, come dimostra il progetto AURORA, una Research Innovation Action del programma Horizon Europe che ha una durata di 36 mesi, un budget da 3,4 milioni di euro e 9 partner internazionali.

La blockchain è uno dei pilastri del quadro tecnologico dell’iniziativa. Come spiega Domenico Romano, Coordinatore del progetto e Lead AI R&D di Avvale, il programma prevede un’esecuzione a molteplici fasi. “Nella prima parte del progetto viene condotta un’analisi approfondita della situazione corrente circa gli oggetti d’arte più vulnerabili; nella seconda si costruisce il processo di verifica dell’opera d’arte e si conducono le attività di ricerca negli ambiti relativi alle varie componenti del sistema; la terza comprende la composizione e il testing del processo di verifica su oggetti reali. La blockchain memorizzerà le informazioni relative all’oggetto d’arte in modo inalterabile e distribuito, abilitando un processo robusto di riconoscimento dell’opera”.

Una vera e propria svolta, questa, per il panorama artistico-culturale, sempre più messo a dura prova da plagi e contraffazioni. Il progetto, che prevede la sua conclusione nel 2025, concretizzerà la sua ambizione di democratizzare, e quindi di rendere fruibili, tecnologie all’avanguardia al servizio delle istituzioni museali e archeologiche.

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