Insegnare i big data fin dalla scuola primaria per una vera cittadinanza digitale

I risultati di una sperimentazione condotta dal CSI Piemonte sullo sviluppo delle competenze digitali nella scuola primaria

Pubblicato il 07 Mag 2021

Renato Grimaldi

Direttore della Scuola di Scienze Umanistiche e Coordinatore scientifico del Laboratorio di simulazione del comportamento e robotica educativa “Luciano Gallino"

Barbara Infante

CSI-Piemonte

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Come si inseriscono i bambini, la futura generazione adulta, nella attuale società dominata dal digitale? Fino ad alcuni anni fa gli studiosi avrebbero risposto che i bambini sono “nativi digitali” e quindi assolutamente a loro agio con le tecnologie, che considerano un elemento naturale, senza provare alcun disagio nel manipolarle. Tuttavia, studi successivi hanno messo in evidenza che l’essere nati in un mondo digitale non comporta l’acquisizione spontanea della competenza digitale, ma essa va adeguatamente sviluppata già a partire dalla scuola primaria. Allo scopo, il MIUR ha istituito un Gruppo di lavoro sui big data: «Si ritengono necessarie azioni per educare i bambini della scuola primaria al valore del dato e ai Big Data nello sviluppo delle competenze digitali fin dalla scuola primaria». Questo Gruppo di lavoro ha invitato a fare in modo di “dare un’esperienza di Big Data a ogni studente”. E ciò può essere fatto progettando un percorso didattico orientato a mettere in evidenza il valore dei dati, focalizzato su una situazione facilmente sperimentabile e stimolante per l’apprendimento.

Bambini e big data, la sfida formativa

Questa è la sfida formativa che il mondo della scuola deve affrontare. E non può esaurirsi nella pura alfabetizzazione informatica, ma deve comprendere la capacità di sapersi adeguatamente orientare nel mondo “digitale”, popolato dai big data. Si tratta di fornire gli strumenti per poter passare dall’essere consumatori “passivi” delle tecnologie a consumatori “critici” e capaci di creare nuovi contenuti, riconoscendo il valore che risiede negli innumerevoli dati che le tecnologie producono. L’obiettivo è di tale portata da richiedere interventi mirati e condotti con regolarità nei vari ordini scolastici, a partire dalla scuola primaria fino al percorso universitario.

Secondo le recenti indicazioni del MIUR, i bambini di oggi lavoreranno in industrie 4.0 e saranno cittadini delle Smart City. Il sistema di istruzione e formazione nazionale deve quindi sviluppare nei futuri adulti le competenze richieste dal mondo del lavoro e dalla società.

Come educare al “valore del dato” fin dalla scuola primaria

Per rispondere a questa domanda, gli autori di questo articolo hanno avviato un progetto di ricerca nella scuola primaria “Marconi” di Collegno (TO) che ha coinvolto una classe IV (con la collaborazione degli insegnanti, che sono stati parte attiva di questa esperienza). L’obiettivo è quello di introdurre i bambini/e nel mondo dei big data, mettendo in evidenza il loro valore, ossia le informazioni che contengono. È stato installato in un’aula scolastica un multi-sensore che registra ogni minuto della giornata dati relativi a temperatura, umidità, luminosità e concentrazione di CO2, ossia composti organici volatili che sono immediatamente «traducibili» in sensazione di caldo/freddo, secchezza e qualità dell’aria. Il lavoro ha consentito di sensibilizzare gli alunni al mondo dei dati e dei big data e ha fornito i fondamenti per comprenderne il valore.

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Il sensore installato in aula

Attraverso l’utilizzo del sensore, i bambini sono stati introdotti al mondo dell’Internet of Things. Hanno sperimentato che quell’oggetto che per due mesi è stato con loro in classe (marzo-aprile 2018) – e a cui si sono immediatamente affezionati – genera dei dati. Informazioni che hanno potuto visualizzare sulla LIM accedendo alla piattaforma Smart Data Platform, dal codename Yucca (progettata e implementata dal CSI-Piemonte – Consorzio Piemontese per il trattamento automatico dell’informazione).

The4Bees Board - Google Chrome

La dashboard personalizzata per la scuola primaria “Marconi” di Collegno

Per favorire una lettura grafica dei dati è stata inoltre utilizzata una dashboard con due cruscotti sintetici che riportano i valori medi di temperatura e concentrazione di CO2 rilevati in classe nell’ultima ora.

Sotto la supervisione di un insegnante, i bambini hanno imparato a leggere dalla piattaforma Yucca i dati ambientali della loro aula e più volte al giorno li hanno riportati su un registro delle rilevazioni.

Il registro cartaceo delle rilevazioni

Con il supporto della dashboard, gli alunni  hanno analizzato e interpretato i dati e valutato l’azione da intraprendere (un eventuale intervento di apertura delle finestre per riportare i valori nelle aree di comfort). Sempre attraverso l’analisi dei dati registrati, i bambini hanno rilevato la normalizzazione dei valori anomali e hanno quindi provveduto a chiudere la finestra.

Attraverso questo percorso didattico i bambini hanno sperimentato concretamente che i valori ambientali della loro aula, rilevati dal sensore, sono stati “trasformati” in dati e registrati su Internet e pertanto resi accessibili. Hanno inoltre constatato che i dati registrati sulla piattaforma sono tanti, anzi tantissimi: a rilevazione conclusa circa 100mila, pari a “40 quadernoni scritti”, per utilizzare un’unità di misura che è risultata facilmente comprensibile. Tali informazioni, per volume, velocità di rilevazione, capacità di visualizzazione e valore si possono definire a pieno titolo big data.

Gli alunni hanno dunque imparato a leggere i dati ambientali della loro aula e a interpretarli, estrapolando le informazioni utili per orientare il comportamento.

Alunni e alunne sono quindi riusciti a leggere, interpretare i dati e agire di conseguenza per riportare i valori elevati di concentrazione di CO2 (parti per milione – ppm) entro valori di benessere. Nel grafico sono evidenziati i momenti in cui sono state svolte le azioni “suggerite” dalla lettura e interpretazione dei dati (come “apertura finestra” o “chiusura finestra”).

Grafico dell’andamento della concentrazione di CO2

La soluzione didattica progettata rappresenta una proposta, un primo passo nel percorso lungo e complesso che comporta lo sviluppo della digital literacy, life-skill essenziale per i cittadini dell’attuale società dell’informazione.

Monitorare l’aria durante la pandemia può servire a limitare la diffusione del virus?

Una ricerca condotta dall’Istituto cooperativo per la ricerca in scienze ambientali presso l’University of Colorado Boulder sostiene che, monitorare gli ambienti chiusi, limiti la diffusione del Covid-19. L’indagine conclude infatti che: “Ovunque si condivida l’aria, minore è la CO2, minore è il rischio di infezione”.

Covid 19, CO2 e trasmissione del virus

[…] Monitorare i livelli di anidride carbonica all’interno di un ambiente è un modo utile ed economico per determinare il rischio che le persone contraggano Covid-19. Lo ha scoperto uno studio condotto dal Cooperative Institute for Research in Environmental Sciences (CIRES) e dell’Università del Colorado Boulder. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Environmental Science & Technology Letters.

[…] Secondo Peng, è importante capire che non esiste un singolo livello di CO2 sicuro quando si condivide uno spazio chiuso con altre persone. Questo in parte è dovuto a quello che le persone fanno, come cantare, parlare ad alta voce, esercitarsi, ecc. Un livello di CO2 di 1.000 ppm, che è ben al di sopra dei livelli esterni di circa 400 ppm, potrebbe essere relativamente sicuro in una biblioteca tranquilla con mascherine ma non in una palestra senza mascherine. Ma in ogni spazio interno, il modello può indicare il rischio “relativo”: se i livelli di CO2 in una palestra scendono da 2.800 a 1.000 ppm, anche il rischio di trasmissione di Covid-19 scende a un quarto del rischio originario. In biblioteca, se un afflusso di persone fa passare la CO2 da 800 a 1.600, il rischio di trasmissione si triplica.

[…] Ma la conclusione più importante è che per ridurre al minimo il rischio, è fondamentale mantenere i livelli di CO2 in tutti gli spazi in cui condividiamo l’aria, il più bassi possibile. “Ovunque si condivida l’aria, minore è la CO2, minore è il rischio di infezione”, conclude Jimenez.

(da “La Repubblica”, 8 aprile 2021)

Proprio in questo periodo si parla della criticità di aprire i ristoranti al chiuso e dello svolgimento delle lezioni scolastiche all’interno delle aule. Questa sperimentazione condotta presso la scuola primaria “Marconi” di Collegno (in periodo pre-pandemico) insegna come attraverso l’uso dei big data gli stessi alunni possano diventare protagonisti del loro benessere e di quello dei loro cari, limitando al massimo il pericolo di contagio. E questo può avvenire semplicemente leggendo i dati di un sensore e aprendo e chiudendo la finestra della propria aula, facendo scendere il livello di CO2 diciamo sotto 1.000 ppm. Recenti misurazioni indicano come, entrare in una metropolitana affollata, possa portare a valori di 6.000 ppm.

Tornando alla nostra ricerca, la figura del paragrafo precedente ci mostra come si superino facilmente 1.600 ppm nella normale attività didattica. Un sensore capace di misurare il livello di CO2 in ogni aula potrebbe essere dunque uno strumento efficace per tenere sotto controllo la diffusione del contagio.

Per concludere, citando ancora il MIUR, i dati sono una «miniera di opportunità» e, diciamo noi (parafrasando il titolo di un noto volume di Mario Morcellini), i big data fanno bene ai bambini!

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