La variabile situazione economica, la volatilità dei mercati e le mutevoli richieste dei clienti impongono alle aziende di essere sempre più dinamiche e di prendere decisioni operative e di business in tempi sempre più rapidi. Non è quindi più possibile rischiare di sbagliare effettuando scelte basate su sensazioni o percezioni, bisogna invece agire sulla base di solide informazioni. Per questo motivo, oggi essere un’azienda data driven è un passaggio obbligato. Per essere competitivi e attuare un business efficace è necessario essere un’azienda che basa le sue decisioni sugli insight che permettono di ottenere le analisi dei dati.
Dalla pandemia un’accelerazione alla digital transformation
D’altra parte, solo sapendo affrontare cambiamenti improvvisi si possono affrontare con successo situazioni come quella che si è venuta a creare con la pandemia da Covid-19. Le aziende che hanno saputo essere resilienti sono state quelle che avevano effettuato (o avevano in atto) un processo di digital transformation, che gli ha permesso di adattare l’efficienza operativa e i processi aziendali alla situazione contingente.
La pandemia è stata sicuramente un elemento di accelerazione per la transizione al digitale, ma in effetti ha solo velocizzato un processo che era già ampiamente in atto. La conferma arriva dal sondaggio annuale sulla trasformazione digitale condotto da Harvard Business Review Analytic Services su 522 dirigenti di diversi settori aziendali in tutto il mondo. Il 90% degli intervistati ha sostenuto che il Covid-19 ha accelerato i tempi degli sforzi di modernizzazione della loro organizzazione. Non solo. Il campione che ha risposto al sondaggio è quasi unanime (95%) nel ritenere che la trasformazione digitale sia cresciuta di importanza nel proprio settore negli ultimi 12 mesi. Inoltre, il 76% dei dirigenti afferma che la trasformazione è diventata significativamente più importante per il successo aziendale. Harvard Business evidenzia che questo dato è di 6 punti percentuali superiore rispetto al medesimo sondaggio dell’anno scorso.
La cultura del dato
In realtà, la sfida della pandemia non ha solo reso più veloce una tendenza già in atto, ha fatto crescere una consapevolezza: il futuro del lavoro (e della vita) sarà più digitale di quanto le persone immaginassero in passato. È infatti innegabile che in un periodo in cui tutte le organizzazioni dipendono da dati, analisi e automazione, le tecnologie digitali costituiscono un elemento sempre più critico. E molte delle soluzioni adottate per far fronte a delle emergenze troveranno definitivamente posto sia nelle attività lavorative sia in quelle extra lavoro.
Ne consegue che per un’azienda, se intende restare competitiva e avere un business efficace, non è più possibile rimandare la digital transformation. Però essere digitali non vuol dire solo avere un’infrastruttura IT adeguata, vuole soprattutto dire avere una cultura aziendale del dato. A questo proposito da un’indagine discussa all’ultimo MIT Chief Data Officer and Information Quality Symposium è emerso che il 61% del campione (leader delle analytics di tutto il mondo) ritiene che non siano la tecnologia e nemmeno le persone i più grandi ostacoli per diventare data-driven, è la cultura del dato. E addirittura l’84% dei dirigenti intervistati da Harvard Business Review afferma che la giusta cultura è importante per la trasformazione digitale.
Un’azienda con un’adeguata cultura basata sul dato integra l’uso dei dati nel processo decisionale, tratta le informazioni come una risorsa strategica, rendendole ampiamente disponibili e accessibili. Si concentra sull’acquisizione, la pulizia e la gestione di dati significativi provenienti da tutta l’organizzazione. Si rende conto che una solida base dati è fondamentale per differenziare il business e ottimizzare i processi. In pratica, un’azienda con un alto livello di alfabetizzazione dei dati è convinta che i dati aiutino tutti a ottenere prestazioni migliori. E questa è l’essenza di un’organizzazione data-driven.
Le sfide per diventare un’azienda data-driven
In effetti, già oggi praticamente tutte le organizzazioni raccolgono incredibili quantità di dati che potrebbero sfruttare per migliorare i processi, ma la maggior parte delle organizzazioni è ben lontana dal potersi considerare data-driven perché fa ancora fatica a capitalizzare i propri dati. Può essere difficile raccogliere informazioni rilevanti in modo tempestivo, soprattutto perché sono spesso nascoste in più sistemi disconnessi all’interno dell’azienda. I dati disparati e disorganizzati influiscono sulla capacità di agire rapidamente per ottenere gli obiettivi desiderati. Alcune organizzazioni hanno accesso a informazioni dettagliate sui dati, ma hanno ancora difficoltà a intraprendere azioni proattive basate su tali informazioni a causa della scarsità di talenti e capacità di analisi avanzata.
Dando per assodata nella digital transformation la necessità di una diffusa cultura del dato (la sua mancanza, per Gartner, sta impegnando le aziende che hanno avviato il processo il doppio del tempo preventivato con un raddoppio dei costi), le sfide più rilevanti che stanno affrontando le organizzazioni sono la mancanza di talenti esperti e di competenze nei sistemi analitici o digitali (lo afferma il 26% degli intervistati da Harward Business Review), l’inerzia aziendale (25%), e la resistenza al cambiamento da parte del personale (23%). Un’altra sfida alla trasformazione è rappresentata dai processi di flusso di lavoro obsoleti (38%). Il 29% dei dirigenti intervistati ha identificato poi nella tecnologia un ostacolo alla trasformazione, in particolare la complessità dell’attuale ambiente IT.
Come diventare un’azienda data-driven
Come visto, oggi basare le attività sulle analisi dei dati è una scelta obbligata. Il rischio che si corre è di non essere concorrenziali e avere quindi un business fallimentare. Ma come fare per diventare data-driven? Il punto di partenza è avere la tecnologia in grado di analizzare i dati (il cloud può essere la soluzione), avere le competenze per usare tale tecnologia e disporre dei dati giusti. A riguardo va detto che non serve raccogliere in modo indiscriminato tutti i dati possibili e poi analizzarli per avere il maggior numero di informazioni. Si rischia il fenomeno del data overload, ovvero di avere difficoltà a prendere decisioni perché le alternative sono troppe.
Andrebbero invece individuati i dati utili per intervenire in modo mirato su determinati processi, azioni di marketing o sull’esperienza del cliente. Si devono quindi raccogliere tali dati (un ruolo importante lo gioca l’IoT), gestirli (in modo da renderli coerenti e dargli delle priorità), proteggerli (dalla perdita accidentale o dal furto da parte di cybercriminali) e analizzarli tramite strumenti Intelligenza Artificiale e Machine Learning.
Diventare un’azienda data driven significa essere un’azienda in cui si prendono rapide decisioni strategiche e operative in linea con le variazioni del mercato o le richieste dei clienti. Ma significa anche saper agire in maniera proattiva, riuscendo ad anticipare gli eventi.