L’era dei grandi modelli linguistici generalisti — come ChatGPT e Gemini — non è destinata a scomparire, ma subirà un cambiamento profondo. A dominare il futuro saranno soluzioni di GenAI altamente specializzate, costruite su modelli più piccoli, precisi e integrati nei processi aziendali. A sostenerlo è Bill Ray, Chief of Research e Distinguished VP Analyst di Gartner, durante una puntata del Thinkcast firmato Gartner
La trasformazione sarà tanto tecnologica quanto culturale: l’intelligenza artificiale non sarà più un prodotto “standalone”, ma una funzione nativa del software che già utilizziamo.
Indice degli argomenti
La crescita dei DSLM
Durante l’intervento, Ray ha introdotto un acronimo destinato a diventare familiare: DSLM, ovvero Domain-Specific Language Models, modelli linguistici specifici per dominio. A differenza dei Large Language Model (LLM), i DSLM non sono pensati per gestire qualsiasi richiesta o dialogo generico, ma per affrontare in modo mirato compiti ben definiti all’interno di ambienti controllati.
Secondo le previsioni di Gartner, entro il 2030 il 90% delle soluzioni basate su GenAI adotterà proprio i DSLM. “Questi modelli sono molto più piccoli dei ChatGPT e dei Gemini, ma sono molto più capaci di operare all’interno di un ambiente specifico. Hanno obiettivi chiari e sanno cosa stanno facendo”, ha dichiarato Ray.
Il vantaggio non è solo tecnico, ma anche operativo: i DSLM riducano la necessità di training su larga scala, consumano meno energia e possono essere distribuiti più rapidamente all’interno delle organizzazioni.
“Quando chiedo che venga impostata una sveglia, voglio che la sveglia venga impostata”, ha spiegato Ray, evidenziando la maggiore affidabilità dei modelli specifici rispetto ai generalisti.
GenAI integrata nel software, non standalone
La seconda trasformazione chiave riguarda la forma stessa di utilizzo dell’AI. L’era delle sottoscrizioni mensili per “chattare con l’intelligenza artificiale” è destinata a tramontare. Come afferma Ray, “gli utenti non pagheranno 20 dollari al mese per interagire con un’AI. Continueranno ad acquistare software. Semplice. Solo che il software sarà potenziato dalla GenAI.”
Entro il 2029, il 50% delle interazioni all’interno dei processi aziendali sarà assistito da modelli AI, prevalentemente di tipo DSLM. Questa integrazione porterà con sé un nuovo paradigma di interazione: non più task isolati, ma un modello conversazionale e contestuale che accompagna l’utente all’interno dei workflow.
Ray parla di “interfacciamento multimodale non lineare” e di “interoperabilità dinamica” tra i sistemi IT. La GenAI sarà in grado di comprendere il contesto, adattarsi ai cambi di scenario e facilitare la composizione di soluzioni su misura.
Il riferimento al low-code/no-code è esplicito: così come queste piattaforme hanno democratizzato lo sviluppo di applicazioni, la GenAI embedded democratizzerà l’automazione dei processi. Non sarà necessario essere data scientist per creare automazioni intelligenti.
Un ecosistema di modelli, non un’unica AI dominante
Gartner anticipa anche un cambiamento nell’ecosistema competitivo. Mentre pochi grandi player continueranno a sviluppare modelli generalisti, la vera innovazione avverrà nella creazione di un ecosistema di modelli specifici, adattati ai verticali di mercato e alle esigenze settoriali.
“Ci saranno tre o quattro grandi modelli linguistici generalisti, ma tutto il resto sarà basato su DSLM”, spiega Ray.
Questa frammentazione non sarà un limite, ma un’opportunità: ogni organizzazione potrà selezionare il modello più adatto al proprio dominio, oppure costruirne uno proprio, con dataset proprietari e funzionalità su misura.
La trasformazione invisibile
L’elemento più interessante è forse proprio questo: l’intelligenza artificiale diventerà “invisibile”. Non più interfacce evidenti, chatbot distinti o prodotti dedicati, ma funzionalità pervasiva e trasparente, integrata in ogni click, in ogni suggerimento, in ogni automazione.
Sarà una rivoluzione silenziosa, ma non per questo meno dirompente. I CIO e i responsabili dell’innovazione dovranno prepararsi a gestire ecosistemi software completamente riprogettati, in cui la GenAI è una capacità nativa.
E dovranno fare i conti con nuove metriche di efficienza, nuovi rischi, e un nuovo modo di pensare l’interazione uomo-macchina.
Come conclude Bill Ray, “questa è una trasformazione che accadrà comunque. Che lo vogliate o no.” E come tale va governata con lucidità, visione strategica e la consapevolezza che il futuro dei modelli AI non è né grande né generico: è specializzato e, soprattutto, integrato.