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L’AI per la crescita del sistema manifatturiero italiano

In collaborazione con il proprio partner beanTeach, Microsoft ha organizzato una mattinata, alla quale ha partecipato anche il Presidente di Confindustria Digitale Elio Catania, per fare il punto sulla diffusione delle tecnologie di AI nel manifatturiero italiano: rallentano i timori per gli impatti negativi che le tecnologie AI potrebbero avere sull’occupazione; l’AI è priorità per l’80% delle aziende, ma solo il 15% ha dato il via a progetti pilota; il differenziale non è nella tecnologia ma nei processi e nelle competenze. Infine si è cercato di capire come e dove introdurre AI in azienda

Pubblicato il 10 Dic 2018

Slide sull'utilizzo dell'Intelligenza Artificiale nel settore Manufatturiero italiano

“Secondo McKinsey l’Italia potrebbe sfruttare l’intelligenza artificiale per alimentare una crescita del PIL dell’1% annuo.

Inoltre – ha detto Barbara Cominelli, COO di Microsoft Italia, introducendo l’evento organizzato, in collaborazione con il partner beanTech, qualche giorno fa presso il Microsoft Technology Center di Milano per un confronto sulla diffusione dell’AI nel manifatturiero italiano – stanno rallentando i timori su un impatto negativo che le tecnologie AI potrebbero avere sull’occupazione: da un lato, per non perdere posti di lavoro, è necessario riqualificare le persone per apprendere nuove competenze, ma dall’altro si aprono nuove opportunità per l’apertura di nuovi posti”.

Barbara Cominelli, COO di Microsoft Italia

Da una recente analisi commissionata da Microsoft a EY emerge che l’AI è una priorità principale, tra i temi legati al digitale, per l’80% delle aziende: “Purtroppo – ha però sottolineato Cominelli – a fronte del grande interesse rilevato, solo il 15% delle aziende in Italia ha effettivamente realizzato progetti pilota, mentre la media europea è del 32%. Se andiamo a vedere quali sono i fattori di successo per sfruttare al meglio queste tecnologie (figura 1) non troviamo nulla di nuovo rispetto ad altre: approccio graduale, leadership forte, infrastruttura informatica, fiducia. E se analizziamo i progetti di AI che hanno successo, vediamo che la tecnologia impatta per il 20%; non è quindi il fattore differenziale, e anche il modello dati impatta per la stessa percentuale: il vero differenziale, quello che spesso manca, è la capacità dell’azienda di smontare e rimontare i processi produttivi sulla base dell’utilizzo di queste tecnologie”.

Figura 1 – Fattori di successo per sfruttare al meglio l’AIFonte: L’intelligenza artificiale in Europa, analisi commissionata da Microsoft a EY

La top manager ha quindi focalizzato una delle principali barriere nell’adozione di tecnologie AI: le competenze, sia in termini di nuovi talenti, sia nella capacità di riqualificazione delle competenze esistenti. “Proprio per questo – ha concluso Cominelli – abbiamo lanciato il programma AI-Ambizione Italia [si veda in proposito l’articolo Applicazioni di intelligenza artificiale e competenze, nasce Ambizione Italia, ndr], dove AI sta anche per Augmented Intelligence, che ha molteplici obiettivi: colmare il divario di competenze per il futuro andando a formare competenze verticali su specifiche tecnologie; promuovere un’innovazione responsabile per capire come garantire la trasparenza degli algoritmi, sicurezza, privacy ecc.; supportare la generazione di un impatto sociale positivo di queste tecnologie, per capire come l’AI può migliorare la vita dei lavoratori e delle persone in generale favorendo politiche di inclusione”.

Tutto questo Microsoft lo realizza con i propri partner e l’evento dei giorni scorsi è stata anche l’occasione per annunciare l’ampliamento della partnership tra Microsoft e beanTech con una nuova edizione dell’Academy Knownow dedicata a Dati & AI, che, attraverso un calendario di workshop e sessioni di approfondimento con gli esperti delle due aziende, offrirà informazioni a giovani talenti, a professionisti e ad aziende del Triveneto per aiutarli a comprendere quali sono le opportunità offerte da queste tecnologie.

Industria 4.0: cosa ha funzionato e cosa rischia di fermarsi

La presenza di Elio Catania, Presidente di Confindustria Digitale, è stata l’occasione per fare il punto sull’innovazione in Italia e, soprattutto, sul futuro di Industria 4.0 nel nostro paese. “I due dati presentati, l’80% che comprende l’importanza dell’AI e solo il 15% che fa, sono un quadro molto rappresentativo dell’Italia. Il nostro paese ha accumulato un grande ritardo sui temi dell’innovazione, ma finalmente nel 2015 qualcosa è cambiato. Si è capito – ha Catania – che mettendo l’innovazione al centro della politica industriale del paese qualcosa poteva avvenire e in effetti è avvenuto: prima il Piano Banda Larga che non c’era e adesso è in esecuzione, poi il grande programma Industria 4.0”.

Elio Catania, Presidente di Confindustria Digitale

Ed è proprio sul futuro del Piano Industria 4.0, alla luce delle ultime scelte del governo Conte-Salvini-Di Maio, che si è soffermato Catania: “Ora stiamo lavorando a fondo con il nuovo governo che sta comprendendo che avere lasciato fuori dalla Manovra il Piano di Innovazione non è stata una bella mossa. Stanno capendo che il credito d’imposta sulla formazione è troppo importante e lo stanno inserendo nuovamente [dopo pochi giorni dall’evento, in effetti, il Parlamento ha approvato la proroga al credito di imposta sulla formazione, emendando così quanto precedentemente disposto nella Legge di Bilancio ndr]; l’iper-ammortamento è stato messo, anche se un po’ depotenziato [nel frattempo sono stati presentati emendamenti alla Legge di Bilancio anche su questo aspetto: si vedrà quale sarà l’esito finale quando la Legge sarà definitivamente approvata dalle due Camere ndr]”. Insomma, Catania sembra fiducioso sul futuro del Piano. “Il mercato Industria 4.0 conta 3 miliardi di investimenti, con una crescita del 30% nel 2018. E quello che ha funzionato è stato che il governo ‘ci ha messo la faccia’, si era impegnato in prima persona e anche il nuovo governo si sta rendendo conto che bisogna dare continuità a certe azioni”.

L’impatto positivo di Industria 4.0 sul mercato si scontra però con l’esiguo numero di aziende coinvolte: solo il 16% delle aziende italiane ha avviato nel biennio 2017-2018 progetti Industria 4.0 ed è facile immaginare quale sarebbe la portata positiva sul sistema paese se questa percentuale salisse in modo significativo: “La sfida – ha proseguito Catania – è proprio diffondere nelle aziende l’importanza dell’innovazione. Ma l’innovazione non nasce da zero, deve partire da lontano, prima di tutto dalla formazione e – ha aggiunto, non risparmiando una critica alle ultime scelte del governo – non avere investito neanche un euro sugli ITS-Istituti Tecnici Superiori, non avere tolto il numero chiuso nelle Facoltà di ingegneria crea una situazione che non colma la penuria di figure professionali di cui abbiamo bisogno. In Germania, la Merkel ha annunciato un investimento di 4 miliardi sull’intelligenza artificiale, l’Unione Europea ne mette a disposizione 9, i soldi quindi ci sono, il problema adesso è come fare arrivare nelle aziende queste tecnologie”.

Perché introdurre l’AI in azienda

Cosa vuol dire costruire progetti di intelligenza artificiale? Fabio Santini, Direttore partner e PMI di Microsoft, ha cercato di rispondere a questa domanda facendo una premessa: “L’adozione di AI segue tutto sommato gli stessi meccanismi di tutti gli strumenti di innovazione, ma si differenzia per un particolare: fino ad oggi l’innovazione è sempre stata visibile (software nuovo, dispositivi nuovi, macchine nuove ecc.), mentre l’AI è un meccanismo che rende invisibile l’innovazione quindi è molto difficile da far capire”.

Fabio Santini, Direttore partner e PMI di Microsoft

In una catena produttiva sono tanti i momenti, i passaggi e gli oggetti dove può essere inserita “intelligenza”: il prodotto finale sicuramente, ma ogni step della catena di produzione, grazie a sensori, può essere reso intelligente: “Quindi i punti dove poter aggiungere valore sono tantissimi.

Perché non avviene? Perché manca un po’ di coraggio, di visione e di leadership”.

Santini ha quindi ricordato che oggi possiamo parlare di AI per le PMI grazie al cloud che ha “democratizzato l’AI rendendola disponibile non solo per le grandi aziende che si potevano permettere grandi investimenti” e possiamo pensare alla diffusione di queste tecnologie grazie all’intelligent edge: “L’AI serve per dare risposte in real time sulla base di dati reali. Se questi dati, raccolti sul campo, devono poi essere inviati al cloud per l’elaborazione e poi rispediti sul campo per effettuare l’azione, è chiaro che il tempo di latenza è insostenibile per determinate applicazioni, quindi bisogna che l’algoritmo venga eseguito localmente”.

Ha poi preso la parola Fabiano Benedetti, CEO e Presidente di beanTech, per illustrare il modello di go to market della sua azienda: “Noi siamo un abilitatore di tecnologie, prendiamo quello che c’è di meglio tra le tecnologie esistenti e sul territorio (con partnership con le Università di Udine, di Trieste e di Padova) e lo portiamo sul mercato con due modelli: il primo è di partnership, dove con il cliente facciamo un percorso insieme in cui noi portiamo la nostra competenza, il cliente la sua conoscenza del business e, dopo avere realizzato un progetto, lo portiamo sul mercato insieme; il secondo è un classico modello dove portiamo le nostre competenze per aiutare il cliente a sviluppare competenze digitali”.

Fabiano Benedetti, CEO e Presidente di beanTech

Enrico Favaro, CTO di Breton, Sergio Barel, CEO Brovedani Group, Carlo Cassetta, ICT manager Friulintagli Industries, e Manuel Clama Head of Corporate IT LimaCorporate, sono quindi saliti sul palco per illustrare la loro esperienza che proponiamo nell’articolo L’AI nei progetti di 4 aziende del Nord Est.

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