Federica Troya, Head of HR & Services di Zurich racconta come l’azienda si sia aperta allo smart working e abbia adottato un modello di lavoro flessibile esteso a tutta la popolazione aziendale, basato sulla condivisione degli obiettivi di business e abilitato da tecnologie e spazi di lavoro che favoriscono la collaboration.
Attraverso un percorso iniziato nel 2015, Zurich ha progressivamente modificato i propri modelli di lavoro consentendo a tutti i suoi dipendenti , indipendentemente dall’area aziendale di appartenenza, di lavorare in modalità smart working. Ne abbiamo parlato con Federica Troya, Head of HR & Services, Zurich, già ospite a un recente evento di ZeroUno, che ha raccontato come l’azienda abbia lavorato sulla modifica degli spazi di lavoro, sull’adeguamento delle tecnologie (due abilitatori essenziali di questo percorso), ma soprattutto sulla gestione del cambiamento culturale e di governance: l’elemento più sfidante del journey, secondo Troya, è stato infatti lavorare sempre più per obiettivi e rafforzare il rapporto di fiducia tra i dipendenti ed i manager che ne coordinano le attività.
Questi, in breve, i dati essenziali che servono per comprendere come Zurich ha impostato il proprio percorso:
le prime fasi di sperimentazione sono avvenute attraverso una fase pilota durata 10 mesi che ha coinvolto solo un centinaio di persone [Zurich Italia ha circa 1300 dipendenti -ndr]: “È stata una iniziativa nata dalle Risorse Umane, in risposta a una spinta proveniente dal basso, dai lavoratori, che nel 2014 hanno sollevato il punto”, spiega Troya, che prosegue: “Abbiamo accolto questa proposta provando a introdurre la possibilità di lavorare secondo modelli di lavoro flessibile [svincolati da orari rigidi e postazioni o luoghi di lavoro fissi-ndr], inizialmente solo all’interno di un dipartimento dove poteva risultare maggiormente agevole assegnare obiettivi di lavoro quantitivi e monitorarli”.
I risultati positivi di questa fase pilota, sia in termini di performance, sia di soddisfazione di lavoratori e manager coinvolti, hanno spinto Zurich ad ampliare la scala del progetto includendo tutta l’azienda: “Oggi – spiega Troya – tutti i dipendenti, dopo uno specifico corso di formazione, possono scegliere dove lavorare muovendosi liberamente oltre i confini aziendali o al loro interno [il building è stato ristrutturato creando aree di collaborazione ed eliminando le postazioni fisse-ndr], con ampia flessibilità oraria. Esistono delle regole nate per favorire il consolidarsi di quel rapporto di fiducia e collaborazione tra manager e team di lavoro necessario per la buona riuscita del progetto: “Si può lavorare in modalità Smart working fino a due giorni a settimana concordandoli con il proprio responsabile. Un giorno alla settimana tutto il team deve essere compresente in azienda per permettere lo svolgimento di quelle attività collaborative che richiedono una presenza fisica; inoltre il calendario di smart working deve essere condiviso con tutti i membri del team, in modo tale che chiunque sappia esattamente dove ciascuno sta lavorando in quel dato momento e sia quindi facilmente rintracciabile in caso di bisogno”; se si è in ufficio, a casa o in uno spazio di coworking, il mezzo di comunicazione ideale può infatti di volta in volta cambiare.
Sul piano normativo, poiché quando il percorso è nato non esisteva ancora la legge 81/2017, testo oggi di riferimento per il lavoro agile, Zurich ha siglato un accordo sindacale: “È un accordo – spiega Troya – che abbiamo appena rinnovato , nonostante sia stata emanata a Giugno dell’anno scorso la legge 81 sullo smartworking che consentirebbe di gestire il lavoro agile anche in assenza di un simile accordo. Si tratta di una normativa che ha rappresentato un passo importantissimo nel panorama italiano, una grande spinta all’adozione di questa modalità di lavoro per tante aziende, preziosa soprattutto perché prevede l’estensione della sfera assicurativa contro gli infortuni e le malattie professionali alle prestazioni lavorative rese al di fuori dei locali aziendali. Come Zurich, tuttavia, continuiamo a mantenere il nostro accordo sindacale poiché questo contiene alcuni elementi di dettaglio relativi alle nostre specifiche modalità operative e di fruizione dello smart working a ulteriore tutela e garanzia dell’iniziativa, sia lato aziendale che lato lavoratore. La nuova versione dell’accordo introduce, inoltre, una ulteriore opportunità a favore delle neo mamme o future mamme prevedendo la facoltà di estendere lo smart working fino a 3 giorni alla settimana, previo accordo con il proprio manager e compatibilmente con l’organizzazione delle attività del proprio ufficio, fino al compimento del primo anno di età del bambino”.
La sfida culturale: lavorare per obiettivi
Come accennato, secondo Troya uno degli elementi più complessi del progetto è legato al cambio di impostazione del lavoro, meno incentrato sulla presenza fisica e sempre più legato ad obiettivi prefissati e concordati con il proprio manager. È una trasformazione che implica un cambiamento da parte non solo dei dipendenti, che tuttavia come ricorda Troya sono sempre liberi di scegliere se aderire o meno al progetto, ma anche dei manager che devono gestire in modo diverso il team di lavoro; e se è vero, come ricorda l’Hr Manager, che procedere per obiettivi è un approccio al lavoro che Zurich promuove da sempre e indipendentemente dal progetto di smart working, è altresì vero che la diffusione del modello rende questo approccio ancora più efficace “Non basta più solo assegnare degli obiettivi di lungo periodo – dice Troya – ma è necessario operare in modo strutturato con logiche chiare di priorità, di pianificazione, in modo che le persone possano organizzare la propria attività”. Per i manager questo implica sviluppare strumenti di lavoro nuovi; “Tutti i ruoli di responsabilità con questi nuovi modelli di riferimento, si trovano ad affrontare le sfide maggiori”, sottolinea Troya. Zurich li ha supportati con processi di formazione finalizzati ad agevolare questo cambio di paradigma agendo sullo sviluppo di competenze utili e di una adeguata forma mentis, ben consapevole che è tuttavia del manager il compito di trovare le formule migliori per gestire il proprio team e renderlo performante: “Ogni manager, ciascuno con le proprie modalità, deve scegliere quali obiettivi assegnare al proprio team e rendere chiari i parametri perché vengano raggiunti,”, spiega Troya, che sottolinea che non c’è la volontà dell’azienda di controllare direttamente, in modo costante e formalizzato, l’attività dei lavoratori e dei manager. Anzi, non concedere il giusto grado di autonomia ai manager sarebbe, secondo Troya, ingestibile e incoerente rispetto alla filosofia dell’azienda: “Lo smart working deve rientrare all’interno di un modello di responsabilizzazione, fiducia e collaborazione tra i componenti di un team e il manager di quel team; è un aspetto imprescindibile”.
Come si è organizzata l’azienda sul piano tecnologico? Come spiega Troya, Zurich ha dotato tutti i lavoratori di pc portatili aziendali e cuffie che consentono loro, connettendosi a Internet, di poter essere raggiungibili ovunque anche telefonicamente ed essere liberi di svolgere le proprie attività indipendentemente dallo spazio scelto; sul piano software la collaborazione è agevolata da un sistema di virtual room che consente di scambiare documenti, commentarli, comunicare tramite chat o audio chiamate, organizzare conference call; a breve sarà possibile per gli smart worker anche comunicare tramite videochiamata. Alta l’attenzione sul piano della sicurezza: precise regole di security dettate a livello globale, device aziendali e un network fortemente protetto per supportare tutta l’operatività quotidiana.
“L’IT è stata sempre a bordo del progetto proponendo le soluzioni che potevano meglio rispondere alle sfide generate dal percorso intrapreso”, dice Troya. Secondo l’Hr manager insegnare agli utenti come usare le tecnologie non è di per sé un processo complesso; questo aspetto in Zurich non ha creato criticità; tuttavia è importante che i lavoratori siano sempre ben supportati nell’utilizzo e nella gestione delle problematiche: “L’IT deve evolvere come realtà in grado di offrire dei servizi che consentano una rapida risoluzione delle difficoltà tecniche che inevitabilmente si vengono a generare anche quando l’utente è presente in azienda”.
La ridefinizione degli spazi di lavoro
Smart working non è solo lavorare fuori dagli spazi aziendali, ma anche all’interno di questi spazi, ripensati in ottica agile, senza che esistano vincoli di postazione: “Circa un anno fa – racconta Troya – abbiamo deciso di rinnovare completamente il nostro building: abbiamo eliminato i singoli uffici e le postazioni individuali in favore di un open space ‘evoluto’ all’interno del quale i lavoratori si possono posizionare liberamente [logiche di zoning favoriscono una suddivisione in aree aziendali per rendere più semplice rintracciare le persone di cui si ha bisogno-ndr] e abbiamo aumentato drasticamente il numero degli spazi collaborativi, sia sale riunioni classiche, sia collaboration area di diverse tipologie utilizzabili senza vincolo di prenotazione”. Questa ristrutturazione, oggi in fase di completamento, nata da esigenze anche slegate dal progetto di smart working, si è però concatenata perfettamente a quest’ultimo e rappresenta un abilitatore essenziale sul piano della collaboration: “Anche il top management – commenta Troya – ha apprezzato le possibilità offerte da un ambiente che incentiva l’incontro con tutto il personale aziendale e favorisce una più agile risoluzione delle problematiche rendendo più semplice e rapido lavorare fianco a fianco, anche letteralmente, con ogni figura aziendale”.
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