La diffusione dell’intelligenza artificiale nelle imprese sta accelerando, ma non tutte le promesse si trasformano in risultati concreti. Se da un lato la pressione competitiva spinge le aziende a sperimentare nuovi strumenti, dall’altro la percentuale di progetti che riescono a superare la fase pilota rimane sorprendentemente bassa.
Il tema è stato affrontato da Josef Novak, Chief Innovation Officer di Spitch, durante il convegno AI for OCX: le strategie delle aziende italiane degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, che ha posto al centro il rapporto tra AI e trasformazione digitale.
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Il divario tra aspettative e risultati
Secondo Novak, la difficoltà non riguarda solo il mercato italiano, ma ha una portata globale. «Le sfide sono universali» ha dichiarato, sottolineando come in ogni mercato si riscontrino problemi comuni legati allo sviluppo di talenti e alla trasformazione organizzativa. Nonostante la crescente familiarità con i progetti di AI, la velocità del cambiamento rimane difficile da gestire anche per professionisti esperti: «Io stesso, con un dottorato in machine learning, mi trovo talvolta a dover rincorrere la rapidità dell’innovazione».
La sproporzione tra aspettative e risultati è evidente in un dato citato dal manager: un report del MIT’s Nanda Lab ha rivelato che tra il 90 e il 95% dei progetti di AI generativa non riesce a passare dalla fase pilota alla produzione. Le ragioni sono molteplici: workflow fragili, scarsa capacità di apprendimento contestuale delle applicazioni e una limitata comprensione delle operazioni esistenti da parte delle aziende.
Le cause dei fallimenti nei progetti di AI
Alla radice degli insuccessi, secondo Novak, c’è spesso un’eccessiva enfasi sulle promesse. Le imprese chiedono risultati rapidi, mentre i fornitori tendono a enfatizzare le potenzialità, generando un circolo vizioso di attese non realistiche. A questo si aggiunge la mancanza di use case concreti, la difficoltà di accesso ai dati – spesso confinati in silos – e gli ostacoli nell’integrazione con sistemi già in uso. Non va trascurato, inoltre, il fattore umano: la resistenza al cambiamento resta uno dei freni più difficili da superare.
Novak ha spiegato come Spitch cerchi di aggirare questi ostacoli puntando su casi d’uso che riducano la complessità iniziale. Un esempio è l’uso dell’AI generativa per la formazione e l’onboarding degli agenti tramite la creazione di personas sintetiche con cui gli operatori possono interagire. Questo tipo di progetto, ha osservato, non richiede dati sensibili né integrazioni profonde e offre un beneficio immediato, abbassando le barriere culturali verso l’adozione della tecnologia.
Mettere le persone al centro
Uno degli aspetti più rilevanti emersi dall’intervento riguarda la centralità delle persone. «Il primo pilastro è partire dalle persone, non solo dalla tecnologia» ha affermato Novak, sottolineando come sia fondamentale fornire alle organizzazioni opportunità di formazione e workshop che permettano di delineare la giusta strategia di trasformazione digitale con l’AI. Solo così si possono individuare le opportunità più adatte e creare le condizioni per un’adozione consapevole.
Questa prospettiva porta a valorizzare il concetto di “think big but start small”: pensare in grande ma cominciare da piccoli progetti in grado di generare quick wins. L’obiettivo è creare fiducia, mostrando risultati tangibili che facilitino l’accettazione delle novità.
Il ruolo dei quick wins nella roadmap strategica
Il tema dei quick wins non si limita a piccoli successi tattici, ma diventa parte integrante di una strategia di lungo periodo. Novak ha evidenziato l’importanza di elaborare una roadmap strategica che consenta alle imprese di sviluppare competenze, infrastrutture e capacità operative in maniera progressiva. Questo approccio riduce il rischio di fallimenti legati a un’eccessiva ambizione iniziale e permette alle aziende di consolidare le basi prima di scalare i progetti.
Un aspetto interessante del discorso riguarda la percezione del cambiamento all’interno delle organizzazioni. Presentare nuovi strumenti tecnologici attraverso progetti che generano benefici immediati aiuta a ridurre la paura di cambiamenti radicali. L’uso di agenti virtuali per la formazione, ad esempio, rende l’AI più vicina alle persone e ne mostra l’impatto senza entrare in conflitto con i processi già in essere.
Cultura e competenze come fattori determinanti
L’analisi di Novak mette in luce un punto spesso sottovalutato nei dibattiti sull’innovazione: la tecnologia non basta se non è accompagnata da un’adeguata cultura organizzativa. L’adozione dell’AI, infatti, non è soltanto un passaggio tecnico, ma implica la costruzione di nuove competenze e l’adattamento delle strutture aziendali. Le aziende più aperte al cambiamento culturale, secondo il manager, sono anche quelle che riescono a trasformare più velocemente i progetti in realtà operative.
Il legame tra AI e trasformazione digitale non può quindi essere ridotto alla semplice implementazione di software o algoritmi. È un percorso che riguarda la formazione del personale, la revisione dei processi e la gestione del rischio legato all’innovazione.
La sfida dell’omnicanalità
Il moderatore del dibattito ha sottolineato come le aspettative delle aziende siano particolarmente alte quando si tratta di applicazioni di AI in ambito di marketing omnicanale. Anche in questo settore, Novak ha rilevato, l’entusiasmo può portare a promesse eccessive rispetto ai benefici tangibili. L’assenza di use case ben definiti rischia di trasformare i progetti in esperimenti poco sostenibili.
Proprio per questo Spitch lavora a stretto contatto con le imprese per identificare i casi d’uso più adatti attraverso workshop e sessioni di confronto. È un metodo che permette di allineare meglio le aspettative e di costruire progetti più aderenti alle reali esigenze operative delle aziende.
Un equilibrio da trovare
Dalle parole di Josef Novak emerge un quadro chiaro: l’adozione dell’intelligenza artificiale è un processo che richiede equilibrio tra innovazione tecnologica e preparazione culturale. I dati mostrano come la maggioranza dei progetti di AI e trasformazione digitale non riesca a decollare, ma l’esperienza sul campo suggerisce anche possibili soluzioni. Mettere le persone al centro, partire da progetti concreti e costruire una roadmap sostenibile appaiono come le condizioni necessarie per ridurre il divario tra aspettative e risultati.