Big Data

Big Data Management: così si migliora la customer experience nell’era digitale

CRM, ma quando? 4 aziende su 10 rendono i dati di contatto dei clienti accessibili alla maggior parte dei dipartimenti, ma solo il 25% ha visibilità sullo storico di ciò che è avvenuto o avviene attraverso tutti i punti di contatto. Le aziende devono concentrarsi sull’integrazione dei dati, promuovere una cultura all’insegna della collaborazione e condivisione, ragionando oltre i KPI

Pubblicato il 19 Dic 2016

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Di Big Data Management se ne parla da tempo, ma in Europa sono ancora poche le aziende capaci di gestire tutte le informazioni relative a customer experience e customer satisfaction attraverso un unico sistema integrato.

Secondo gli esperti è un vero peccato perché il Big Data Management è una componente chiave dell’Industry 4.0, rappresentando un’opportunità di mercato strategica. La mancanza di un’integrazione più evoluta dei sistemi informativi aziendali, infatti, fa sì che alcune divisioni ignorino aspetti che invece potrebbero rivelarsi fondamentali nel finalizzare meglio le operation ma anche i servizi rivolti alla clientela.

In dettaglio, una ricerca condotta recentemente dalla società di consulenza CXP Group ha dimostrato che customer experience e customer satisfaction vengono influenzate in media da almeno 7 diversi dipartimenti, all’interno della stessa azienda, ognuno dei quali costituisce delle importanti fonti di dati relative ai clienti.

Quali sono?

  1. le vendite
  2. il marketing
  3. i contact center
  4. le filiali
  5. i commerciali
  6. il reparto di sviluppo prodotti
  7. le divisioni IT

Secondo gli analisti, solo un terzo delle aziende europee afferma di utilizzare un unico sistema informativo in cui sono convogliati i diversi flussi di dati generati e gestiti da questi reparti, mentre il 16% ritiene che non vi sia alcuna necessità di usare un tale sistema. Eppure 5 aziende su 10 tra le imprese intervistate, pur non possedendo ancora questa capacità, ritiene che sia davvero importante, il che riporta il tema del Big Data Management a una questione di maturità culturale e tecnologica.

Big Data Management: il primo segreto è l’integrazione

I ricercatori hanno evidenziato come spesso solo alcuni reparti hanno accesso a dati preziosi rispetto ai propri clienti, il che limita fortemente la condivisione e la cooperazione aziedale. Nel 39% delle aziende intervistate, i dati di contatto dei clienti sono resi accessibili alla maggior parte dei dipartimenti, ma quando si tratta di avere visibilità sullo storico di ciò che è avvenuto o avviene attraverso tutti i punti di contatto questa percentuale scende al 25%. Non esistono solo la fattura o lo scontrino, infatti. Oggi ci sono gli help desk e i call center, le app e i social network, l’NFC i qr code e i beacon, le chat, i siti on line, e tutte le varie forme di digital marketing che generano informazioni preziose sulle scelte e sui comportamenti dei clienti. Rispetto alla survey ancora più basso il numero di dipendenti che ha accesso ai profili dettagliati dei clienti (ovvero le informazioni che ne descrivono abitudini e preferenze): questa funzione, infatti, è abilitata in tutti i reparti solo nel 21% delle aziende. Il fatto che solo 4 aziende su 10 fornisca un’accesso ai dati di CRM a tutti i reparti dovrebbe far riflettere chi si occupa di governance.

Le questioni normative relative alla privacy sono sicuramente un aspetto che va considerato e risolto quando si parla di Big Data Management ma, secondo gli esperti, sarebbe utile almeno poter aggregare dati anonimi per analizzare i comportamenti degli utenti e definire così quali miglioramenti perseguire. Il ragionamento è semplice: se si desidera un’azienda più vicina alle esigenze del cliente, occorre mettere il personale nelle condizioni di conoscere queste esigenze. Come? Consentendo di condividere e visualizzare quanti più dati possibili sui clienti, per comprendere come ottimizzare la customer experience.

Liberarsi delle logiche compartimentate

Un’interpretazione del fatto che non vi sia una corretta integrazione dei dati ha una natura storica: le informazioni relative ai clienti sono gestite in silos separati perché i sistemi si sono sviluppati in tempi e in modi diversi. Dalle anagrafiche della forza vendita alle app, dai social media alle campagne del marketing la mancanza di una visione a 360° dei comportamenti e delle scelte è un problema grosso per le analisi a supporto della Business Intelligence. Ecco perché è arrivato il momento di cambiare.

Servono approcci più moderni ed evoluti: il time to market è tiranno ma la velocità che serve al business può essere data solo dall’integrazione e da una nuova intelligenza analitica che, insieme, possono favorire una nuova cultura aziendale. Solo così, infatti, un’azienda può lavorare al miglioramento della customer experience.

La suddivisione in silos delle informazioni, infatti, si riflette in una suddivisione a compartimenti stagni degli ambienti di lavoro in cui ogni team è portato a ragionare e agire sui propri KPI, senza pensare in maniera olistica all’ecosistema organizzativo del business.

Come migliorare il CRM (e la collaboration aziendale)

Nell’era digitale, sottolineano gli osservatori, questo approccio non funziona più: la scelta vincente è un atteggiamento collaborativo. Per chi si occupa di IT, dunque, Big Data Management significa risolvere i problemi e ottimizzare i processi operativi, per chi si occupa di marketing significa avere smart data a supporto del business. Tutto questo richiede nuovi modi di pensare e nuovi modi di lavorare in un’ottica di collaboration.

Per le aziende che vogliono entrare nell’era dell’Industria 4.0 gli esperti danno tre consigli preziosi:

  1. Il primo è di modificare il modo in cui vengono valutate le performance dei vari reparti. Come? Includendo un parametro relativo al modo in cui questi stiano effettivamente migliorando customer experience e customer satisfaction. Questo permetterà di valutare le modalità di collaborazione e condivisione di informazioni (e competenze) tra i vari uffici, misurando l’effettivo livello di integrazione dei dati. In questo senso il Big Data Management aiuterà il personale ad allargare le vision e a comprendere meglio le dinamiche che stanno al di fuori del proprio team. Questo favorirà una mentalità più aperta che aiuterà l’organizzazione a essere più partecipativa e proattiva.
  2. Il secondo è di lavorare a una reingegnerizzazione dei flussi informativi, risolvendo una volta per tutte la compartimentazione dei workflow affidandosi alle nuove risorse del cloud nel caso i sistemi esistenti si rivelino troppo obsoleti. Questo garantirà infrastrutture as a service che toglieranno per sempre alle aziende l’onere di dover risolvere problemi di storage, ma anche sistemi gestionali on demand caratterizzati da una scalabilità e una sicurezza dei dati che difficilmente oggi le aziende sono in grado di poter garantire a sè stesse.
  3. Il terzo riguarda le modalità di pianificazione: i planning a lungo termine, nell’era digitale, sono obsoleti. Oggi i cambiamenti si susseguono a ritmo incalzante e, pertanto, non ha senso fare piani quinquennali. In poche parole? Occorre essere più agili e pensare a una customer-centricity fatta di tanti anelli informativi provenienti dai diversi touch point che legano l’azienda al cliente e che permettono al Decision Support System di avvicinarsi e comprendere ogni singolo consumatore attraverso le scelte del suo passato, le scelte e le motivazioni del suo presente e le aspirazioni e le motivazioni del suo futuro. Incrociando queste tre dimensioni più facile prendere decisioni nel breve e nel medio termine, guadagnando in flessibilità e resilienza.

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