Hp: questo è il software che fa business

Il ’chief evangelist’ di Hp, ci parla delle opportunità
che ha l’It di spingere il successo dell’impresa. Sfruttando mobilità, big data, cloud, sviluppo Agile e quant’altro possa accelerare il rilascio di applicazioni business migliori per funzionalità, affidabilità e prestazioni

Pubblicato il 17 Set 2013

BAVENO – Nei giorni 20 e 21 giugno si è svolto a Baveno, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore, l’Hp Software Performance Tour 2013. Riservato ai Cio utenti delle soluzioni Enterprise software di Hp e ai partner Hp Software, l’evento è stato strutturato in una sessione plenaria dove si è parlato, sotto diversi aspetti, del nuovo ruolo della funzione It nei confronti dell’impresa e del suo business, e in una trentina di sessioni parallele d’approfondimento di tre grandi temi introdotti nella sessione plenaria e cioè: la gestione e sicurezza delle informazioni in ambito big data; la strada verso il cloud e la ‘mobilizzazione’ delle applicazioni e come tradurre l’It in un valore per il business. Quest’ultimo tema è stato oggetto, nella sessione plenaria, dell’intervento di Paul Muller, Vice President e Chief Evangelist di Hp Software, che ha parlato di come far sì che applicazioni e informazioni lavorino a profitto dell’It e dell’impresa.

Paul Muller, Vice President e Chief Evangelist di Hp Software

A margine dell’evento abbiamo incontrato Muller per un’intervista che ha toccato alcuni tra i punti chiave oggi oggetto della attuale trasformazione tecnologica che guarda all’accelerazione delle opportunità di business. Ecco una sintesi.

  • Big data: “Quello che conta non è averli ma saperli collegare: non è il caldo che fa il bel tempo, ma il suo rapporto con il vento e l’umidità. Per cogliere i collegamenti e capire ciò che serve e ciò che no ci vuole un ‘data artist’, come mi piace chiamarlo, dalla visione e cultura multidisciplinare. Che sappia, prima di cercare le risposte, fare le domande; che eviti d’accumulare dati inutili cedendo alle richieste dalle Lob, senza però rischiare di scartare ciò che domani potrebbe servire. E che sappia anche guardare a ciò che c’è di buono tra i dati esterni al business aziendale”.
  • Mobilità: “Non conosco processi di business fatti di passi lineari, per cui il primo nodo da sciogliere nel ‘mobilizzare’ le applicazioni è superare il concetto dell’app ‘single task’ e far lavorare più app sullo stesso dispositivo per collegare le attività dei vari passi che formano il processo. Per esempio, seguendo una vendita dall’ordine alla consegna senza chiudere l’app ‘sales’ per poter aprire l’app ‘delivery’. Abilitare una collaborazione ‘seamless’ fra le diverse app è oggi la sfida tecnologica”.
  • Software legacy, sviluppo Agile e servizi cloud: “È come scavare a Roma: si vuol fare un nuovo edificio e si trovano i resti dei palazzi antichi. Le vecchie applicazioni consumano tempo e risorse e sono un vero rischio per l’It. Ma sostituirle con applicazioni ‘snelle’ e capaci di sfruttare meglio l’hardware costa. Non tanto per il software quanto per il training delle persone, la riorganizzazione e altri costi indiretti che frenano il rinnovo. Ciò vale anche per l’Agile: se la velocità del business è quella del software che lo supporta, il ‘lean development’ è il più grande passo che si sia mai fatto per accelerare sviluppo e rilascio delle applicazioni. Non lo dico io ma l’Harvard Business Review, che vi ha dedicato l’ultimo numero. E siccome se l’Agile viene eseguito come si deve, si ha un rilascio di software quasi quotidiano, i servizi PaaS (Platform-as-a-Service) su cloud permettono all’It di creare a basso costo un ambiente dove lavorare e verficarne le funzionalità senza interferire con gli ambienti di produzione. Occorre però un cambio di personalità: smettere di pensare come Cio e pensare come gente del business”.

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