Vita da CIO

Modernità e rapidità d’esecuzione: l’IT di Hyundai come ponte tra culture e innovazione



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Un modello organizzativo flessibile, una cultura orientata alla execution e una ownership aperta e condivisa per i progetti ICT. Così Roberto De Martin, Head of IT, supporta la crescita di Hyundai Italia nel mercato automotive in trasformazione

Pubblicato il 6 nov 2025

Vincenzo Zaglio

Direttore ZeroUno



Roberto De Martin, Head of IT Hyundai Italia
Roberto De Martin, Head of IT Hyundai Italia

Nel nome stesso di Hyundai, che in coreano significa modernità, è racchiusa una filosofia che va oltre la tecnologia. La visione del Brand “Progress for humanity” racchiude il concetto che il progresso debba servire per migliorare la vita delle persone, nei tanti ambiti in cui opera Hyundai, non solo nell’automotive quindi. È da questa visione che parte il racconto di Roberto De Martin, a capo delle attività IT del brand coreano nel nostro paese. Una figura che guida la funzione tecnologica in una realtà capace di coniugare la solidità di un gruppo globale con la dinamicità della filiale italiana.

Hyundai è un brand mediamente conosciuto, ma non tutti ne percepiscono fino in fondo la reale dimensione e le caratteristiche. Com’è strutturato il gruppo?

Hyundai è un colosso industriale molto più grande di quanto talvolta si percepisca dall’Italia. In meno di 60 anni di vita, è diventato il terzo costruttore automobilistico mondiale. Ma non produce solo automobili: è un conglomerato che opera ed è leader in svariati altri settori quali l’impiantistica, l’ingegneria, la cantieristica navale, la produzione di acciaio, la mobilità aerea avanzata, la robotica, grazie anche ad aziende come Boston Dynamics, appartenente al gruppo. Avete presente i cani robot usati anche dai Carabinieri? Ecco, sono nostri. Nel comparto automotive, il brand Hyundai ha venduto lo scorso anno oltre 4 milioni di veicoli nel mondo, con 100 miliardi di euro di fatturato e 120mila dipendenti. La filiale italiana, Hyundai Motor Company Italy, è relativamente giovane: è nata nel 2008 e oggi conta circa 150 persone.

Sei entrato in azienda nel 2013: com’era la situazione allora e come si è evoluta nel tempo?

Quando sono arrivato la filiale italiana era nella fase iniziale di piena crescita e per certi versi abbiamo vissuto un avvio “da startup”. Da un punto di vista IT era tutto da fare e la struttura si è rafforzata nel tempo a seguito del mio arrivo. Negli anni l’azienda si è consolidata, sia sul mercato sia a livello organizzativo, mantenendo però quella agilità che ci permette di reagire velocemente alle sfide quotidiane.

Come si gestisce il rapporto tra l’identità locale e l’appartenenza a un gruppo globale come Hyundai?

È una delle sfide più affascinanti. Da un lato viviamo la quotidianità della realtà italiana, con un rapporto molto diretto tra colleghi ed un forte senso di comunità; dall’altro siamo parte di una multinazionale presente in tutto il mondo, in cui convivono dinamiche, culture e priorità diverse.
Il nostro lavoro comporta quindi la necessità di perseguire un equilibrio costante tra autonomia locale e standardizzazione globale. Collaboriamo ogni giorno con colleghi in Germania, nella sede europea di Francoforte, in Corea, nella sede centrale di Seul, e nelle filiali presenti in tutti gli altri mercati. Questo scambio costante è estremamente arricchente, ma richiede una grande flessibilità e una spiccata apertura al dialogo ed al confronto.

Dal punto di vista tecnologico, come si traduce questa complessità?

La nostra infrastruttura è fortemente interconnessa con quella globale e regionale. Non esiste un modello unico: abbiamo sistemi gestiti localmente, altri a livello europeo o mondiale. La scelta dipende dal tipo di processo e dalla sua rilevanza strategica. L’approccio è molto pragmatico: l’autonomia aumenta quando si tratta di iniziative che devono soddisfare esigenze peculiari del mercato italiano, mentre sulle piattaforme più core la governance è centralizzata. È un sistema flessibile che ci permette di coniugare velocità di esecuzione, coerenza con gli standard del gruppo e necessità di raggiungere i più elevati standard di soddisfazione per i nostri clienti.

Anche la rete dei concessionari rappresenta una realtà complessa. Come viene gestita dal punto di vista IT?

Collaboriamo con circa un centinaio di concessionari in tutta Italia, ciascuno con i propri sistemi informativi. Garantire l’integrazione dei flussi di dati su tutte le aree operative – vendita, post-vendita, marketing, amministrazione – è fondamentale per assicurare la corretta operatività nostra e dei nostri partner. È una parte del nostro lavoro che si vede poco, ma critica per la catena del valore. Negli anni abbiamo costruito una piattaforma di integrazione molto sofisticata, che gestisce in modo fluido la comunicazione tra noi e la rete. Spesso, da questo dialogo con i dealer, nascono anche idee innovative: il sistema per la gestione dei preventivi per la vendita dei nuovi veicoli, oggi utilizzato a livello europeo, è nato proprio da un progetto italiano.

Come nascono i progetti IT in Hyundai Italia?

Non c’è una regola unica. Alcuni progetti derivano da iniziative globali, altri nascono dal territorio, magari da un’esigenza specifica del business o della rete di vendita. Quello che conta è il modello di collaborazione: ogni progetto ha sempre due owner, uno di business e uno IT. È un principio che abbiamo adottato dopo anni di esperienza: i progetti gestiti solo da un solo dipartimento difficilmente hanno successo. Lavorare insieme, invece, favorisce la condivisione, valorizza le competenze e abbatte i silos organizzativi.

Che metodologie adottate nella gestione dei progetti?

La nostra tendenza è verso l’Agile, anche se adattato alle nostre caratteristiche. La cultura coreana è molto orientata all’azione e alla rapidità e quindi questo approccio si sposa bene con il nostro modo di lavorare. In alcuni casi, però, un po’ di “waterfall” è ancora utile: serve equilibrio, anche nella metodologia.

Come è strutturato il team IT italiano?

Siamo un team di governance composto da sette persone. Abbiamo due anime: Operations & Security, che segue l’infrastruttura IT, le postazioni di lavoro e la sicurezza e Business Applications, che lavora a stretto contatto con tutte le linee di business . Non facciamo delivery diretta: ci coordiniamo con fornitori locali e internazionali e con i centri di delivery europei e globali. Quando i progetti si moltiplicano, arriviamo a lavorare con team allargati di decine di persone. È un’organizzazione flessibile, pensata per gestire i picchi di attività ed essere estremamente reattiva come richiede il mercato automotive.

E a livello di budget? Quanto pesa oggi l’innovazione rispetto alla manutenzione ordinaria?

Fino a qualche anno fa avrei detto 50-50. Oggi la parte dedicata ai progetti innovativi è sicuramente superiore. Il mercato dell’auto è in una fase di transizione profonda e serve sperimentare, provare, anche rischiare. Inoltre, il ruolo dell’IT è diventato più centrale: la tecnologia è ormai parte integrante di ogni processo e questo aumenta naturalmente la componente progettuale.

Su quali ambiti state concentrando maggiormente l’attenzione IT?

Sicuramente sulla customer experience e sull’omnicanalità, ambiti in cui l’intelligenza artificiale sta giocando un ruolo sempre più rilevante. Oggi i canali di contatto con il cliente si sono moltiplicati: concessionari, web, app, telefono e persino l’auto stessa. Gestire questa complessità e garantire coerenza nell’esperienza è una sfida tecnologica e culturale.
Un altro ambito è quello del Software Defined Vehicle: le automobili di nuova generazione sono progettate come veri e propri sistemi IT. Abbiamo lanciato Pleos, il nuovo sistema operativo di Hyundai, che consente di gestire tutto l’ecosistema digitale del veicolo, dai servizi over-the-air all’infotainment, elevando gli standard di personalizzazione e sicurezza e migliorando l’esperienza di mobilità. L’auto sta diventando una piattaforma di servizi, seguendo un percorso simile a quello che ha caratterizzato lo sviluppo dello smartphone. Periodicamente possono venire offerti servizi aggiuntivi che il cliente decide di acquistare se ne ha necessità o interesse. Un esempio che verrà proposto tra qualche mese sarà la possibilità di pagare il parcheggio direttamente dallo schermo dell’auto, senza dover aprire app dello smartphone o ricercare un parcometro e usare del contante per pagare la sosta. Un esempio concreto di come le innovazioni debbano migliorare la vita delle persone, in maniera tangibile.

Com’è la tua giornata tipo?

Lavoro molto con il team, che è giovane e pieno di energia. Mi piace dedicare tempo alla loro crescita professionale: è un investimento che si ripaga in entusiasmo e qualità del lavoro.
Una parte importante della giornata è dedicata al dialogo con i colleghi delle altre funzioni e con la direzione, per raccogliere esigenze e spunti. Poi ci sono i fornitori, i partner, i colleghi di Francoforte, di Seul e degli altri mercati: ogni giorno è un confronto continuo, su mille temi diversi.

Quali KPI o indicatori consideri più significativi nel tuo lavoro?

Quelli tradizionali restano fondamentali: la qualità del servizio e la continuità operativa, l’uptime dei sistemi. Ma sono molto attento anche al ritorno degli investimenti: la tecnologia deve generare valore concreto. Un altro aspetto per me decisivo è la qualità delle controparti con cui collaboriamo. Costruire un ecosistema di relazioni solide e di fiducia, con fornitori e partner, fa la differenza sul lungo periodo.

Il ruolo del CIO sta cambiando rapidamente. Come lo interpreti oggi?

Penso che il futuro del CIO sia quello di un “traduttore” tra due mondi: tecnologia e business. Un tecnologo puro che non capisce le dinamiche aziendali è destinato a faticare, così come un manager che non parla la lingua dell’IT. La chiave è saper costruire ponti, trovare un linguaggio comune. È una competenza sempre più richiesta e sarà determinante per il futuro delle nostre organizzazioni.

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